di Marina Alaimo
Amo la Puglia, anzi le Puglie, perché appunto sono tante le realtà che la compongono e che sanno affascinare anche nelle cose più semplici. E’ questa una terra che ha tantissimo da offrire e lo fa in maniera estremamente generosa. I paesaggi sono sempre contraddistinti da colori esuberanti e dal timbro molto personale. Sia che si viaggi lungo le coste o attraverso la campagna, sa esprimere in entrambi i casi delle profonde competenze.
Seguendo il mio istinto, mi piace addentrarmi e conoscere un territorio soprattutto attraverso la sua storia vitivinicola, camminando i vigneti e assaporando i vini. Così mi ritrovo in degustazione al blind tasting organizzato per l’evento Musica è vino nel relais La Fontanina a Ceglie Messapica. Si è notato con piacere un certo cambiamento nelle varie produzioni verso vini più snelli, specie nei rossi che in genere erano troppo strutturati ed orientati verso profumi maturi. La degustazione alla cieca ha portato a punteggi che hanno dichiarato i vini vincitori nelle categorie bianco, rosato e rosso. In alcuni casi hanno coinciso con le mie scelte, in altri no. Comunque questa esperienza mi ha permesso di riconfermare o conoscere vini che ritengo molto interessanti e che ben rappresentano la grande espressività delle produzioni vitivinicole di questa regione.
Partendo dai bianchi si riconferma per me un vino unico, che amo particolarmente, il Rampone Minutolo Valle d’Itria 2013, di I Pastini. La Valle d’Itria si è specializzata nella produzione dei vini bianchi, distinguendosi totalmente dagli altri territori di produzione che sono notoriamente rossisti. I motivi si devono ad una storia piuttosto controversa e curiosa. Nei primi del Novecento a Locorotondo i Folonari producevano grandi quantità di vermut incrementando quindi la coltura delle uve autoctone a bacca bianca come verdeca, fiano minutolo e bianco d’Alessano. Ovviamente ritenevano appetibile l’investimento sul territorio perché i terreni a disposizione erano immensi e perché riuscivano qui ad ottenere manodopera e materia prima a prezzi molto bassi. La presenza poi della ferrovia e di una stazione proprio in paese ha favorito il trasporto e quindi la commercializzazione del famosissimo vermut al nord, attirando qui anche altri produttori come Martini Rossi e Gancia. Nel 1969 il nuovo presidente della cooperativa vinicola di Locorotondo, Giuseppe Petrelli, cambia totalmente la storia. Ha un forte scatto di orgoglio e decide con coraggio di ridare identità agli ottimi vini bianchi della Valle D’Itria. Quindi niente più vermut per gli imprenditori piemontesi, ma solo vino Valle d’Itria che proprio in questo periodo conquista la doc che prevede solo vino bianco composto appunto da verdeca, fiano minutolo e bianco d’Alessano. L’azienda I Pastini in tempi recenti ha scelto di vinificare in purezza i tre vitigni con risultati eccellenti.
Rampone 2013 da uva minutolo
si conferma un bianco molto interessante e dalla personalità spiccata. Ha profumi intensi caratterizzati dal tipico sentore di rosa, da una buona mineralità, da toni fruttati di pesca bianca e piccole spezie di anice stellato e pepe bianco. Anche al sorso esprime una forte personalità, è graffiante nella freschezza decisa e appena tannico, è sapido e chiude con precisione sui toni appena amari di mandorla.
Una bella sorpresa nella categoria dei rosati è Pungirosa Castel del Monte 2013 di Rivera, che in questo caso è piaciuto a tutta la squadra di degustatoti vincendo il primo posto nella categoria dei vini rosati. E’ uno dei pochi rosè docg, da bombino nero che conferisce al vino una certa eleganza. Già nel colore rosa corallo, piacevolissimo nei profumi tenui di buccia di arancia, pepe rosa e salvia. Il sorso è succoso e scattante per la vivace acidità e si allunga sulle note salate.
Rompe totalmente gli schemi ormai vecchiotti del primitivo muscoloso con grande maestria il Primitivo di Manduria Apulus 2012 di Tenuta Zicari, che vince il secondo posto, ma che personalmente ritendo proprio un vino eccellente. E’ questa un’azienda storica del tarantino. Il vino mi ha colpito per l’eleganza espressa sia al naso che al palato. Ha un bellissimo equilibrio di profumi tra note fruttate e speziate che vanno dalla ciliegia croccante, al pepe nero e liquirizia, con tocchi appena terrosi. Il sorso ha una bella dinamicità giocata tra la ruvidità dei tannini, la decisa spinta acida che gli conferisce energia e piacevolezza, e le note salate. Ha corpo snello e sinuoso che lo rende particolarmente godibile.
Insomma, sono queste tre grandi etichette della Puglia da non perdere perché segnano un’importante virata verso vini che sappiano mantenere il giusto equilibrio tra l’importante storia vinicola ed un’ alta qualità che sempre più ricerchiamo.
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