di Giustino Catalano*
Farina macinata a pietra?
Una doverosa premessa va fatta.
Sono un Consulente Gastronomico titolare di un’Agenzia. Provengo da una famiglia che dal lato paterno, sia per parte di nonno paterno che per parte di nonna paterna ha tratto ragguardevole sostentamento per 3 secoli circa dalla mediazione di vini, olii e cereali.
Di grani e frumenti ne ho visti abbastanza.
Poi, con la generazione prima della mia e con il cambio del modo di far commercio, questa “tradizione” familiare è cessata.
Nel mio lavoro ho sempre sostenuto che la differenza la si fa studiando. Con tanti bravi professionisti sul campo è indispensabile che un Consulente sia preparato e studi. Questo uno dei motivi per i quali da oltre 10 anni investo ogni anno 5.000 euro (una volta 5 milioni) in formazione e libri (posseggo una biblioteca di oltre 3.000 testi).
Premesso ciò, viene da se che non ho alcun interesse nel mondo della farina se non quello della conoscenza e dell’approfondimento personale per fini lavorativi. In sintesi non vendo farina né medio vendite di essa, né rappresento qualcuno, anche se a fronte di una variopinta mistificazione sul mercato tendo a proteggere chi subisce il marketing bugiardo o chi lavora seriamente e garantisce un prodotto costante. Tanti, molti. Industriali e non.
E già! Perché mica industriale vuol dire sempre “cattivo”. Il termine industriale indica un processo ripetuto in maniera costante nel tempo con risultati costanti e uniformi. Nulla di più nulla di meno.
Che poi ci piace il prodotto che cambia di giorno in giorno perché c’è la mano dell’artigiano dietro è altro conto e, per chi mi conosce, ci sta e deve esserci.
Ma che industriale sia un termine per indicare sempre il demonio non va bene.
E’ un po’ come il termine “globale” che alcuni assimilano necessariamente a cosa non buona.
Gli antichi romani erano “globali”! Importavano spezie e animali esotici. Del resto a chi non sta bene la globalizzazione basta che smetta di acquistare caffè, frutta esotica, bacche dal potere magico (vedi Goji) o cioccolato e avrà combattuto il mostro.
Anche qui, come per l’industriale, andrebbe fatto un doveroso distinguo tra “buono” e “cattivo”.
Cattivo industriale o cattiva globalizzazione sono prodotti di bassa qualità venduti con operazioni di marketing altamente speculative o le fragole a febbraio a metà prezzo rispetto a quelle che produce il nostro mercato. Nulla di più, nulla di meno.
Quindi attenti ad etichettare tout court. Si corre il rischio di fare la figura dei disinformati o delle pecore tenute al pascolo dal pastore e il suo cane.
Ma veniamo al focus di questo post. Le farine macinate a pietra, premettendo che a me piacciono e mangio volentieri del buon pane fatto con queste farine, specialmente le tipo 2, quindi estreme.
Mi piace il gusto e il sapore che queste farine, molto grezze, riescono ad imprimere al prodotto finale.
Accanto ad esse si è creata una sorta di nicchia ancor più ristretta che è quella delle farine macinate a pietra.
Queste ultime però non sempre sono tali, o meglio anche tra queste non sempre vi sono farine macinate a pietra buone.
Spesso frutto di abilissime operazioni di marketing di Bocconiani (chapeau!) finiscono con il danneggiare l’immagine di chi non produce macinando a pietra e di chi (per lo più piccoli produttori) macina sostanzialmente solo a pietra.
Il risultato è una grande confusione sul mercato dove i prodotti classici (00 e 0) sono veleno e industriali (in senso cattivo) e i prodotti integrali (solo macinati a pietra da piccolissimi molini, spesso a conduzione familiare) sono equiparati a prodotti che di macinato a pietra hanno ben poco se non un primo passaggio, peraltro inutile per le lavorazioni che subiscono successivamente.
Così sul mercato la farina 00 e 0 finisce con l’avere un prezzo bassissimo, la 1 si difende come può, e la 2 che è prodotta essenzialmente da piccoli molini viene venduta al pari di prodotti industriali che si dichiarano sullo stesso livello, creando una concorrenza a dir poco sleale dove il piccolo vende a 40-45 euro il sacco un prodotto che gliene costa 30-35 e il grande 39 euro un prodotto che gliene costa 7-8.
La solita storia dove chi ci rimette è il piccolo con il timbro di garanzia dei consumatori gabbati e guidati per mano verso la mistificazione.
Prima di affrontare però nel vivo l’argomento vorrei fare delle precisazioni sulle macine a pietra e sui molini a cilindri (che sono quelli più comuni per la produzione di grosse quantità) e sull’integrale e la farina “raffinata” che sarebbe più corretto definire “aburrattata”, visto che l’aburratamento è il processo attraaverso il quale si separano le varie parti del chicco di frumento onde ottenere le farine 0 e 00 mentre la raffinazione è un processo sostanzialmente chimico di estrazione che è estraneo ai Molini di tutto il nostro pianeta (inutile cercare …. non ce ne sono!).
Partiamo dalla farina integrale e vediamo realmente rispetto alla farina 00 cosa si perde rifacendoci a dati scientifici e tecnici incontrovertibili (prego contattare dei chimici di qualsiasi Università per le dovute verifiche – grazie).
Cosa si perde in termini di proteine nel macinare la farina a cilindri per ottenere una 00 rispetto a una integrale (tipo 2)?
Premettiamo che il chicco di grano ha un solco longitudinale i cui tegumenti rientrano all’interno di esso. Pertanto, proprio in base a tale caratteristica del chicco non è possibile pelarlo come avviene per il chicco di riso che ha conformazione esterna differente.
Ora se prendessimo ad esempio un chicco di grano con un contenuto di 13,7% di proteine (dato medio usato per comodità), nel molirlo avremmo che, la parte interna bianca, che è il cosiddetto “albume amilaceo” (farina) contiene solo il 15,3%% di proteine del chicco.
Proseguendo sempre verso l’esterno finito la massa di albume amilaceo troveremo uno strato sottile di cellule che è chiamato “aleurone” e qui è contenuto circa il 73,5 % delle proteine totali del chicco
E’ evidente che, sempre in base alla conformazione del chicco di grano, questi due strati nelle farine ci finiscono totalmente.
Andando ancor più esternamente vi è un altro strato molto sottile di cellule che costituisce “l’epidermide”, seguita dal “tegumento seminale” (entrambi sono ininfluenti per la composizione della farina).
A questo punto comincia il pericarpo che è formato dalle cellule tubolari e dall’epicarpo e che costuituisce solo il 4,4% di proteine del chicco ma costituisce la grande massa della crusca.
Il resto per arrivare a 100% di proteine del chicco, vale a dire il restante 6,8% sono contenute nel germe e che è una parte isolata posta tra tegumenti e albume amilaceo.
Pertanto nelle farine ci finisce la grandissima parte delle proteine (73,5 +15,3 =88,8%), quindi la parte che si perde con la crusca è poca parte; volendoci aggiungere anche il germe si perde solo un 11%.
In merito all’asserzione che vuole che la farina integrale ha tanti minerali, poi, si è in presenza di una mezza bugia.
Infatti l’aleurone e l’albume amilaceo dei quali si è detto e sempre rifacendoci al nostro esempio di partenza, di minerali, ne contengono in totale il 67% Quindi la perdita sarebbe del 22,6% che vi sono nel pericarpo, ma è anche una mezza bugia che solo con le farine integrali riusciamo a prendere i sali minerali.
Indipendentemente dal fatto che i sali minerali li prendiamo anche con altri alimenti e sono una componente che con una normale dieta assumiamo in abbondanza.
Infine la questione del germe! Il germe contiene una buon percentuale di zuccheri riduttori e dei lipidi, quindi quando si dice che con la molitura a pietra si recupera il germe e si decanta tanto questo vantaggio in realtà è un po’ una bufala.
Va infine aggiunto che nella crusca del chicco di grano, che è prevalentemente composta da cellulosa, non c’è sempre e solo benessere in quanto è presente l’acido fitico che riduce l’assorbimento del ferro. Pertanto i prodotti con crusca se da un lato fanno bene non tutti, come nel caso di quella del grano fanno bene a tutti.
Inoltre le fibre del chicco di grano sono meno “buone” di quelle presenti in tanti vegetali.
Quindi, giusto per tracciare una linea definitiva, se pensate di eliminare proteine e amidi con la farina integrale vi sbagliate di grosso. Se ritenete di assumere fibre salutari e buone, siete ancora una volta in errore.
Se la spiegazione non vi convince fatela leggere da un medico amico e da un chimico degli alimenti.
Io mi sono confrontato con queste figure con i miei dati e le mie giornate di studio.
Altro quesito importante è chiederci che significa macinato a pietra. E qui si apre un mondo!
La macina a pietra oggi avviene sostanzialmente in due modalità, ossia o con macine in pietra pirenaica o del distretto della Senna oppure in pietra artificiale, ossia una pietra ottenuta dalla mescola di vari minerali e pietre, molto spesso però di corindone e ceramica, che secondo alcuni studi medici, non ancora però valutati del tutto attendibili dalla comunità scientifica, con l’usurarsi rilascerebbero sostanze pericolose e tossiche nella farina.
Questo con il molino a cilindri non accadrebbe e va detto.
In merito al molino a cilindri, che molti pizzaioli asseriscono essere invenzione del secondo dopoguerra, è bene stabilire una volta per sempre e con prove scritte, che la prima teorizzazione e progettazione apartiene a Leonardo Da Vinci ( Mulino a cilindri multipli – Codice Atlantico foglio 830 – si ricorda che Leonardo Da Vinci è passato a miglior vita nel 1519) e che in 123 anni dalla sua costituzione (anno 1791), sino quindi al 1914, all’ufficio brevetti ed invenzioni francese, sono stati rilasciati ben 1.237 brevetti per macchina da mulino. Di questi, 113 sono relativi a laminatoi a cilindro di ferro.
La risposta, però, alla differenza tra macina a pietra naturale e pietra artificiale l’ho reperita in rete in un’intervista rilasciata da F. Marino, titolare dell’omonimo Molino (che macina con pietra naturale assieme ad altri pochi e tutti piccoli produttori) in un articolo de Il Fatto Quotidiano del 9/02/2012 che qui riporto integralmente ( http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/09/farine-pane-integrale-crusca/188892/)
“Produrre farina con una macinazione a pietra naturale è molto più costoso che usare i rulli di acciaio” dice Franco Marino, del Molino Marino, fra i non molti baluardi della farina italiana di qualità “con la prima si fanno 200-300 kg (dipende dai cereali) di sfarinato all’ora, mentre coi rulli si può arrivare a 4000-4500 kg. Il punto però è la qualità della farina. Oggi che è di moda il germe di grano, si scrive che una cosa è prodotta con farina di germe, quando poi anche il germe viene riaggiunto ma non più ricco di nutrienti. Non parliamo poi della pietra, cioè della farina macinata a pietra. Quale pietra? Non quella cosiddetta “naturale”, presa da una cava e su cui poi il mugnaio esercita la martellatura (detta rabbigliatura), il primo segreto del mestiere: è come affinare la lama di un coltello, in pratica la pietra ha delle scanalature che permettono l’ottimale macinazione del grano
senza che la pietra si scaldi e dunque che il cereale perda troppi nutrienti. Di pietre naturali se ne trovano ormai pochissime. La pietra più usata è quella “artificiale”, fatta per andare più veloce nella macinazione (producendo i più) e per non essere martellata. Questa pietra surriscalda la materia, privandola in parte dei nutrienti, come le vitamine idrosolubili o i minerali. Per capirci è quello che può accadere in una cattiva cottura delle verdure. Oltre al surriscaldamento, la pietra artificiale causa una spelatura del chicco non ottimale, in sostanza fa come un mixer o un tritatutto, pregiudicando la qualità delle farine che poi non assorbono giusta acqua e stentano a lievitare etc… Chiaro che tutto parte a monte con la selezione dei grani, o con la scelta di non usare additivi quale glutine o malto o enzimi. Ne parla qualcuno? All’estero le farina hanno gli ingredienti in etichetta… È inutile condannare l’industria o i rulli (che possono essere pochi o tanti), ma andrebbe fatta chiarezza fa un tipo di prodotto e l’altro”.
In sintesi volendo tracciare una linea ben netta e chiara la macinazione a pietra ha dei costi superiori, dei vantaggi e nel contempo necessita che si stabilisca se fatta con pietra naturale (pressoché ormai introvabile) e rabbigliata (affilata) da un artigiano esperto (anche questo pressoché introvabile) o con pietra artificiale, che a sentire anche Marino non produce assolutamente la stessa cosa ed è una mistificazione frutto di un’operazione di marketing.
Non pago di quanto appreso, letto e approfondito, ho voluto sentire il parere di chi lavora con le farine macinate a pietra e, onde evitare che la risposta potesse veinre da un mio conterraneo mi sono rivolto a un amico del nord. Patrick Ricci, titolare della Pizzeria Pomodoro e Basilico di San Mauro Torinese, più volte 3 spicchi Gambero Rosso, famoso, assieme al suo amico Gabriele Bonci, per lavorare con farine estreme (integrali) e farine di altre tipologie (farro, segale, ecc). Persona di grande competenza sia sui grani che sulle farine al punto tale da interessare il prof. Dario Bressanini che si è preso la briga di andarlo apposta a trovare in Pizzeria per un confronto su alcune lavorazioni.
Qui di seguito domande e risposte.
Perché hai deciso di adoperare farine integrali?
La prima risposta che posso dare è che da una farina integrale si ottengono quei profumi che una farina bianca non riesce a dare.
Erano 2 anni che lavoravo gli impasti e non riuscivo a comprendere cosa mi mancava perché potessi replicare quei gusti, sapori e profumi che risentivo ogni volta che mia mamma o le anziane di casa riuscivano a dare con i loro pani o le loro pizze in teglia.
Così compresi che la differenza principale era nelle farine, loro usavano farine che coltivavano e macinavano in un mulino del paese.
Cominciai a cercare quali mulini in Italia potevano soddisfare la mia richiesta. Era il 2009 e scoprii che all’epoca vi erano veramente pochi mulini rispetto ad oggi. Cominciai a provarle nel 2010. Andai a visitare di persona alcuni di questi.
Oggi il grano è coltivato molto più massivamente di una volta, più di 220 milioni di ettari in tutto il mondo. Tutto è cominciato migliaia di anni fa nella mezzaluna fertile anche se oggi la stessa zona non è più il paniere di un tempo ed il frumento oggi rappresenta circa il 60% dell’alimentazione mondiale.
Ed è chiaro leggendo solo questi numeri che faccia gola a molti produrne perché è una bella fonte di business.
Hai trovato differenze tra questi grani macinati a pietra naturale e altri grani?
La prima differenza che notai oltre a ritrovare quella parte di profumi e sapori nell’uso di queste farine e che la loro lavorabilità differiva notevolmente da lotto a lotto, sono farine per lo più “indisciplinate” ovvero farine che richiedono attenzioni continue seppur essendo abbastanza stabili hanno dei comportamenti che possono richiedere correttivi di volta in volta tipo la percentuale di idratazione la loro tempistica di fermentazione la loro risposta in termini di consistenza nel prodotto finale.
Tutti questi parametri se non monitorati continuamente rendono il prodotto finale completamente differente da quello che vorremo ottenere.
Questo è dovuto alla loro natura insita, ovvero essendo integrali esse contengono quasi tutte le loro caratteristiche contenute in un chicco di grano quali parti di crusca e molte sostanze nutritive.
Dico quasi perché in funzione del grado di macinazione mano mano perdiamo comunque una parte di queste.
Si può macinare a pietra o a cilindri, è chiaro che a pietra abbiamo una prima macinatura che è di un grado più grossolano mediamente rispetto ad una macinatura a cilindri. Infatti molti utilizzano le due tecnologie abbinate ovvero usano il mulino a pietra come primo laminatoio e poi ripassano a cilindri: Vantaggio? Nessuno solo marketing! In altri casi lo fanno per sopperire a difetti della pietra che non è più in grado di produrre una farina “lavorabile”perché non macinata in modo uniforme.
Ma oggi come posso muovermi in un mondo che ha scoperto questo bel business della macina a pietra?
E lo stesso discorso di come dimenarsi in un mondo di farine industriali dove devo trovare una farina di ottima fattura.
Conoscendo, informandomi non ho altri strumenti purtroppo.
Intanto ti dico che esiste un’associazione di mulini a pietra, l’A.I.M.S.. Esistono oggi decine e decine di mulini che macinano a pietra, molti erano dormienti, ovvero mulini abbandonati che si stanno riavviando poiché il business chiaramente fa gola.
Fa gola in che senso?
In un microcosmo come è l’Italia parlare di farine integrali macinate a pietra oggi è una bella fetta di mercato, insomma dove c’è richiesta ci si butta a capofitto. E tra queste macinature cosiddette a pietra ci sono molti che si spacciano per tali ma in realtà non lo sono. Ed io ne ho scoperti e ne scopro. Intanto distinguiamo vi è pietra e pietra, naturale solitamente pirenaica che oggi non si produce più e richiede una manutenzione periodica, totalmente manuale, fatta di martello e scalpello che ferma il mulino per circa 1 settimana e gli artigiani veramente capaci oggi li conti sulle dita di una sola mano, e poi vi è una soluzione di macine a pietra artificiale, composte di tanti materiali colate di impasti con colle, ossia tutto fuorché la pietra. Opsure va di moda le pietre vulcaniche che alla lunga comunque rilasciano residui nella macinazione, che non credo che siano proprio salutari.
Che differenze ci sono tra le due macine a pietra (naturale e artificale)?
Principalmente i residui che queste pietre artificiali possono rilasciare, ed inoltre il surriscaldamento del chicco di grano che ne rovina le caratteristiche peculiari poiché le pietre moderne impongono mulini nella quale la pietra dormiente, ovvero quella che resta ferma, sia quella superiore mentre la pietra sottostante deve girare a circa 400 giri al minuto per poter permettere alla graniglia di essere espulsa.
I mulini a pietra naturale pirenaica hanno una capacità di macinazione pari a 80 sacchi giorno di farina con una velocità che si aggira dai 100 ai 180 giri ora massimo delle macine, a seconda della tipologia del grano che si sta macinando, ovvero più la durezza di questo grano è alta più aumenta la velocità. E’ chiaro che questa differenza di velocità tra le due tipologie di macinatura crea nel primo caso un surriscaldamento maggiore del chicco inficiandone le proprietà e le caratteristiche di alcune parti del chicco stesso.
Ma un mulino a pietra ben strutturato possiede al massimo 6 mulini almeno a mia memoria potrei sbagliarmi ma di poco di sicuro. E normalmente questi mulini macinano farine di vario genere, grano duro, tenero, farro, segale ecc.
Quindi sugli 80 sacchi al giorno, divisi per le varie tipologie di grano che macinano, i sacchi destinati al grano tenero sono ben inferiori agli 80-100 giornalieri. Per cui fatti dei conti e capirai che attualmente i mulini a pietra “vera” (naturale) non riuscirebbero a soddisfare neppure la richiesta di poche decine di pizzerie e forni in Italia. E chi come me ne ha possibilità, ha dei costi della farina notevolmente più alti, ma qui entrano in gioco altri fattori, oltre alla poca disponibilità, dovremmo parlare poi chi macina a pietra e cosa macina. Poiché un conto e macinare farine autoctone e magari chiamiamole biologiche o di grani convenzionale (antichi per la gente comune) oppure grani moderni magari provenienti da paesi dove il controllo non è garantito. Oppure in altri casi macinano solo una tipologia di grano che viene poi inserita in un blend misto di farine macinate a cilindri. E questa è un altra fregatura commerciale.
Concludendo?
Quindi per concludere, macinare la farina a pietra si può, alcuni mulini lo fanno in piena onestà, ed implica un prodotto sicuramente migliore in termini di prodotto finale ma difficile da gestire e chi sforna centinaia di pizze a sera non ne è in grado, se non avendo una squadra di decine e decine di persone di persone.
Inoltre il processo di fermentazione non è standardizzato come sento dire (48 ore), una delle cazzate, passami il termine, più enormi che sento dire spesso, cosa vuol dire 48 ore?
Prima di tutto dovresti capire di che grano o frumento stai parlando, e poi non tutti i grani o frumenti necessitano delle stesse ore di fermentazione, alcuni ne richiedono di più e altri di meno.
Se così non fosse i pani delle nostre nonne o quelli fatti in modo corretto da molti colleghi panificatori che fermentano in 4/5 ore sono o erano delle porcherie?
La gente parla per sentito dire, ma peggio ancora c’è chi si arroga il diritto di scrivere ( molti blogger e giornalisti ) senza un minimo di conoscenza, creando maggiore disinformazione in merito solo al sentito dire e perché 48 piuttosto che 72 fa figo!
La fermentazione, soprattutto nella macinatura a pietra di grani o frumenti selezionati, varia in base alla tipologia di grano e sullo stesso grano anche da lotto a lotto.
Io sono sempre in contatto con il mio mugnaio, chiedo sempre cosa ha macinato e le eventuali variazioni tecniche che ha avuto sui vari lotti.
Così come io gli passo le informazioni relative alla differenza di lavorazione che noto. Questo significa lavorare in simbiosi perché la pietra non perdona e diversamente non puoi fare se vuoi avvicinarti ad avere un ottimo prodotto finale.
Cosa che chiaramente il mulino industriale non ti richiede poiché la sua farina è più costante. Inoltre chi macina a pietra comunque oggi per garantire un ottimo prodotto usa l’aiuto della tecnologia come per esempio le selezionatrici ottiche, questo a garanzia di un prodotto finale salutare al massimo, e di questi credimi ce ne sono pochi nell’emisfero dei mulini a pietra naturale. Per cui…
Posso citare senza sbagliarmi che il primo mulino che la introdusse fu Mulini Del Ponte, poi a seguire Mulino Grifone di Firenze e Mulino Marino, ma ve ne sono altri ma sempre pochi comunque.
Quindi quando si parla di mulini a pietra bisogna conoscerli, e sapere come macinano per essere sicuri del buon prodotto, altrimenti è aria fritta.
Come in tutte le cose del resto che ci circondano.
Le mode e la disinformazione creano solo danno e confusione, a discapito e del consumatore e di chi lavora onestamente.
La tecnologia serve ed aiuta i vecchi metodi perché migliorano notevolmente il prodotto finale ad un costo chiaramente superiore ma il risultato è sicuramente unico.
Almeno questo per me.
Concludendo macinato a pietra si! ma come e cosa.
Di certo esistono e sono pochi i mulini che lo fanno, di sicuro c’è tantissimo marketing in nome del business a discapito del consumatore finale, paillette e lustrini direi con poca sostanza ma che la legislazione italiana consente.
Di veri mulini a pietra ce ne sono veramente pochi che lo fanno nella maniera corretta e vi è poca disponibilità di prodotto sul mercato.
E chiaramente il costo è diverso. Ma ti garantisco che vi è anche dell’ottimo prodotto industriale e del pessimo, ma anche qua bisogna conoscere.
Grazie Patrick.
In buona sostanza, macinato a pietra non vuol dire nulla.
Non significa che esiste un Mulino felice in una Valle contornata di grano.
Non significa che si macina grano sempre uguale. Non significa che si macina con pietre naturali soltanto.
Non significa che se lo si fa a pietra non lo si faccia dopo a cilindri.
Non significa che vi è grande quantità ma esattamente il contrario.
Basti pensare che tra Bonci e Ricci le quantità disponibili del Molino Marino di farina macinata a pietra naturale sono quasi all’esaurimento di disponibilità. Due pizzaioli e la farina è quasi terminata.
Chiedetevi quando vedete centinaia di pizzaioli adoperare farina a pietra come è possibile vista la difficoltà produttiva e le piccole quantità realizzabili.
Se l’adoperate e non avete idea di come sia fatta chiedete al Mulino, o ancor meglio, visitatelo e ricordatevi che se dichiara il falso (ad esempio che macina a pietra naturale ma lo fa con pietra artificiale) siete in presenza del reato di frode in commercio per il quale è previsto il penale.
Soprattutto chiedetevi se quel prodotto non macinato a pietra naturale vale i soldi che vi chiedono o, in nome di un abilissimo marketing, vi stanno fregando alla grande.
*Giustino Catalano è titolare dell’Agenzia Catalano Consulting specializzata in Strategia, Consulenza e Comunicazione in enogastronomia.
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