“La pizza di Cracco? L’unica cosa che ha in comune con la pizza napoletana è una vaga forma circolare, per il resto evito ogni commento”. E’ perentorio il presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana Antonio Pace, vedere quella cosa e sentirla chiamare “margherita” proprio non gli scende giù. Ma non rinuncia a una stilettata polemica: “La cosa più triste non è Cracco che fa la pizza, ma vedere alcuni pizzaioli napoletani che dovrebbero essere gli alfieri della tradizione applaudirlo come ha fatto Gino Sorbillo”.
Ma ricapitoliamo i fatti: la foto della pizza di Cracco su Facebook ha un effetto valanga e subito si scatenano polemiche infinite. Inutile girarci attorno, ai napoletani piace scherzare quasi su tutto, tra le cose su cui si deve essere seri c’è proprio la pizza. La creazione di Cracco, un pane integrale con effetto crunch con sopra mozzarella, pomodoro un po’ tirato e olio raccoglie gli epiteti più vari, tra cui i più carini sono “focaccia”, “polpettone”. “Più che una pizza è una fresella”. Quello che non passa, nella testa di migliaia e migliaia di commenti sparsi tra i vari siti, è proprio l’identificazione di questa pizza, che costa 16 euro, con la margherita napoletana. Del resto Cracco non è nuovo a questo polemiche: contro di lui ci fu la rivolta di amatrice e di tanti ristoratori romani per aver detto che nell’amatriciana ci vuole la cipolla.
La risposta dell’Avpn è immediata, il direttore Stefano Auricchio rilancia i dieci comandamenti della pizza napoletana, un bel video con alcuni protagonisti (Ciro Salvo, Attilio Bacchetti, Gaetano Genovesi, Paolo Capasso) che spiegano l’arte del pizzaiolo adesso riconosciuta dall’Unesco.
L’unico fuori dal coro è Gino Sorbillo, grande animatore dei social, anche se il suo podio adesso è insidiato da Vincenzo Capuano e Cristiano Piccirillo, che scrive su Facebook: “Ragazzi, a me lunedì scorso a cena l’interpretazione della Pizza di Carlo Cracco nella Galleria Vittorio Emanuele a Milano è piaciuta. Non è Pizza Napoletana e non viene venduta e presentata come tale, è la sua Pizza e basta. Noi partenopei dovremmo scandalizzarci di più quando troviamo in giro pizze che fraudolentemente vengono vendute e pubblicizzate come pizze della nostra tradizione addirittura con l’aggiunta di riconoscimenti Stg, Dop, Doc e roba del genere. Benvenuta Pizza Italiana di Carlo. Buona Pizza a tutti”. Sorbillo non sfonda ma divide tra chi segue questa sua posizione e chi comunque continua a criticare la pizza di Cracco. Un effetto però l’ottiene: quello di guadagnarsi la ribalta sui media: “I napoletani criticano Cracco ma Sorbillo lo difende” diventa il mantra dei titoli di diversi siti.
“Purtroppo noi napoletani dobbiamo sempre fare i conti con il fuoco amico – continua il presidente Pace – a volte mi chiedo a cosa è servito tutto il lavoro che abbiamo fatto costruendo il disciplinare Stg e il riconoscimento Unesco se qualcuno per un po’ di visibilità è pronto ad aprire la porta ad altre scuole”.
Del resto fu lo stesso Sorbillo a scendere in piazza quando il gambero Rosso decretò che la migliore pizza italiana era di Simone Padoan. Acqua passata, oggi Sorbillo ha aperto più locali a Milano e le cose le vede da una prospettiva diversa.
Enzo Coccia, pioniere della pizza di qualità non ha dubbi: “La confusione nasce dal fatto che spesso alcuni cuochi non rispettano l’arte della pizza, non la considerano una espressione gastronomica autonoma e adesso che da visibilità ci si buttano anche perché le pizzerie sono piene mentre molti ristoranti arrancano.Io non mi permetterei mai di dire come si fa una crema chantilly”.
I pizzaioli Diego Vitagliano e Giuseppe Pignalosa e il giudizio è unanime: “Sicuramente ben fatta ma molto lontana dall’essere una pizza napoletana, questa è un’altra cosa”.
Sono sempre più numerosi gli chef che si cimentano con la pizza, alcuni come Alajmo, l’anno proposta cotta al vapore a Identità Golose, Berton ci si è lanciato anima e cuore, Bottura ha rovesciato il concetto facendo alle Strade della Mozzarella un risotto che sapeva di pizza (Il Nord incontra il Sud), spesso Franco Pepe e Nino Di Costanzo si sono interfacciati in alcune jam sessione come anche Francesco Sposito e Francesco Martucci a Caserta.
Insomma il mondo gastronomico sta cercando di assorbire il patrimonio della pizza napoletana e la paura dei tradizionalisti è che possa essere stravolta dopo tanti anni di battaglie per difenderla da chi l’ha attaccata cercando di imporre a tutti i costi farine inetgrali e lievito madre per motivi commerciali e non culturali. Uno scontro duro, insomma, che continua e adesso che l’Arte del Pizzaiolo Napoletano è Patrimonio Unesco la pizza fa gola a tutti.
Perentorio il commento finale di Pace: “Tu sei scarparo? E pensa a fa le scarpe”. Insomma, l’invito dei tradizionalisti è che ciascuno faccia il suo mestiere, i cuochi ai fornelli, i pizzaioli al forno.
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