di Dora Sorrentino
E’ pizza o non è pizza? Abbiamo provato a ragionarci su anche a “Le Strade della Mozzarella”. Tre intere sessioni dedicate a tre temi fondamentali per la pizza in ordine sparso: farcitura, impasto e cottura. Un apparente concetto semplice, quello della farcitura, così come lo definisce Simone Padoan (I Tigli, San Bonifacio), un mezzo attraverso il quale far comprendere ai propri clienti il percorso compiuto dal pizzaiolo. E ce lo spiega con la sua Pomodoro e Mozzarella: pizza con pomodori datterini sbollentati e mozzarella di bufala precedentemente scaldata. Un omaggio alla primavera quello di Corrado Assenza (Caffè Sicilia, Noto): focaccia a lievitazione naturale accompagnata da fave sgusciate, cipollotto, aglio giovane, peperone candito in sciroppo di mele e un topping di yogurt di bufala. Il suo messaggio, quello di proporre un aperitivo con i prodotti stagionali del territorio.
Si mantiene sulla stessa linea anche Lello Ravagnan (Grigoris, Mestre), utilizzando prodotti semplici e popolari per la sua pizza: castraura (primo germoglio apicale del carciofo) a crudo su castraura fritta, mozzarella di bufala, asiago stagionato trenta mesi e zeste di limone candito. Per anni, la velocità con cui si svolgeva il proprio lavoro, non lasciava spazio alla ricerca e alla sperimentazione di farciture nuove. Dello studio sugli impasti e sugli abbinamenti possibili ne fa una ragione di vita Ciro Salvo (Massè, Torre Annunziata), che propone la sua versione con guanciale di colonnata, cipolla, ricotta e mozzarella di bufala e scaglie di conciato romamo. Conclude la sessione Franco Pepe (Pepe in grani, Caiazzo) che non riesce a tradire la sua territorialità, scegliendo l’eccellenza tra la provincia di Salerno e quella di Caserta: carciofi con mozzarella e ricotta di bufala, lonza di maiale nero casertano e olio caiazzano. Si passa all’argomento impasto: quattro gli ingredienti fondamentali, diverse le quantità e i tempi di lievitazione. Un buon prodotto nasce dalla ricerca di ingredienti giusti, tutto il resto sta all’esperienza e alla manualità di ogni singolo pizzaiolo. Pro lievitazione naturale: Corrado Assenza, Renato Bosco (Pizzadarè e Saporè, San Martino Buon Albergo) e Beniamino Bilali (docente e consulente di Rimini). Sempre meglio utilizzare farine ottenute da macinazione a pietra, ma è l’idratazione che fa la differenza e che rende il prodotto più digeribile.
Di diverso avviso Gianfranco Iervolino (Lucignolo, Boscotrecase), che preferisce non lasciare la strada vecchia per una sperimentazione nuova, pur di soddisfare le richieste della propria clientela. Figura di fondamentale importanza nel processo di fattura della pizza è il fornaio. Si arriva alla cottura: la terza sessione viaggia per l’intera penisola, da Massimo Giovannini (Apogeo, Pietrasanta, Lu), passando per Stefano Callegari (Sforno, Roma) e Giancarlo Casa (La gatta mangiona, Roma), fino ad arrivare a Francesco e Salvatore Salvo (Pizzeria Salvo da Tre Generazioni, San Giorgio a Cremano).
Cotture differenti in ogni pizza presentata: si parte da un impasto croccante , da effetto “scrocchio”, riscontrabile nelle pizze del centro e nord Italia, un giusto equilibrio tra la pizza romana e quella napoletana nella versione di Giancarlo Casa, fino a quello notevolmente più morbido e dalla stesura più sottile della classica pizza napoletana secondo Salvatore Salvo.
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