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La Pasqua borbonica: parla la principessa Giulia Ferrara Pignatelli

Pubblicato in: La stanza di Carmen

di Carmen Autuori

Ho conosciuto la principessa Giulia Ferrara Pignatelli di Strongoli grazie ad un bellissimo evento, organizzato da Carmen Davolo, per presentare la torta ideata dal Maestro Sal De Riso, all’ Ostaria Pignatelli, ispirata a Rosina Pignatelli, coltissima animatrice dei salotti letterari napoletani della Belle Epoque, nonché grande appassionata di cucina.

Sono stata immediatamente colpita, oltre che dalla sua raffinata eleganza, dall’ intelligenza acuta accompagnata dalla conversazione vivace, mai ingabbiata in un passato che non torna più e per nulla boriosa, nonostante il suo altissimo rango. Donna Giulia è una delle ultime testimoni della grandeur di una Napoli nobilissima che continua a vivere nei sontuosi piatti della cucina aristocratica che ancora oggi restano fedeli – talvolta alleggeriti nei grassi – all’interpretazione dei cuochi di corte.

<<Nei miei ricordi d’infanzia c’è monzù Antonio, un omone burbero a cui era affidata la cucina – mi racconta -, con un carattere davvero difficile, comune a tutti i suoi colleghi, che gli derivava dalla consapevolezza di appartenere ad una classe privilegiata. A tal proposito mi sovviene un episodio singolare che ben spiega il modo di essere di queste divinità della cucina. A monzù Antonio spettava il compito della spesa che poi, con grande precisione, rendicontava alla famiglia. Un giorno gli fu chiesto da mio padre di comprare un pacchetto di sigarette, compito che portò a termine senza battere ciglio, salvo poi presentare in aggiunta alla nota spesa dieci lire ‘per il disturbo’. Questo perché loro non si sono mai sentiti servitori ma veri professionisti dell’arte culinaria. A noi bambini era bandito l’ingresso in cucina e se solo ci azzardavamo ad intingere un pezzo di pane in qualsiasi sugo, erano frustrate alle gambe con un canovaccio arrotolato. In famiglia conserviamo la sua ricetta del sartù, quella della pasta al gratin, della pasta alla Campolattaro e della pizza alla Campofranco, tutte ricette per le occasioni speciali>>.

Casa Strongoli è stata sempre uno splendido esempio di ospitalità, aperta ad ospiti provenienti non solo dall’ Italia, ma anche da oltreoceano. Regista impeccabile donna Francesca Pulci Doria principessa di Strongoli, una delle donne più belle d’Europa e mamma di Giulia.

<< Mammà è stata una vera regina dei salotti – mi dice la principessa con gli occhi velati di lacrime e persi in ricordi bellissimi -, intelligente, attenta ad ogni esigenza degli ospiti, nulla sfuggiva al suo sguardo acuto. Con lei il rapporto non è stato semplice, ci siamo ritrovate quando ero una giovane donna, ma poi siamo state sempre legate da un amore profondissimo. Ricordo un Capodanno, credo fosse quello del 1955, l’unica volta che ho visto mia madre in cucina: preparò un magnifico ragù napoletano – cotto per tre giorni – per degli ospiti milanesi, i Valsecchi, che rimasero stupiti oltre che dai fuochi che illuminavano splendidamente il golfo di una Napoli che ancora stava uscendo dalla devastazione della guerra, anche dal ragù di mammà>>

Come per ogni napoletano, il vero ragù è sempre quello di mammà, sia essa una popolana o una principessa, e donna Giulia non fa eccezione.

Sebbene instancabile viaggiatrice e le tante residenze, tra tutte la splendida tenuta di Mastrati, ex riserva di caccia appartenuta prima ai Borbone e poi ai Savoia, l’amore ed il legame per la sua città resta inossidabile, soprattutto in questo momento caratterizzato da un grande fermento culturale in tutti i campi, compreso quello gastronomico.

<<Sono molto felice del grande ritorno alle trattorie, espressione della cultura gastronomica napoletana più vera. A casa mia non c’era una grande abitudine di andare per ristoranti e quando ciò accadeva Umberto era la nostra meta preferita. Quando sono a Napoli ed ho desiderio di una pizzaiola fatta a regola d’arte la mia preferita è l’Antica Osteria da Tonino dal 1880, l’odore dell’origano che il piatto sprigiona mi riporta alle passeggiate sulle colline della costa calabrese della mia infanzia>>.

Nella quotidianità l’alimentazione di casa è stata sempre molto semplice, sia ai tempi di monzù Antonio che dopo con l’avvento delle varie cuoche. Si rispettava come in tutte le famiglie il calendario settimanale: la pasta al pomodoro, oppure con le verdure, il baccalà, la pizzaiola, le uova in purgatorio o in alternativa il filoscio (l’omelette napoletana) e tantissime verdure, presenti in ogni pasto tutti i giorni.

La cena era un pasto molto frugale a base di una minestrina nei periodi freddi, seguita da qualche affettato e formaggio fresco.

Non esisteva il rito del thè, a differenza di altre famiglie, sostituito in occasione di visite formali da un buon cocktail, in genere il Bellini, molto amato da donna Francesca, accompagnato da tartine e canapè. Passione per i cocktail ereditata da donna Giulia che ha ideato il Thalberg, a base di succo di mela annurca e champagne, ispirato al famoso pianista e compositore austriaco suo trisnonno.

La scena ovviamente cambiava in occasione delle feste comandate quando venivano rispolverate le vecchie ricette di monzù Antonio.

<<Sulla nostra tavola pasquale non mancava mai un timballo oppure un sartù, rigorosamente rosso o, al limite, la pasta al gratin – precisa – mentre il secondo era quasi sempre il capretto o l’agnello in fricassea, talvolta con patate e cipolle al forno. Una costante era, invece, la pizza alla Campofranco. Si tratta di un rustico a base di pasta brioche, farcita con mozzarella – c’è anche chi aggiunge del prosciutto nel ripieno- e pomodoro cotto, ideata dal monzù dei principi Lucchese-Palli di Campofranco.

Mentre nei giorni precedenti alla Pasqua, quelli di magro per intenderci, non mancava (e non manca anche oggi) la frittata di scammaro, uno dei miei piatti preferiti. Come dolce la pastiera che veniva preparata in casa, fatta a regola d’arte, ovvero alta, umida e profumata. Il pranzo si concludeva con l’uovo di cioccolato di Gay- Odin, finemente decorato e destinato a mia madre, la vera “bambina” di famiglia. Ricordo ancora la sua espressione di gioia incontenibile, la stessa ogni anno.

Da bere champagne, quasi sempre il Perrier-Jouët.

Il lunedì in Albis, invece, con i numerosi cugini, eravamo soliti fare delle gite in Penisola Sorrentina, colazione rigorosamente al sacco composta da frittata di maccheroni classica, frittata di scammaro, uova sode e salame>>

Donna Giulia è una principessa sui generis, e anche un poco rivoluzionaria, “l’unica donna in famiglia ad aver lavorato”, mi confessa, dopo essere andata via di casa a vent’anni a fare la commessa in un negozio di articoli orientali a Spoleto e in seguito da Bulgari con il quale ha aperto la sede di Napoli.

I viaggi, la natura, i fiori (in special modo le rose) e gli di animali – ha allevato bassotti a pelo corto – le sue più grandi passioni. L’amore per questa razza deliziosa nasce grazie al primo cucciolo, Vip della Maga, soprannominato Potolino, dell’allevamento fiorentino della Maga, dono a sorpresa del fidanzato dell’epoca. Unico esemplare con un nome cosiddetto “da cane”, a tutti gli altri invece è spettato il nome di un vino o di un cibo. Così, nel corso degli anni ci sono stati Amarone, Brunello di Montalcino, Barolo d’Asti, Cirò, Amaretto, Cynar, Alchermes e Crodino per quelli di sesso maschile mentre alle femmine, che lei chiama “le mie ragazze”, sono toccati i nomi di Fresella, Sfogliatella riccia, Pizza fritta, Brioche napoletana, Delizia al limone: anche questa scelta è un vero e proprio omaggio alla Napoli sia nobile che popolare, che si racconta grazie ai pilastri della sua gastronomia e ai deliziosi bassotti della straordinaria principessa.

Pizza alla Campofranco

Di Jeanne Carola Francesconi
Ricetta raccolta da Carmen Autuori

Tempo di preparazione: 2 ore
Tempo di cottura: 29 minuti

Ingredienti per 8 persone

Preparazione

Impastare 60 grammi di farina con il lievito sciolto in mezzo bicchiere di acqua a temperatura ambiente.
Coprire e aspettare che il lievitino raddoppi di volume.
Versare in planetaria ed aggiungere metà della restante farina, azionare il gancio a foglia e cominciare ad impastare aggiungendo le uova battute con sale, zucchero e la restante farina.
Una volta incordato l’impasto, unire a piccoli pezzi il burro a temperatura ambiente.
Lavorare fino a che la pasta non si stacchi completamente dalla ciotola, dopo aver sostituito la foglia con il gancio.
Ci vorranno circa 20 minuti.
Coprire con la pellicola e lasciare che raddoppi di volume.
Nel frattempo, soffriggere l’aglio in un abbondante giro d’olio, versarvi i pelati schiacciati con le mani, salare e cuocere a fuoco dolce fino a che l’olio non affiori in superficie. Aggiungere abbondante basilico e spegnere la fiamma.
Riprendere l’impasto, stenderlo in una teglia grande precedentemente imburrata o in due piccole.
Lasciar lievitare ancora fino al raddoppio.
Infornare a 180 gradi per 20 minuti, rovesciare la pizza e, quando si è intiepidita, tagliarla e farcirla con metà dose di mozzarella a fette, il sugo e una generosa grattugiata di formaggio.
Ricoprire il tutto con l’altra mozzarella, il restante sugo e qualche foglia di basilico. Infornare ancora per 10 minuti e servire calda.


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