Le polemiche sui social sono come i film porno: ciclici e noiosi. Dopo il burro di Barbieri e l’Ananas di Sorbillo, ci ha pensato il misantropo Camillo Langone a dare la stura agli strepiti degli Zendrini di turno su due grandi classici della fiera della banalità: il menu degustazione e gli orari. Prima ci renderemo conto che ormai non si può parlare di gastronomia pensando di inglobare tutti gli esercizi pubblici in cui si cucina meglio staremo tutti. Senza profittare di queste scemenze per dire chi ci sta simpatico e chi no.
Per dirla tutta: Niko Romito o chi per lui fa benissimo a fissare un orario anche se la motivazione, far trascorrere la serata in famiglia al personale è ovviamente risibile e un po’ ipocrita per il semplice motivo che ci sono lavori e lavori, una cosa sono gli orari del catasto o della Poste, altra quella dei pompieri, dei panettieri, delle forze dell’ordine, dei medici.
Il lavoro è lavoro, anche se come capita sempre nelle società decadenti come la nostra, perde la priorità comportamentale nel momento in cui una parte crescente della popolazione ne può fare a meno grazie agli immigrati e ai soldi accumulati dalle generazioni precedenti.
Il vero tema è il progetto di ristorazione: Romito a Castel di Sangro è una meta per gourmet ai quali interessa quel che c’è nel piatto e poco altro. Giusto dunque che per dare al meglio questo servizio si stabiliscano orari che mantengono fresco il personale e consentano di quantificare bene i costi aziendali evitando sprechi. Chi va sino a lì si adatta volentieri. Ma una cosa del genere sarebbe impossibile per il Tristellato Quattro Passi a Nerano, tanto per dire, dove gli orari sono completamente sfalsati.
Infatti questa esigenza riguarda una percentuale assolutamente piccola di coloro che vanno a mangiare fuori. Langone, da polemista, ma soprattutto da estremista cattolico che sogna l’Iran in Italia con la Croce al posto del Corano, fa pensare che la maggioranza degli intervistati dall’ottimo Andrea Cuomo si sia espresso per il monaco di Castel di Sangro. In realtà sono stati pochissimi rispetto alle decine di intervistati. Ma ovviamente, in epoca di radicalizzazione dei discorsi a fronte di una omologazione dei comportamenti, va bene tutto.
Il tema non è Langone si o no, Romito si o no. Il tema è: quale progetto di ristorazione voglio fare? A quale clientela mi rivolgo? E in quale realtà opero? Soprattutto in Italia dove sopra il Po si hanno orari scandinavi (io li preferisco di gran lunga perchè più salutari e più civili), man mano che si scende, l’orario si sposta sino a toccare le 14,30 a Napoli (la domenica anche le 15) o le 22 in Puglia?
Faccio un ristorante fine dining o di servizio? Oppure un classico ristorante borghese dove il cliente ha la sensazione di scegliere? E se sto sul mare e mi baso sul pescato? Sto in un albergo? E, soprattutto, se sto in una grande città dove pago un fitto stellare, perchè non organizzarmi per mettere a segno tutte le ore del giorno anzichè utilizzarne 4 o 5 per le 24 ore che pago al padrone di casa? Sei padrone delle mura? Hai una gestione familiare? Hai una trattoria che cucina per impiegati che staccano alle 14?
C’è un punto di incontro fra le esigenze di una clientela varia e con diverse esigenze e quelle del personale?
Ecco perchè una risposta unica non può esserci e mai ci sarà e alla fine a decidere sarà il mercato: che ti boccia se vuoi fare Romito senza essere Romito.
La verità è che qualsiasi progetto deve partire dal capitale umano, che deve riposarsi ed essere ben pagato per un lavoro stressante in cui bisogna sorridere anche se ti sei appena spezzato una gamba.
Faccio un paragone con quello che ho fatto nella mia vita professionale da giornalista dipendente: a parte i giorni Natale, Capodanno, Pasqua e Ferragosto quando i giornali non escono, essere sempre al lavoro con un solo giorno di riposo settimanale variabile oltre le ferie, così per 30 anni. Senza serate libere, con sabato e domenica uguali al lunedì. Finché gli stipendi erano congrui, direi molto generosi compresi i benefit, nessuno di noi ha mai pensato al tempo libero. Con i tagli editoriali ai costi del lavoro iniziati alla fine degli anni ’90 si è iniziato a guardare agli orari da contratto e i servizi sono costantemente diminuiti di qualità e quantità, sino a farsi sorprendere dalla rivoluzione digitale che era ampiamente prevedibile.
Ecco oggi il ristoratore deve essere anche imprenditore, magari solo di se stesso. E in base a quello che riesce ad offrire viene premiato o bocciato dal mercato, dai flussi demografici e da quelli turistici. Perché il cliente sceglie dove si sente a proprio agio in base alle proprie esigenze.
Alla prossima polemica su orari e menu degustazione. Con Zendrini che strepita e urla come Scaramacai.
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