La pizza può dividersi in due grandi gruppi. Il primo è quello metropolitano che si afferma nella città di Napoli nel ‘700 dove la professione di pizzaiolo viene ufficialmente registrata sotto il dominio francese. Il secondo ha origini rurali, ossia nasce o come prova da forno o come uso del residuo della pasta utilizzata per il pane. La differenza è nei forni: a cupola quello napoletano per consentire una cottura intensa e rapida, con la grande bocca negli altri casi. Nel corso dei decenni soprattutto al Sud alcune comunità si ono specializzate in quest’arte producendo lievitati particolari, pensiamo alla focaccia barese o al panuozzo di Gragnano.
Anche Vico ha un particolare valore in questo settore che ha avuto una grande affermazione a partire dagli anni ‘70 quando la città divenne un riferimento degli appassionati di tutta la Campania grazie a Luigi Dell’Amura la cui pizza del locale Da Gigino Università della Pizza divenne un cult in grado anche di insidiare il primato della pizza napoletana. «La pizza a metro» oggi è un marchio storico di interesse nazionale, voluto dalla famiglia Dell’Amura e riconosciuto dal Ministero, che tramanda il messaggio del fondatore che la ideò negli anni ‘30 e a cui la comunità vicana ha reso omaggio dedicandogli una statua.
L’amministrazione comunale ha opportunamente varato la De.Co. Pizza di Vico, ossia Denominazione Comunale per individuare le caratteristiche e difenderne l’identità della Pizza di Vico.
Le tecniche di lavorazione, tramandate da generazioni, si riflettono nel risultato finale: una pizza straordinaria, più «alta» e soffice nella sua compattezza ma croccante al palato, di lunghezza compresa tra mezzo metro e i due metri, con uno spessore dell’impasto al centro non superiore a 5 millimetri e un bordo che non eccede i 2 centimetri.
Il suo segreto risiede anche nella rigorosa cottura in forni a legna, realizzati a mano con mattoni refrattari di argilla sorrentina, caratterizzati da una cupola leggermente più alta dei forni tradizionali e in un tempo di cottura compreso in media tra i 2 e i 5 minuti ad una temperatura ottimale di 350 gradi.
Rispetto alla pizza napoletana, la Pizza di Vico si differenzia anche per l’ordine con cui vengono posizionati i condimenti. Si parte dal fior di latte per poi terminare con salse di pomodoro e altri ingredienti.
L’articolo 2 del disciplinare precisa che «Le materie prime di base caratterizzanti la “PIZZADIVICO” sono: farina di grano tenero, lievito di birra e/o madre, acqua, fior di latte, pomodori pelati e/o pomodorini freschi, sale marino o sale da cucina, olio d’oliva extravergine o strutto, basilico. Sono previste altre varianti legate esclusivamente ai prodotti alimentari del territorio, che saranno successivamente regolamentati da specifici disciplinari di volta in volta formulati dalla commissione».
La cottura avviene esclusivamente in forni a legna, dove si raggiunge una temperatura di cottura di tra i 250 – 350 gradi (il forno della napoletana è sui 380-420). Il pizzaiolo deve controllare la cottura della pizza sollevandone un lembo con l’aiuto di una pala di legno. È importante che la pizza venga cotta in maniera uniforme su tutta la superficie. Il tempo di cottura è tra i 2 ei i 10 minuti.
L’articolo 6 descrive il prodotto finale di forma ovale: «La “PIZZADIVICO” si presenta come un prodotto da forno con dimensioni da 50 centimetri e un metro. Aspetto: La pizza, alla fine del processo di cottura, emanerà un odore caratteristico, profumato e tipico del pane di una volta cotto a legna».
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