Sono un convinto fan di Carlo Cracco. Nutro stima e rispetto per un grande professionista che ha avuto un ruolo determinante nell’ultimo ventennio della cucina italiana d’autore. La prima volta, andai a cena all’allora Cracco Peck dopo aver conosciuto Luigi Cremona a cui chiesi quale secondo lui fosse il cuoco da provare assolutamente in Italia in quel momento. La risposta di Luigi fu precisa: “Devi andare a Milano da Cracco; i concetti nuovi che stanno arrivando in Italia, toni amari e acidità, passano da quel ristorante”. Era il 2006 e rimasi fulminato da quella cena.
L’altra premessa, prima di arrivare al giudizio della pizza, è la qualità – per me fondamentale – che deve avere chi giudica: la “laicità”, valore necessario per chi si siede ad una tavola ed esprime un giudizio, senza preconcetti e senza tesi precostituite.
Fatte queste due premesse, vengo subito al dunque: a me la pizza margherita di Carlo Cracco non è piaciuta.
L’aspetto visivo: sicuramente è migliorato rispetto al passato, gradevole, colorato.
L’impasto: ben lievitato, anche se nella parte del cornicione risulta un “morso” che impegna troppo la masticazione (molto differente da quello di Bonci o di Renato Bosco ad esempio che, anche se croccanti all’esterno, sono scioglievoli all’interno). Al contrario, al centro l’impasto risulta troppo “inzuppato”, perdendo completamente la consistenza a causa dell’eccessivo condimento.
Il topping: Le materie prime sono di buona qualità, il dosaggio degli ingredienti è eccessivo. Alla base del latticino, che non si è sciolto perfettamente, vi è sopra un altro latticino più grasso (tipo stracciata) che aumenta la dose di liquidi presenti. Il pomodoro è eccessivamente cotto e molto dolce, infatti usano un pomodorino dry che fornisce solo a tratti la guista acidità. La dose di extra vergine, all’uscita, è veramente troppo abbondante. Il dovere di tutti gli artigiani è quello di valorizzare la materia prima, in questo caso mi sembra che, più che valorizzarla, si mettano delle cose, di partenza buone, a caso.
La cottura: corretta e uniforme la cottura, per un prodotto che probabilmente viene rigenarato prima di essere portato servito.
Conclusioni: Il bistrot di Cracco in Galleria a Milano è un posto delizioso, con un buon servizio ed il lusso di mangiare in uno dei posti più belli che la città offre. Il servizio è garbato, i costi non proprio economici, ma data la location tutto sommato accettabili. La “pizza margherita”, senza entrare in polemiche se è giusto chiamarla così o no (la pizza di Cracco, forse sarebbe più corretto) probabilmente non vale i 20 euro che bisogna spendere. Non è una questione di prezzo, ho pagato delle pizze nella tipologia a degustazione (non chiamiamole gourmet, per favore) ad un prezzo anche più alto, ma in quei casi i pensieri ed il risultato finale erano eccellenti. Migliorata nell’aspetto visivo, non nei pensieri complessivi, dall’impasto alla farcitura. Rimandata a settembre,
Dai un'occhiata anche a:
- TuttoPizza, le fiere non sono finite ma seguono il settore per cui sono nate
- Antimo Caputo: basta fake news sul grano!
- La pizza napoletana sarà replicabile con l’IA? Botta e risposta con Massimo Bottura
- Donne e vino: da Antonella Boralevi ad Antonella Viola
- Il mercato dei vini cambia, il rosato resiste
- Vinitaly, un successo eterno grazie alla crisi annunciata ogni anno
- Tema: perchè Langosteria ha schiacciato la Michelin?
- La prima polemica inutile dell’anno: Langone versus Romito