di Marco Contursi
Ci sono sorrisi, dolci, catartici…..diversi.
Ci sono locali, semplici, rassicuranti…..diversi.
Se non fosse per il primo, non avrei, mai, provato il secondo.
Recensione con poche righe e poche foto, spartana, come questo posto, che spartano è sin dal suo ingresso, un muro scrostato con al centro, una targa in marmo, che riporta la data di fondazione: 1927.
E quindi, sono quasi 100 anni, che questa verace osteria, riempie tutti i giorni a pranzo ( a sera chiuso, tranne il giovedi), con una umanità assai varia ai suoi tavoli.
La Gnoccolata, ad Afragola.
Nome omen, che si mangia qui? Mah, forse, Gnocchi. Preparati a mano, ogni giorno, in diverse decine di chili, tanto che vengono venduti d’asporto, sia cotti, in comode vaschette, che crudi, da cuocere a casa.
La proposta è basica, nel giorno della mia visita, come primo piatto, gnocchi, timballo di tagliatelle o insalata di pasta, che viene spontaneo chiedersi: “ma chi mai la prenderebbe?”….., uno, sicuro, C’E’!!!
Vabbè, io piglio gnocchi, ma mezza porzione, che cerco di limitare i danni al girovita. C’è chi la prende intera, e non ce la fa a finirla, se non avesse messo il formaggio, l’avrei finita io…
Prima, e non dopo, è d’obbligo un assaggio, completo, della carne che ha “pippiato” nel sugo, con cui verranno conditi gli gnocchi e che io avrei “tirato” ancora un’oretta.
Polpetta, braciola, tracchiolella e cotica, con quest’ultima che vince la palma di più buona (doppio slurp!!).
Poi, il piatto forte, gli gnocchi. Dolci, cremosi, scendono giù che è un piacere e non ‘inchiommano” nello stomaco, dopo un’ora ho di nuovo fame.
Il pane è davvero saporito, il cozzetto è messo nel cestino, e lo faccio subito mio. E’ la mia madeleine, e mi riporta ai tempi in cui la mia mamma, lo tagliava e se lo prendeva, ancor prima di mettere il pane a tavola, e io a chiedermi “perché se lo pappa sempre lei?”. Ricordi d’infanzia, che poi sta cosa chic, di non mettere i cozzetti nel cestino del pane, mi ha fatto sempre girare le scatole, e nei locali di amici, me ne faccio portare un cestino intero, solo cozzetti.
Piccola digressione Proust-cozzettiana, comunque il pane, dicevamo, è buono e la mollica pure, la scarpetta si fa e vale pure come dolce, visto che qua il dolce non c’è. C’è però un amaro e con questo chiudo.
Conto amicale, circa 20 euro e intorno la sempiterna, varia, umanità continua ad affollare questa tavola, sotto lo sguardo sornione e compiaciuto del gentilissimo personale di sala.
E’ chiuso il venerdi, poiché un tempo la Chiesa prescriveva che non si mangiasse carne in questo giorno, non solo in Quaresima, ma tutto l’anno, e quindi il fondatore dell’osteria, religioso praticante, preferì chiudere di venerdì piuttosto che indurre “a peccare”, i suoi clienti, con braciole e tracchie. E gli eredi, hanno mantenuto lo stesso giorno di chiusura.
Questa è una vera osteria, che fa cucina di servizio, che è aperta solo a pranzo, che lascia la vendita del dolce alla pasticceria, che fa pochi e collaudati piatti, che ti accoglie con un sorriso, che si ricorda quello che ti piace.
Posti così andrebbero protetti, dall’Unesco.
Come certi sorrisi…
Semplicemente Diversi.
E, proprio per questo…..Irresistibili.
Alla Gnoccolata
Viale Sant’Antonio Afragola (Na)
Tel 081 869 1609
Viale Sant’Antonio 28 – 30
Senza telefono per scelta
Aperto a pranzo
Chiuso Venerdì
La domenica solo asporto
A tavola pasto completo sui 25 euro
Report del 15 settembre 2014
di Tommaso Esposito
La storia è cominciata nel 1927 quando Mario D’Iorio ha aperto la sua cantina dove, tra le botti di vino da spillare per gli avventori in quei bicchieri di vetro da mezzo quarto, ogni tanto un piatto di pasta e fagioli si serviva.
Ci pensava sua moglie Maddalena che un po’ tra i fornelli, un po’ tra i tavoli menava avanti la cucina. Afragola allora era ancora famosa per i suoi agli, celebrati finanche da poeti come il Cortese, e le sue cipolle, le cosiddette austégne giacché maturano in agosto e tanto rassomigliano alla ramata di Montoro.
Il paesotto pullulava di trattorie, la più famosa era quella di Gnesella dove accorrevano i buongustai dai paesi vicini per mangiare il famoso pollo fritto o il ruoto di capretto con le patate cotto nel forno a legna. Cosa fare? Cosa non fare per conquistare la piazza? Mario e Maddalena ci pensarono a lungo finché gli venne l’idea di mettersi a preparare e cucinare gli gnocchi, quelli soltanto.
Nasce così questo bel posto, dove il tempo sembra essersi fermato e le ore del pasto diventano lente, senza fine. La giornata inizia presto per Pierino, settant’anni, Mario junior e Carmine, figlio e nipoti del capostipite.
Non c’è più zia Irene, ma altre mani di donna, più giovani si fanno avanti per continuare la tradizione. Si leva la farina dal sacco, il candido e soffice sciore doppio zero, e lo si cala a fontana sul grande tavolo da lavoro. Si scava e s’impasta con l’acqua bollente, tanto bollente da scottare le mani maldestre, e un pizzico di sale. E poi ad uno ad uno si staccano gnocchi e s’incavano con le dita. Distese infinite, chili su chili lasciati lì per essere venduti ogni giorno, tutte le settimane dell’anno.
Come li volete? Crudi da portare a casa e farne quello che vi piace? Nessun problema, prezzi popolari e giusti.
Non c’è tempo e li preferite già cotti? Bene, basta pensare alle porzioni che tutto si accomoda. Il ragù, intanto, sta lì a consumarsi peppejando da ore.
Rosso cupo, quasi bruno, odoroso di caramello e basilico, il segreto sapete qual è? Il fuoco.
In questi tempi resi moderni da ultrasuoni e induzioni qui c’è ancora la fornacella impiantata nella cucina economica rivestita di piastrelle. Carboni ardenti e tiano d’alluminio. Cocchiarella in legno e sapienza antica. Senza fretta, senza ansia, senza tedio. Mai.
E sempre in allegria, aspettando che il tempo accompagni la cottura. Gli gnocchi, che qualcuno da queste parti chiama strangolapreti e qualcun altro cazzamarri, hanno bisogno sì e no di qualche minuto per venire a galla ed essere scolati dall’acqua bollente. Si cuociono presto e subito si rimescolano nella zuppiera.
Un po’ di mozzarella, tanto cacio, pecorino romano e parmigiano, e tanto Rraù.
Tanto assai, perché dopo si fa la scarpetta con il pane cafone. Anche questo quello buono di Afragola.
C’è chi preferisce, piuttosto che farne un paccotto, mettersi a tavola. C’è ancora quella di un secolo fa, tutta in legno di noce, dai piedi forgiati col tornio, ricoperta dalla candida tovaglia.
Basta ordinare. Per secondo dal tiano emergono braciole e polpette a forma di palla.
Chi ama la cotica e qualche tracchiulella non resta deluso.
Per contorno friarielli, peperoni e papaccelle.
E fa pure capolino lo stocco col suo pezzo migliore: ‘o curuniello.
Si beve qualche buon vino.
Alla Gnoccolata, perciò, tutto ha sapore d’antico.
La cucina di mammà qui non è declamata soltanto.
È vissuta.
Veramente!