di Antonino Siniscalchi
La mela limoncella di Sant’Agata sui due Golfi, oggi varietà di nicchia e difficile da trovare, fino alla metà dell’Ottocento costituiva la risorsa economica principale per gli abitanti del posto. Il colore è giallo paglierino, ha un sapore leggermente acre e un profumo squisito: si presta particolarmente per la preparazione di crostate e marmellate, e la tradizione natalizia la vuole cotta al forno.
La Penisola Sorrentina da sempre associa alle bellezze paesaggistiche, che nel tempo l’hanno trasformata in una delle mete più ambite del turismo internazionale, una vasta gamma di prodotti agricoli, ottenuti dalla sapiente coltivazione dei caratteristici terrazzamenti. Accanto ai più noti limoni, arance, noci di Sorrento ed allo squisito olio d’oliva, la costiera conserva, soprattutto nelle zone collinari più interne, dei prodotti di nicchia unici nel loro genere. Tra questi rientra a pieno titolo la mela limoncella di Sant’Agata sui due Golfi, località collinare compresa nel comune di Massa Lubrense. In questo lembo di terra, sospeso tra i Golfi di Napoli e Salerno, a 400 metri sul livello del mare, viene ancora coltivata questo tipico frutto, dal colore giallo paglierino, che fino alla metà del secolo scorso costituiva la risorsa economica principale per gli abitanti. La mela limoncella era coltivata su vasta scala fino ai primi dell’Ottocento. In seguito gli agricoltori locali si trovarono impreparati a fronteggiare le malattie tipiche cui va soggetto il melo (tortrice, rodilegno). Gli alberi si resero improduttivi ed i contadini iniziarono a sostituirli con alberi di nocciolo. La ripresa della coltivazione delle mele limoncella si deve ad un albergatore tedesco, Max Brandmayer, che nella sua proprietà, nei pressi dell’eremo del “Deserto” coltivava con successo gli alberi di melo, utilizzando dei trattamenti biologici per evitare che le piante fossero attaccate dalle malattie nocive allo loro stessa esistenza. L’esperienza di Brandmayer spinse gli agricoltori di Sant’Agata a recuperare la coltivazione della limoncella, molto apprezzata anche al di fuori dei confini regionali. Negli ultimi decenni la produzione di questo frutto si è però notevolmente ridimensionata, a causa della profonda crisi che tuttora investe il comparto agricolo in penisola sorrentina. Tuttavia in alcuni ettari di terreno, coltivati da pochi ma tenaci agricoltori, sono ancora presenti le limoncelle. Questa varietà, che viene raccolta durante il mese di settembre quando il frutto giunge a maturazione, vegeta su terreno fresco e profondo, presenta un sapore leggermente acre ed un profumo squisito, che la rende ottima per la preparazione di crostate e marmellate. Ma il principale modo di consumare le limoncelle è quello di cuocerle in forno, preferibilmente a legna, aggiungendo sul fondo della casseruola un cucchiaio di miele d’acacia. Queste mele cotte, denominate nel dialetto locale “passetielli” (in quanto la cottura fa leggermente “appassire” il frutto) rappresentano ancora oggi un piatto tipico della cucina sorrentina, soprattutto nel periodo natalizio.
La Mela Limoncella può essere considerata un’antica e pregiata cultivar di origine campana, ancora diffusa in diverse aree dell’Italia meridionale. Era coltivata su vasta scala fino ai primi dell’Ottocento. In seguito, gli agricoltori locali si trovarono impreparati a fronteggiare le malattie tipiche alle quali va soggetto il melo (tortrice, rodilegno) causandone la scomparsa. Gli alberi divennero molto meno produttivi ed i contadini iniziarono a sostituirli con quelli di nocciolo. La ripresa della coltivazione della Mela Limoncella viene attribuita all’albergatore tedesco Max Brandmayer all’inizio del Novecento, che nella sua proprietà nei pressi di Sant’Agata sui Due Golfi, coltivava con successo gli alberi di melo con trattamenti biologici. La Limoncella ha anche una sottocategoria che è definita Limoncella Rossa o, secondo i nomi locali, “Lamuncedda rossa” o “Rimuncedda Rossa”, che si differenzia dalla classica per una buccia sottile di colore verde intenso-verde chiaro, ma con un sovracolore rosso vinoso al 70%.
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