di Fosca Tortorelli
Milena, figlia di Angelo Pepe, irpino emigrato in Belgio, è una donna tenace, determinata e con tanta voglia di mettersi in gioco.
È arrivata in Italia a venticinque anni, dopo che suo padre le ha affidato la Tenuta a Luogosano, come ci racconta in modo sincero e appassionato. Non poche le difficoltà iniziali che ha dovuto affrontare, non solo perché distante dalla famiglia, ma anche per la grande responsabilità affidatale. Si è dedicata con costanza allo studio conoscitivo degli altri produttori presenti sul territorio, per poter meglio comprendere i meccanismi della viticoltura irpina, oltre che all’approfondimento della sua realtà aziendale, costruendo con costanza quella che oggi è la Tenuta Cavalier Pepe, un complesso costituito da: Cantina, Azienda vitivinicola, Ristorante e bed-and-breakfast, e che nella sua interezza si configura come un sistema turistico, oltre che produttivo, di incredibile qualità.
Da tempo Milena aveva espresso il desiderio di organizzare una giornata didattica e allo stesso tempo piacevole, per poter meglio comprendere il carattere e la longevità del suo Bianco di Bellona, un coda di volpe vinificato in purezza, vitigno autoctono campano spesso dimenticato ed offuscato dai suoi fratelli più nobili quali: Falanghina, Fiano e Greco.
Detto fatto, dopo uno scambio di idee con Luciano Pignataro, si è finalmente creata l’occasione, complice anche Giustino Catalano, che ha proposto come sede la struttura torrese di Palazzo Vialdo di cui è consulente. Il Ristorante, situato a Torre del Greco, è suddiviso in concept diversi. La scelta esclusiva della sala dedicata al “WA” Japanese restaurant, ultima sfida del patron Vincenzo di Prisco, ha dato ulteriore appeal alla serata.
Luciano ha moderato la serata, sottolineando l’importanza di occasioni come questa che fanno emergere le peculiarità di vitigni considerati minori e della loro capacità evolutive nel tempo. Milena ha raccontato con fierezza il lavoro svolto su questa splendida varietà, assecondando le convinzioni paterne del volerla vinificare in purezza. Ha sottolineato il lavoro svolto da Marco Moccia per otto delle dieci annate prodotte, e quello che da tre vendemmie, sta portando avanti con Gennaro Reale, che con opportuna sensibilità, sa interpretarne l’idea.
Una volta versate le dieci annate, dalla 2014 fino ad arrivare alla 2005, Gennaro Reale ha fatto una veloce analisi sull’andamento climatico delle annate proposte e sulle caratteristiche proprie del vitigno. Successivamente i partecipanti si sono alternati in un dialogo puntuale e descrittivo delle singole annate.
I vini si sono rivelati estremamente didattici ed espressione di ciascun annata; inoltre, come ha fatto notare Nicoletta Gargiulo, presidente per l’Ais Campania, a differenza di Falanghina, Fiano e Greco, il Bianco di Bellona con il passare del tempo vira verso note più dolci.
Nell’annata 2014, ritroviamo profumi di biancospino, accenni agrumati di fiori d’arancio.
La 2013 si rivela piuttosto interessante dal punto di vista olfattivo, ma si riscontra un leggero squilibrio gustativo.
A differenza delle precedenti, la 2012 offre un ventaglio di profumi ampio, con un floreale iniziale a cui fanno seguito intriganti profumi di cedro e albicocca. Colpisce per l’incredibile coerenza naso/bocca e per la sapidità gustativa che caratterizza il sorso e ne allunga la persistenza.
Nel millesimo 2011 ritroviamo all’olfatto una spiccata nota di mela cotogna, mentre al gusto freschezza e sapidità rendono il sorso lungo e piacevole.
Ma è nella 2010 che all’unanimità, si ritrova una perfetta armonia, dove si alternano eleganti note di giglio e fresia seguite da un piacevole sottofondo di salvia, mentre il sorso si rivela sottile, succoso e salino.
Nell’annata 2009 spicca un bel floreale di magnolia, rivelandosi al gusto decisamente più morbida.
L’annata 2008 si distingue già dal colore, un giallo dorato carico, da cui traspare opulenza e calore. Intense note di miele, un bel fruttato di pera e di caramella d’orzo ne delineano il profilo gusto olfattivo, donandole pienezza al palato.
Nella 2007 ritroviamo senza dubbio una maggiore snellezza e un profilo olfattivo contraddistinto da piacevoli sentori di frutta gialla, pesca sciroppata e di camomilla.
La 2006 ha invece maggiore complessità olfattiva e si distinguono toni speziati di curcuma e zafferano.
Si rivela sorprendente ed emozionante la 2005, prima annata prodotta, che regala un sorso completo e corroborante, salino e carnoso, con una sfumatura finale di cioccolato bianco.
Dopo questo piacevole viaggio tra le annate si è proseguito in un divertente e azzardato gioco di abbinamenti tra i colori e i sapori orientali che Aramaki ha preparato per l’occasione provando anche l’annata 2015.
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