La ‘mafia’ dei gelati a Roma: la dinastia di famiglia che controlla lo street food italiano

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

di Michael Day

Traduciamo questo articolo (e il titolo) sulla vicenda del caro gelato che tanto ha fatto discutere la settimana scorsa. Interessante il punto di vista dello straniero per capire quanto male facciano certe cose all’immagine del nostro Paese, già decisamente a pezzi nel mondo dopo che in un solo secolo abbiamo eletto Mussolini e Berlusconi nonostante la Ferrari, il Food e la Moda.
Buona lettura, e amareggiatevi pure per come ci fanno una chiavica. 

La famiglia inglese derubata da un venditore di gelati ha messo in luce il controllo sulla vendita dello street food nella capitale italiana

Uno dei motivi di vanto dell’Italia è che per 15 dollari si può fare una cena deliziosa mentre un pasto a Londra costa il triplo. Ma lo scorso fine settimana un gruppo di turisti inglesi era in vacanza a Roma e ha speso quasi tanto a persona per quattro gelati. Le grosse porzioni probabilmente hanno fatto sentire male i fratelli Bannister e le loro mogli e il conto sbalorditivo certamente ha lasciato loro un cattivo sapore in bocca.

“Quando abbiamo pagato non hanno nemmeno detto grazie”, ha detto Roger Bannister al Corriere della Sera lunedì.

Alla gelateria incriminata, Antica Roma, vicino alla Scalinata della Trinità dei Monti, hanno fatto notare che i turisti di Birmingham possono considerarsi fortunati di non aver scelto uno dei coni che costano 20 euro.

I romani che cercano di creare un’immagine migliore della città per attirare turisti si sono lamentati. Tuttavia il proprietario dell’Antica Roma, Alfiero Tredicine, probabilmente ha riso andando verso il bancone. Tredicine è un nome in cui vi imbatterete molto se date persino un’occhiata superficiale al mastodontico mercato del cibo da strada nella capitale italiana. Guardate un po’ più da vicino e la natura di questo mercato e il predominio da parte dei Tredicine dirà molto dell’Italia stessa.

Il padre di Alfiero Tredicine, Donato, arrivò a Roma dalla piccola regione montuosa dell’Abruzzo nei brillanti anni Sessanta – ma non per godere della dolce vita: si guadagnava da vivere vendendo caldarroste per strada. Subito dopo i suoi cinque figli, Mario, Alfiero, Elio, Dino ed Emilia vennero nella capitale. La presenza della famiglia ha continuato la sua espansione. Ancora oggi si guadagnano da vivere vendendo cibo da strada oltre che snack, bevande e gelati. Ma in misura molto, molto più grande così come per i profitti.

Oggi la famiglia incassa 30 milioni di dollari all’anno solo dalla vendita. Accumula anche un patrimonio vendendo licenze e dando in affitto spazi ad altri venditori ambulanti.

Nel settembre del 2007, nell’antico centro storico di Roma – la parte più piena di turisti e più redditizia – hanno dato in appalto 10 posti per la vendita di cocomeri e macedonie. Tutti sanno che i permessi erano licenze per fare soldi. Gli osservatori speravano che avrebbero dato un’opportunità anche agli operatori più piccoli.

Un veloce sguardo ai risultati ha mostrato che tre dei dieci vincitori hanno lo stesso cognome, Tredicine. Ma altri quattro dei fortunati detentori del permesso, è uscito fuori, provenivano dal piccolissimo paese di origine dei Tredicine, Schiavi di Abruzzo.

La Repubblica ha descritto le contorte holding e aziende nell’ambito della famiglia Tredicine (a cui ci si è riferiti come “La Dinastia” degli “Intoccabili”) come una sorta di matrioske.

C’è stato un risultato simile nel 2002 quando furono date licenze di 10 anni per la vendita di caldarroste – il pane dei Tredicine per capirci. Almeno 20 delle 29 postazioni nella zona centrale di Roma andarono a operatori collegati con i Tredicine. E castagne di certo non significano noccioline. Uno stand vicino a un’attrazione turistica raccoglie 30.000 euro al mese a fronte di una spesa molto piccola. Ciò significa che le caldarroste da sole rendono alla famiglia 10 milioni di euro all’anno.

Nelle mani dei Tredicine ci sono talmente tante licenze che sono capaci persino di far soldi vendendole o subaffitando le postazioni di vendita.

Come molti dei migliori e più brillanti uomini di affari italiani, incluso il tre volte premier Silvio Berlusconi, i Tredicine sono stati indagati, accusati e trovati colpevoli di attività criminali ma le udienze in appello hanno consentito loro di evitare le condanne definitive.

Quattro dei fratelli Tredicine furono dichiarati colpevoli di complotto nel 1992 prima di essere liberati in appello. Da quel momento il punto interrogativo sul loro predominio nel mercato e le citazioni da parte di avversari più deboli sono continuate – ma la maggior parte di queste sono cadute su orecchie sorde.

Bianca La Rocca, la portavoce del gruppo SOS Impresa, che si batte in una campagna per l’onestà e la legalità nell’impresa, ha detto che c’erano serie preoccupazioni su come la famiglia Tredicine ha costruito il suo impero di gelati e street food così velocemente.

“Godono di un monopolio virtuale – è chiaramente una anomalia. Molti degli outlet che non sono direttamente controllati dai fratelli Tredicine sono di proprietà di membri della famiglia. Ma la gente è spaventata di dire qualcosa perché i Tredicine sono sempre pronti a ricorrere in giudizio”, ha detto.

“Ufficialmente Giordano Tredicine non ha niente a che fare con gli affari. Ma è in grado di aiutarli data la sua posizione politica. E’ ovvio”.

Giordano Tredicine, 34 anni, figlio di Dino Tredicine, è un consigliere del Comune di Roma e membro del partito PDL di Silvio Berlusconi.

“La famiglia ha collegamenti ovunque, a ogni livello nella città”, ha detto la signora La Rocca. “Abbiamo bisogno di più controlli sull’attività illegale e su posti fregatura per i turisti. Ma questa è responsabilità del consiglio comunale e se un business ha influenza a livello politico…bene, dunque capirete voi stessi qual è il problema”.

Se i Tredicine si trovano coinvolti in dubbie attività o godono di un rapporto ambiguo con la legge, questi non sono davvero gli unici in Italia, come la signora La Rocca ha evidenziato. Sul sito Roma Fa Schifo, che conduce una battaglia isolata per la denuncia di ogni genere di comportamento incivile nella capitale, ai lettori è stato chiesto di votare per l’aspetto della vita romana, inclusi rifiuti, graffiti, parcheggi illegali e venditori ambulanti, che disgustano di più. I vincitori online sono stati gli stessi Romani.

Il criminologo di primo piano Arije Antinori dell’Università la Sapienza di Roma ha detto che c’era un orientamento in Italia secondo il quale ognuno per sé e la cooperazione o il fair play nella capitale o altrove in Italia erano parolacce. Ha detto che di certo è il caso del torbido mercato del cibo da strada che si è dimostrato uno degli aspetti chiave dell’enorme “economia grigia” italiana che non è gestita dalla criminalità organizzata ma non è neppure del tutto legittimata.

“Quello che dovete capire è che nelle grandi città esiste un sistema di quasi-mafia. Non è come Cosa Nostra che si mescola alla politica a Palermo; ciò nonostante c’è un sistema in cui i favori sono scambiati tra gli uomini dell’imprenditoria e gli amministratori o i politici, in un’ottica di sistema completamente infiltrato”.

Così, dice il dottor Antinori, chi a Roma cerca una licenza entra in contatto con una ufficiale offerta di voti – non solo il suo ma anche quello dei membri della sua famiglia, dei suoi dipendenti, fornitori e distributori in cambio della licenza. “Cinquecento o mille voti sono sufficienti per far orientare l’ago della bilancia in alcune elezioni locali”, ha detto.

 

Traduzione di Novella Talamo


Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version