Ciao Luciano,
le trattorie a conduzione familiare, salvaguardia culinaria e culturale dei piatti della cucina italiana, sembrano in pericolo d’estinzione, c’è un accenno di rinascita e di continuità, leggermente più vivo a Sud che a Nord, che sembra dare un po’ di speranza, ma la possibilità e quindi il rischio di una inesorabile scomparsa sembrano dietro l’angolo, angolo oltre il quale non riesco a vedere, tu che ci vedi…
Grazie
Marco Galetti
Ciao Marco, le trattorie a conduzione familiare sono state, e lo sono ancora in parte, lo scheletro della ristorazione pubblica e quindi della cucina italiana e come tali sono vissute veramente da tutti gli italiani. Nascono come servizio, nelle stazioni di posta, sulle arterie di passaggio, all’ingresso dei paesi o nei pressi delle stazioni dei treni e dei bus, vicino ai cantieri della ferrovia e dell’autostrada nel Dopoguerra, nelle località turistiche negli anni ’60, sui valichi e sulle spiagge. Sono la grande biblioteca delle migliaia di ricette della nostra grande cucina, un segno di ineguagliabile diversità impossibile da trovare in nessun altro paese al mondo.
Un modello che è andato in crisi non perché le ricette non siano più valide, ma per due motivi strutturali. Pasoliniani. Il primo è l’evoluzione del modello familiare, sicuramente meno saldo e comunque più flessibile del nostro passato rurale durato, val la pena di ricordarlo, almeno sino agli anni ’50. Oggi la donna in cucina e il marito in sala è modello piuttosto raro e dunque quello che c’era sta andando in estinzione.
Il secondo è che si mangia di più fuori casa del passato, anche nelle piccole città, ma sempre più in fretta, sempre più veloci. Andiamo tutti allegramente verso ospedali e cimiteri cantando allegramente yuuu, yuuu e tenendoci per mano ingeriamo cibi imbustati, panini riscaldati, sushi e kebab di pessima qualità bevendo bibite gassate e colorate. Le città stanno perdendo il loro odore di cucinato, ora il naso difficilmente può distinguere Milano da Roma o da Palermo, ovunque il puzzo del microonde e di plastica squagliata. Chi ha più la pazienza di perdere un’ora per mangiare seduti, non dico assai, un primo e un secondo? Ecco dunque che piano piano, anche la trattoria, come il ristorante, si sta trasformando da servizio a diletto e sta nascendo una trattoria moderna, fatta da giovani che hanno più tecnica e che recuperano le antiche ricette magari migliorandole con la qualità del prodotto e il sapere gastronomico. O dai figli di coloro che hanno fondato le trattorie che però si sono aggiornati nel servizio e nella spesa. Oggi, sotto forma di bistrot perché fa più fighetto, salvano i conti di molti ristoranti fine dining pensati per la critica e non per i clienti.
Il turismo le distrugge e le salva allo stesso tempo.
Per fortuna oggi la ristorazione di servizio è anche affidata a locali monoprodotto di qualità che si stanno diffondendo e non penso solo alle pizzerie.
Staremo a vedere come andrà a finire ma una cosa è certa: nell’immaginario collettivo internazionale la trattoria è la cucina italiana.
Auguri a tutti noi, e soprattutto ai giovani che non si arrendono!
La Posta 1/ Perchè a Napoli non ci sono ristoranti di grande tradizione?