La pizza di scarola di Chicchina, piatto della Vigilia nella tradizione ischitana

Pubblicato in: Pane, Pizza, Lievitati
Pizza di scarola

Pizza di scarola

di Bruno Macrì

Foto Antonio Di Costanzo

La pizza di scarola è uno dei piatti che meglio rappresenta la cucina contadina ischitana. La singolarità dell’impasto, del ripieno, della cottura e di altre piccole attenzioni, rende la pizza di scarola ischitana unica.

Difatti, benché sia una pietanza di larga diffusione in tutta la regione campana, la pizza di scarola nella versione isolana presenta degli accorgimenti originali. La pizza di scarola ischitana rispetto a quella napoletana e campana, si distingue per vari motivi: primo per l’uso del vino cotto, poi perché viene fritta nella “sartania” invece che infornata. La frittura rende lo scrigno di pasta molto più fragrante, mentre il vino cotto amalgama tutti gli ingredienti e mitiga l’amaro delle scarole. Come vedremo più avanti molto caratteristica è la pasta di base. Altra nota diversa è data dalle noci nel ripieno. La presenza di elementi tendenzialmente dolci (vino cotto, noci e uva passa) è dovuta al fatto che sulle tavole contadine – essendoci penuria di torte e dolci in genere – la pizza di scarola talvolta sostituiva il dessert.

La pizza di scarola è il piatto per eccellenza della vigilia di Natale e Capodanno. Accompagnata a pezzi di baccalà fritto è il “puntello” ideale dei mezzogiorni di vigilia nell’attesa dei cenoni notturni.

Per anni mi sono ostinato a proporre una pizza di scarola che vagamente si avvicinasse a quella di mia zia Teresa, che rimane tutt’oggi la più buona di sempre, credendo che bastasse accoppiare una buona pasta da pane ed un ripieno ricco per avere un risultato soddisfacente. Addirittura, preso dal più profondo sconforto, qualche volta ho utilizzato anche della pasta sfoglia (!).

Svariate volte ho chiesto a zia Teresa di avvisarmi con anticipo per assistere a tutte le fasi operative della sua celebre pizza di scarola, in modo da carpirne i segreti. Puntualmente, però, trovavo la pizza già pronta e la risposta solita dell’anziana zia era “me so’ scurdate, sarà per la prossima volta”. Ma zia Teresa, alla veneranda età di 97 anni, ci ha lasciati improvvisamente e ha portato con sé il segreto di quella straordinaria pizza di scarola.

Ancora anni di prove, di fallimenti. Poi, un giorno l’amico Antonio Di Costanzo, grande appassionato e fine osservatore, mi fa omaggio di una pizza di scarola preparata da Chicchina Di Maio, la nonna della sua giovane sposa: è la prima volta che il primato di zia Teresa ha vacillato. Ma questa volta devo capire quali sono i segreti racchiusi in quel fantastico scrigno. Chicchina è meno avara di suggerimenti e scopro con grande stupore che uno dei motivi fondamentali è l’impasto con cui viene racchiuso il ripieno: è un impasto sì lievitato, ma fluido, morbido, non la solita elastica massa cresciuta.

Un impasto che è una via di mezzo tra una pastella soda ed una pasta cresciuta.

Ecco perché la pizza è così ben sigillata e l’involucro esterno è intriso di tutti gli umori interni! Si versa metà dell’impasto in una sartania unta di olio, poi si mette al centro il ripieno, un giro di vino cotto, si versa l’altra metà dell’impasto che si salda perfettamente con quello sottostante e avvolge voluttuosamente la scarola e tutti gli altri ingredienti. Poi la cottura lenta, facendo roteare sapientemente la sartania per dare forma alla pizza. Il risultato finale è sublime: tutti i sapori si amalgamano, ma non si confondono, nessuno prevarica l’altro, vivono in armonia, li puoi riconoscere tutti. La loro casa ha mura di pasta fragrante, delicatamente tinteggiate dal ripieno interno e dal vino cotto, dolce ambrosia contadino.

Chicchina è una fondamentalista della pizza di scarola. Gli ingredienti devono essere esclusivamente “di casa”, altrimenti non se ne fa nulla. Pertanto, la pizza viene fatta soltanto durante la stagione delle scarole, provenienti dall’orto di proprietà, così come l’aglio. Le noci sono quelle raccolte in autunno e gelosamente conservate. I “passi”, selezione delle migliori uve e seccati al sole nelle “spaselle”. I pinoli “scugnati” a mano dalle pigne raccolte nei boschi di Zaro. Il vino cotto, ovviamente, è quello “distillato” in casa.

 

 

 

 

Da mangiarsi tiepida o calda a secondo dei gusti, ma mai bollente, va assestata almeno per un quarto d’ora. Ottima anche fredda o ripassata appena-appena in padella, ove mai ne fosse avanzata dal giorno prima.

Pizza di Scarola

Di Bruno Macrì

Tempo di preparazione: 3 ore
Tempo di cottura: 50 minuti

Ingredienti per 6 persone

Preparazione

Preparare con largo anticipo le scarole, magari la sera prima: pulirle e lessarle in acqua bollente salata per circa 8 minuti.
Scolare la scarola in un colapasta, porre un piatto ed un peso sopra di esso in modo da far perdere tutta l’acqua pressandole per almeno 4 ore.
La scarola dovrà risultare asciuttissima, completamente priva di liquidi.
Preparare la pasta per la pizza impastando in una capace ciotola tutti gli ingredienti.
Ricordarsi che la massa dovrà risultare piuttosto fluida, come indicato in foto. Pertanto, per ottenere il risultato desiderato bisognerà aggiungere acqua in abbondanza rispetto ad una normale pasta di pizza.
Coprire con un canovaccio da cucina e metterla sotto il pizzo di una coperta a lievitare per circa 2 ore.
Nel frattempo, in una padella scaldare l’olio, unire lo spicchio d’aglio schiacciato e lasciare soffriggere.
Unire le scarole, le olive tagliate a filetti e gli altri ingredienti, tranne il vino cotto.
Cuocere a fuoco medio facendo asciugare perfettamente la scarola. Eliminare l’aglio.
Spegnere ed aggiungere un filo di vino cotto.
Amalgamare il tutto e lasciare raffreddare.
Ungere una padella con un filo d’olio oppure, come si usava fare un tempo, con un cucchiaio di sugna.
A freddo (bada bene) versare una prima quantità di pasta sufficiente a coprire il fondo della padella, riempire col composto lasciando liberi i bordi.
Coprire con una seconda quantità di pasta in modo che il tutto sia perfettamente sigillato.
Friggere a fuoco dolce ambedue i lati, circa 20 minuti per lato.
Per rigirare la pizza consiglio una seconda padella delle stesse dimensioni della prima, riscaldata ed unta di olio o sugna.
Pochi minuti prima di spegnere condire con un altro giro di vino cotto.
Da mangiarsi tiepida o calda a secondo dei gusti, ma mai bollente, va assestata almeno per un quarto d’ora.
Ottima anche fredda o ripassata appena-appena in padella, ove mai ne fosse avanzata dal giorno prima.


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