Ma perché aspettare Natale per mangiare queste delizie, che poi, nella marea di ghiottonerie festive, vengono dimenticate e non si riesce mai ad apprezzarle. Io ci faccio anche la colazione, ma vuoi mettere se accompagnate con il caffè. Basta ribelliamoci e facciamocele preparare tutto l’anno, in modo da gustarle serenamente.
Una ricetta di cui non si hanno origini certe, certo è che sono tipiche della città di Bari, poi diffusesi nella provincia. Le prime notizie risalgono a metà del 1700, a una lista di spesa della domenica delle monache di Santa Scolastica, che gestivano l’Ospizio dei Pellegrini di San Nicola di Bari, nel convento funzionante fino al 1800 nei pressi della basilica di San Nicola.
Come al solito dobbiamo ringraziare monache e monaci per lo sterminato numero di ricette che ci deliziano da sempre.
In ogni famiglia c’è una certa gara a chi le fa più buone; una volta fritte in olio, si può decidere di condirle in vari modi: con il vincotto di fichi e di vino, ma io le apprezzo anche con la gelatina di mele cotogne intiepidita.
E, qui voglio rendervi partecipi del mio piacere; ne faccio lasciare alcune senza cottura nel vincotto, in modo che restino croccanti, poi scaldo della gelatina di mele cotogne e la cospargo sopra, al morso saranno croccanti con quel dolce sapore agrodolce della mela cotogna.
La tradizione le vuole condite con mosto di vino o di fichi: sciroppi che fanno parte della tradizione pugliese da sempre, usato anche come medicamento contro il raffreddore, una tradizione che risale ai romani che la utilizzavano diluito ma anche come condimento.
Per il mosto di vino si faceva bollire il succo di uva in caldaie direttamente in campagna durante la vendemmia facendolo ridurre fino a renderlo cremoso; per quello di fichi si utilizzavano i più maturi e messi in caldaia si facevano bollire, per poi metterli a colare in una in una federa di cuscino o sacco di canapa a maglie strette a colare per almeno un giorno, per poi strizzarne il restante.
Sicuramente una pratica oggi molto rivisitata nella tecnica di produzione, ma non mancano molte aziende che lo producono, o rifornitevi da piccoli contadini della vostra zona.
Per la ricetta e le foto si ringrazia la scuola Alberghiera di Molfetta (Ba) nella persona del Prof. Roberto Pagano
La ricetta delle cartella
500 gr di farina
200 gr di vino bianco,
100 gr di olio extravergine
50 gr di zucchero ( facoltativo)
1 lt di olio di semi di girasole per friggere
1 lt di vino cotto, preferibilmente di fichi
qb chiodi di garofano, cannella tritati e buccia di limone grattugiati (facoltativo)
Procedimento
Disporre la farina a corona, aggiungere lo zucchero, le spezie e il limone, e impastare con il vino tiepido (per far si che l’impasto acquisti una certa elasticità).
Mescolare bene e impastare bene fino a creare una palla omogenea e liscia
Conserare l’impasto ottenuto in un sacchetto e farlo riposare per 15 minuti senza farlo asciugare.
Iniziare a tagliarlo a pezzi e a farne delle sfoglie ad uno spessore di 1-2 millimetri
Fare delle strisce larghe circa un centimetro e dalla lunghezza a piacere, con la classica ruota dentata.
Con le dita chiudere le strisce in modo alternato, facendole saldare tra di loro arrotolandole, fino a creare una rosa.
Lasciarle asciugare per un giorno e successivamente friggerle
Cuocerle nel vincotto in precedenza riscaldato facendo si che possa rimanere in ogni vaschetta del vino cotto.
Sistemarle in vassoio dove potranno rimanere a lungo conservate.
P.S.: non cuocetele tutte nel vincotto, perché si conservano bene anche appena fritte.
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