Madonnina del Pescatore a Senigallia
Via, Lungomare Italia, 11
Telefono: 071 698267
Prenotazioni: morenocedroni.it
di Giulia Gavagnin
“I miei primi quarant’anni”, annuncia con orgoglio una grande signora della cucina italiana. Vi starete interrogando, arrovellando, spremendo, lambiccando su chi diavolo sia costei.
Vi lascio qualche indizio: è affacciata sul mare dove il sole sorge e non tramonta; ne ha visti di tutti i colori nel senso più buono del termine –giacchè promana gioia costante e cucina arcobaleno; il suo deus ex machina è di animo gentilissimo e creatività che non conosce cedimenti; tiene appuntate sul petto due stelline al valor culinario dall’anno di grazia 2006; ha sembianze religiose ma animo fortemente pagano, anzichenò edonista.
Avrete indovinato senz’altro. A entrare negli “anta” è la Madonnina del Pescatore, che aprì le sue porte il 24 aprile 1984, con un cuoco ultraquarantenne e un Moreno Cedroni cameriere. Proprio così. Il nostro menestrello dei fornelli, per fuggire ai poco allettanti sbocchi professionali del suo diploma di perito nautico (nella migliore delle ipotesi, l’imbarco in qualche petroliera senza programmi certi di sbarco) aveva iniziato a fare le stagioni in giacca bianca, ma non quella che tutti pensano. Dopo qualche tempo decise di farne un mestiere, con un socio più grande acquisì un locale che non andava benissimo sul lungomare di Marzocca, frazione di Senigallia, dove giaceva la stele votiva da cui il locale prende il nome.
Trascorsero tre anni, quel meccanismo si ruppe, e Cedroni rilevò da solo il locale mettendosi il grembiule e andando in cucina, con frenetici andirivieni in direzione laguna veneta –l’anarchica Chioggia- per apprendere l’ars culinaria in versione marinara. Poi giunse il fatal incontro con un certo Ferran Adrià e gli si destrutturarono tutte le certezze e le solide cotture apprese per entrare nel vortice del dubbio –che è sempre appannaggio degli intelligenti – e della scienza in cucina. Primo servizio da cuoco vero: rombo al sale. Prima sperimentazione: pelle dei pesci. Poi, un’escalation che tutti conoscono. Susci con la c, i viaggi a El Bulli con Bob Noto che gli portarono il gelato al parmigiano che mai scomparirà dalla tavola della Madonnina, lo spaghetto psichedelico che stregò Adrià, il viaggio in Vietnam con l’amico fidato inciso nell’ostrica più decisiva della cucina italiana, quella intitolata –appunto- a quel viaggio. E poi il Clandestino, Anikò, la presidenza dei JRE, il sodalizio totale con Mariella (la più grande donna di sala che abbiamo in Italia), la seconda stella, la piena fiducia al sous-chef Luca Abbadir, il Tunnel ecc. ecc.
Un viaggio tortuoso e affascinante lungo quarant’anni, celebrato quest’anno con un menu ad hoc intitolato a Marco Polo, il viaggiatore per eccellenza, che da Venezia giunse in Cina alla corte del gran Kublai Khan, perigliando per terre e mari.
Un percorso colto e ispirato, che nessuna persona dotata di affetto per i meccanismi dell’evoluzione può perdere. Per nulla al mondo.
Perché se è vero che i libri permettono alla mente di viaggiare, è altrettanto vero che un percorso concepito da un grande chef può assolvere alla stessa funzione, se alla base vi sono i concetti espressi da Cedroni nel retro del menu cartaceo: “la creatività è nutrimento per la mente, richiede dedizione, studio ed è fondamentale per guardare sempre avanti”.
Per parafrasare una frase (manipolata) di Dostoevskij: solo la cultura salverà il mondo. Su questo siamo d’accordo.
Perché solo se la creatività è supportata dalla cultura è possibile concepire un tour Venezia-Trebisonda-Baghdad-Aleppo-Teheran-Balkh-Samarcanda-Kashgar-Pechinocon la tappa siriana unica concessione al passato, un analogo menu studiato per il Clandestino con profondità totalmente diverse.
Infatti, se l’ostrica alla griglia, pepe di Aleppo (appunto) e cavolo viola è un altro modo di rivedere la classica “ricordo di un viaggio in Vietnam”, già l’incipit con il cracker di moeca (ebbene sì, nella cialda c’è una vera moeca, non è un banale trompel’oeil) e lo spriz rigorosamente al Select centra il cuore della Venezia contemporanea (che in verità non esiste !), e anticipa un highlight assoluto del percorso, la crema cotta ai ricci di mare, tahina, umeboshi e datteri, dedicata a Baghdad.
Il riccio di mare è un classico di Cedroni, che con coloriture esotiche e la nota dolce amplifica il salmastro. Davvero notevole.
Sarebbe ozioso elencare ogni singolo piatto del lungo percorso in tredici tappe, facilmente consultabile dal sito.
Preme, invece, segnalare i picchi che meritano di diventare subito classici della Madonnina.
Oltre a Baghdad, è straordinaria “Balkh”, ovvero uno scioglievole kebab di ventresca di tonno, con melanzana, sentori di fumo e chutney di mango, che rivela una mano di rarissima sensibilità e una capacità fuori dal comune di colpire direttamente la gola pur con un caleidoscopio di ingredienti non sempre facilmente gestibili.
Segue “Samarcanda”, bottoni ripieni con pannocchie (cicale) crude e il loro brodo aumentato di intensità grazie all’acetosa, polvere di lime e cardamomo, dove nessuno di questi elementi sovrasta l’altro per una sensazione di grande rilassatezza.
Poi, il piccione “alla pechinese” in due tempi, sulla scia della famosa anatra laccata cinese, con una foglia di lattuga al posto della crepe, una leggera affumicatura e una cottura da manuale che esalta la sensazione dolcemente ematica della carne con la coscetta a parte. Senz’altro al livello del mitico piccione alle melanzane e masala di qualche anno fa.
Seguito da: sorpresa! Fusilloro Verrigni con il cuore del piccione e raguse, finocchietto e tofu di mandorla, dove non si avverte l’intensità della frattaglia per il perfetto amalgama degli elementi. Davvero un piatto superbo.
Tra tutti i menu della Madonnina, questo è senz’altro il più esotico, il più speziato (senza essere “aromatico”), e forse il più evocativo.
Moreno Cedroni rappresenta un unicum nel panorama della cucina italiana e internazionale. Appartiene alla generazione “eroica” degli chef italiani, quelli che hanno colto l’insegnamento di Marchesi e ne hanno stravolto le regole grazie alla rivoluzione di Adrià: molti di loro, come lui, sono stati sostanzialmente autodidatti e hanno perciò potuto essere liberi da vincoli nel perseguire il proprio progetto di ricerca, ma lui che ha sempre gigioneggiato con temi giocosi nella maturità ha ritrovato la giovinezza, non ha perso un attimo di lucidità né di freschezza pur impegnandosi strenuamente nella ricerca. Non è mai diventato autoreferenziale come altri, non recita se stesso, si diverte sinceramente, carico di leggerezza e di ironia, la più tenera e forte tra le virtù.
Ancora una volta, Moreno Cedroni regala un bellissimo viaggio.
Scheda del 19 settembre 2022
Forse la cena che più mi ha colpito, fino a questo momento di questo 2022 è stata quella alla Madonnina del Pescatore. 38 anni di Madonnina di Moreno Cedroni e Mariella Organi, passano a cavallo tutta la gastronomia contemporanea dell’Italia gastronomica. All’apertura nel 1984, Gualtiero Marchesi non aveva preso le Tre Stelle Michelin sarebbe successo l’anno dopo, l’alta gastronomia non era un tema nella vita del Paese. Gli “Autori”, i cuochi, erano ancora rintanati in cucina, pantalone a scacchi e giacca sporca.
Sembra di raccontare quasi un’era geologica, quando era molto complicato avere qualche articolo di giornale, dove i clienti erano principalmente quelli del luogo, al massimo della provincia. Sono cambiate tante cose in questi 38 anni, soprattutto c’è stata la rivoluzione di Ferran Adrià con il suo El Bulli, che più che insegnare una tecnica, ha fatto capire ai cuochi di tutto il mondo che potevano ragionare in maniera diversa.
Proprio nel ristorante di Cala Montjoi a Roses con uno stge nel 1999 Moreno Cedroni, comincia a scrivere una nuova pagina della sua storia professionale. Arriveranno nel corso degli anni tanti riconoscimenti professionali da parte di tutte le guide di settore e da parte del pubblico. Una premessa necessaria per far capire che dopo questo percorso ci si possa sentire appagati, è anche normale. Invece no, non per gli ultimi menu della Madonnina che continua con il suo percorso di evoluzione.
Per il nuovo menu Luca e Moreno… no pesce, Luca sta per Luca Abbadir a capo della cucina della Madonnina, vengono utilizzati anche una serie di ingredienti che in questi 38 anni non erano mai stati utilizzati. La cosa mi colpisce e non molto, Moreno è uno dei cuochi che ha contribuito a cambiare la cucina italiana, potrebbe vivere tranquillamente proponendo i grandi classici, ed invece addirittura ci sono il piccione, la lepre, cuore di tonno ed altri ingredienti per la prima volta.
Cosa si mangia alla Madonnina del Pescatore, il menu di Moreno Cedroni
Piede di cornucopia e zampa di gallina, maionese di moscioli e caviale citrico: avvio spiazzante e super goloso. Il mix è sorprendente.
Pane, burro (fegato di coda di rospo) e marmellata di mandarini: il fegato di coda di rospo è ghiacciato, schiacciandolo sotto il palato si riscalda e si scioglie, una goduria.
Sfera di astice, tartufo nero e mango fermentato: una versione 2.0 della classica frittellina di astice, per bontà mi ha ricordato quella di Jay Fai a Bangkok.
Crema cotta ai ricci di mare e cervello di vitello al vapore, pane croccante, olio al prezzemolo e menta, cucchiaino acidulato ed il ricordo di un viaggio in Vietnam: ostrica alla griglia mangia e bevi, cavolo viola, mela: erano presenti in menu anche lo scorso anno, con qualche piccola modifica, infatti i gusti diventano più marcati, meno sfumature di grigio, più concentrazione.
La Cipolla borettana, rapa rossa ai carboni, salsa di parmigiano e nocciole, salicornia, rafano, elicrisio liquirizia, uova di pesce volante: una fantastica sorpresa. Il lavoro sulla materia vegetale è fatto senza pensarla in maniera punitiva, se mangi una cipolla, prima di tutto deve essere golosa, come in questo caso.
Il cuore del Polpo, mascarpone e mostarda, cetriolo agrodolce, foglie di senape, spezie, quinoa soffiata: posso dire senza ombra di smentita che Moreno è cintura nera settimo Dan sul Polpo. Lo ha cucinato e abbinato in tutte le maniere, il risultato è sempre ottimo.
Fusilloro Verrigni al burro di erbe, trippa di coda di rospo, salsa di mandorle e parmigiano, crescione e nasturzio: pasta al dente, abbinamento goloso, intermezzo tra la prima parte della cena e il secondo.
Il piccione in deu servizi: viene fatto maturare per due mesi nella cera d’api, perde, al sapore, la parte ematica e permette una cottura insolita per il piccione, assolutamente non violenta. La consistenza è diversa, il sapore è diverso. Davvero interessante l’intero processo che porta al piatto. Il piatto che contiene il piccione è in cera d’api e tutte le sere viene fuso e poi ricostruito. Un gran lavoro, in tutti i sensi.
Royal di mazzancolle e gamberi rossi acidulati, lepre marinata in soia e miele, salsa di porcini fermentati e nocciole, gocce di lampone: il gioco a rimpiattino con la classica royale, piatto iconico della cucina borghese francese, è la somma del lavoro di Luca e Moreno, la voglia di avanguardia, la voglia di spaziare senza confini.
La parte dolce della cena prevede un doppio omaggio uno ai mitici Peanuts di Charles M. Schulz e l’altro a Banksy, uno dei maggiori esponenti della street art. Chiude l’omaggio a 5 grandi cuochi del mondo, con 5 caramelle.
Conclusioni
L’età è uno stato mentale, se dopo 38 anni di ristorazione hai ancora voglia di metterti in gioco, di esplorare i limiti e abbattere le convenzioni, farei sempre falice i tuoi clienti, perchè questo a mio parere è lo spirito giusto di questo tipo di ristorazione. Il servizio orchestrato splendidamente dalla signora Mariella resta uno dei motivi, oltre alla cucina, per cui frequentare questo ristorante.
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