di Floriana Barone
“Quella dei Condurro è una storia ultracentenaria. Una storia che si interseca irrimediabilmente con le sorti di una città, Napoli, con la sua essenza, la napoletanità e con quelle della sua eredità più grande: farina, acqua, pomodoro, olio e mozzarella, insomma la pizza. Una passione che scorre nelle vene da ben cinque generazioni, ormai parte di un Dna, che è un dono di un padre ai figli e che è diventato una filosofia che varca i confini nazionali arrivando dall’altra parte del mondo”. Inizia così l’intervista ad Alessandro Condurro, CEO e cofondatore di Michele in the World, la società che dal 2012 si occupa di esportare il marchio nel mondo, realizzata da Davide Ippolito, cofounder di Zwan, Reputation Rating e Reputazione.org.
“La pizza è pizza – quattro chiacchiere con Alessandro Condurro” è un saggio di marketing di 80 pagine, edito da Book4Busines, che si conclude con una breve intervista a cuore aperto all’ad dell’Antica Pizzeria Da Michele, volta a scoprire il meccanismo che ha portato alla replicabilità di questo modello di successo nel mondo. Lo scorso 28 gennaio, il libro è stato presentato presso la Pizzeria Da Michele Flaminio attraverso un dibattito moderato dal giornalista, scrittore ed enogastronomo Luciano Pignataro, al quale hanno preso parte Alessandro Condurro e il giovane autore del saggio. Era presente all’incontro anche Daniela Condurro, co-amministratore del progetto Michele in the World.
“Nel mondo l’Antica Pizzeria Da Michele è un’istituzione storica, di valore assoluto – ha esordito Pignataro−. La famiglia ha dato il cognome a una pizza che oggi a Napoli è caratteristica di molti pizzaioli. La pizza è la totale fusione del panetto, con il pomodoro, fior di latte e l’olio: questo la differenzia dagli altri lievitati. Se la pizza cuocesse di più, perderebbe l’idratazione e diventerebbe pane: è una ‘categoria kantiana’. Ecco perché oltre a formare i pizzaioli, è indispensabile formare anche i consumatori. La pizza dei Condurro è una pizza che straborda dal piatto: per conservare la sua anima, la pizza deve essere servita esattamente così”.
“L’Antica Pizzeria Da Michele esperienza della pizza napoletana riconosciuta in tutto il mondo, anche grazie a una serie di azioni che l’hanno resa mito – ha spiegato Ippolito −. Da Michele è un caso di brand identity e di reputazione aziendale ben definita: se vedi la sua margherita la riconosci. Ci troviamo di fronte a un visual hammer (un elemento visivo che solletica la percezione dei potenziali consumatori). Da Michele suscita ricordi d’infanzia, comunica genuinità: non è un marchio costruito a tavolino”.
L’internalizzazione del brand è avvenuta un po’ per caso, grazie alla visita, nel 2011, di un cliente giapponese, conquistato dal gusto della pizza, dalla fila e dall’atmosfera del locale di via Sersale: era Hirohisa Sato, presidente fondatore della Balnibarbi co. Ltd., un colosso giapponese della ristorazione, che, senza pensarci un attimo, ha chiesto informazioni per aprire la pizzeria a Tokyo. Nel 2012 la pizzeria ha ceduto quindi i suoi diritti d’immagine alla Michele in the World s.r.l. e nel 2014 è arrivato il contratto con il gruppo giapponese: il primo franchising. “In sette anni abbiamo aperto 14 locali nel mondo – ha raccontato Condurro − ed entro il 2020 le pizzerie arriveranno a 20: apriremo la seconda sede a Londra, poi a Berlino e, a fine febbraio, inaugureremo una sede a Palermo. Siamo quotidianamente presenti in tutte le pizzerie grazie a una grande rete composta da un team legale, un settore amministrativo, un executive chef, un team di ispettori ed esperti di comunicazione. Questo significa, ad esempio, che la pizza di Tokyo si avvicina a livello gustativo al 80- 90% a quella che i napoletani mangiano a Forcella. Esportiamo anche eccellenze campane”. Condurro si è soffermato poi sui vantaggi e gli svantaggi del franchising: “Se l’attività declina, non c’è una perdita economica – ha precisato l’ad −, ma bisogna porre un’estrema attenzione alla scelta dei partners, perché difficilmente compiranno le scelte migliori per le sorti dell’attività come se fosse la loro”. Oggi quindi selezioniamo con cura i nostri partners. È per questo che più che di franchising, preferisco parlare di ‘gestione diretta con partners’”.
“Lo stile Condurro è nato a Forcella, nell’anteguerra e nel dopoguerra, in un quartiere popolare povero – ha proseguito Condurro −. Il panetto della pizza era di 250-280g e veniva steso molto per dare l’impressione di mangiare di più. E così la pizza usciva fuori dal piatto. Prima della Seconda Guerra Mondiale facevamo anche la pizza fritta, ma le persone sceglievano le pizze più economiche: vendevamo solo margherita e marinara: la scelta di proporre solo queste due pizze è stata una necessità commerciale, che poi si è tramutata in un’identità chiave. Sperimentavamo l’impasto ai tempi di Mussolini. Perché mai cambiarlo adesso? ‘Stare fermi per evolversi’: ecco la chiave del nostro successo”.
“Cinque generazioni di maestri pizzaioli continuano l’attività del capostipite nel pieno rispetto della tradizione, tenendo fede agli insegnamenti e alle indicazioni di Michele, senza aggiungere ‘innovazioni’ che ne alterino quel gusto e quella genuinità che hanno permesso alla pizza napoletana di essere dichiarata patrimonio dell’umanità Unesco – ha spiegato nel libro Ippolito −. È su questi tratti caratteristici che si vanno dunque costruendo la brand identity, la focalizzazione e il posizionamento di questa formidabile avventura nel gusto napoletano. La pizza è pizza ed è un piatto del popolo. La pizza è pizza e la sua esperienza più viva si vive Da Michele, che prova a conquistare il mondo”.
“È difficile, ma ci piace assaje”, come dice Alessandro Condurro.
Quattro chiacchiere con Alessandro Condurro
La pizza è pizza di Davide Ippolito
www.book4bussiness.com
Il libro è acquistabile sul sito della casa editrice Book4Business a questo link e su Amazon
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