Sono stato invitato al Salone Internazionale del Gusto 2014 in qualità di esperto/appassionato di pizza per moderare, in collaborazione con Antonio Puzzi, la fucina di pane e pizza!
Quando Enrico Bonardo, l’ideatore di questa nuova iniziativa, tra le tante che animano il Salone del gusto di Slow Food, mi ha comunicato le sue intenzioni ho, sinceramente, pensato ad uno scherzo, ad un pour parler amichevole: poi ho capito che Enrico, l’organizzatore, era serio.Il Salone Internazionale del Gusto 2014 ha visto l’esordio di uno spazio di discussione dedicato alla pizza ed alla panificazione: la fucina di pane e pizza.
Questo spazio di discussione e degustazione si è rivelato un interessante momento di confronto con gli artigiani che fanno, per poter capir meglio il prodotto, la tecnica, le scelte aziendali, il futuro di questo settore della ristorazione che sta vivendo un momento di grande rilevanza mediatica.
Sul palco della fucina si sono alternati vari artigiani dell’impasto, in rappresentanza delle varie anime della pizza.
La pizza, infatti, sta palesemente prendendo strade diverse: la napoletana classica (quella che è nel mio DNA: con la pizza di via dei Tribunali – per citare solo uno dei luoghi storici ove si trovano numerose pizzerie tradizionali napoletane – ci sono nato e cresciuto, si è formato il mio gusto ed i miei riferimenti organolettici) che sta crescendo qualitativamente grazie al lavoro di approfondimento e ricerca di alcuni, oramai famosi, pizzaioli alla pizza non napoletana (chiamatela gourmet, italiana, romana, alla teglia o come meglio vi pare).
Una semplificazione d’obbligo perchè, pur essendo un prodotto di alta qualità, è evidente che una certa interpretazione della pizza è distante dalla classica napoletana, specificamente la marinara/margherita che si mangia (anche, non solo) a portafoglio per cui vale sempre l’eccellente sintesi descrittiva di Luciano Pignataro: non deve essere assolutamente croccante, ma elastica. In bocca il sapore degli ingredienti si deve fondere perfettamente senza che nessuno prevalga sull’altro, la pasta sul condimento, la mozzarella sul pomodoro, e viceversa. Il boccone del cornicione, alto e ben alveolato, è l’ultimo e serve per ripulire la bocca.
Hora ruit e, in men che non si dica, arriva ottobre ed io mi trasferisco, per qualche giorno, a Torino, per co-moderare la fucina di pane e pizza.
Ha aperto la lunga rassegna di artigiani una pizzeria di Firenze, la città in cui vivo, inquadrabile nella new wave della pizza gourmet con lievito madre 100% per l’impasto: la divina pizza di Graziano Monogrammi, che s’avvantaggia della collaborazione della moglie Roberta e del figlio Gabriele. Tanta è la passione che Graziano, ex-ristoratore che ha lasciato il Chianti per lanciarsi, da qualche anno, nell’agone fiorentino della pizza, palesa nel parlar del suo lavoro.
In questo articolo mi focalizzerò sui pizzaioli che m’hanno particolarmente colpito, perchè proprio non me l’aspettavo! ;-)
In primis Corrado Scaglione: un nordico, lombardo, ristoratore che s’è innamorato della pizza napoletana convertendo il suo locale a pizzeria AVPN ove troverete pizze aderenti ai dettami della napoletana verace. Corrado m’ha colpito per la sua passione e perchè, sorprendentemente, ci ha dato da degustare, avendo a disposizione un forno non convenzionale (per la pizza napoletana), un paio di ottime pizze. Corrado Scaglione sei avvisato: sei nel mirino, vengo a testarti quanto prima, a casa tua, all’Enosteria Lipen di Canonica Lambro, Monza e Brianza.
Ho trovato molto interessante il lavoro di Lello Ravagnan che, utilizzando solo lievito madre, ha voluto affrontare la questione dell’acidità dell’impasto: l’implementazione del germinato di grano ha consentito, con grande maestria, di produrre un impasto lieve e del tutto privo dei sentori acidi che sono spesso presenti nelle pizze lievitate con lievito madre 100%. Grande passione ed energia, da andare a testare a casa sua ovvero alla pizzeria Grigoris che si trova a Chirignago, Venezia. Il perchè di questo nome greco è una storia lunga, che vi farete spiegar da Lello in persona. :-D
E veniamo al genio del male gastronomico, ovvero Stefano Callegari: Romano de Roma oramai famoso grazie alla geniale invenzione del trapizzino®. Impasto soffice, idea vincente nata dalla necessità di abbinare alcuni, tradizionalissimi, mangiarini romaneschi alla pizza in teglia alla romana che diventa un alter ego di panino/tramezzino (il tra-pizz-ino appunto) senza doversi preoccupare che MI COLA TUTTO! Stefano ce l’ha fatta: ha lavorato per produrre ed ottimizzare il suo trapizzino che risulta golosissimo, da mangiarne e rimangiarne senza più fermarsi.
E’ stato bellissimo veder la sua espressione mentre spiegava il processo creativo, nato dall’urgenza di poter offrire la coda alla vaccinara o le polpette al sugo, al viandante affamato a cui garantisce che non dovrà portar la camicia in lavanderia subito dopo aver placato la fame. Oppure la translitterazione del doppia panna (il gelato con panna nel cono e panna sopra) in un supergoloso trapizzino (burrata, acciughe, burrata) che ha battezzato, appunto, doppia panna come il gelato. Un genio. PUNTO. Ne ha parlato, su questo sito, Virginia Di Falco; trovate traccia, abbondante, del lavoro di Stefano Callegari, su web.
Veniamo a Beniamino Bilali: pizzaiolo senza pizzeria, attualmente impegnato nel lavoro di consulenza e studio.
Sorprendente la sua margherita con impasto SENZA lievito: il processo di lievitazione parte, spontaneamente, grazie all’idrolisi degli amidi. Una chicca per chi è (ha deciso?) intollerante al lievito.
E a seguire, per non dimenticar nessuno dei numerosi invitati alla fucina di pane e pizza
Matteo Calzolari – Il Forno di Calzolari Monghidoro, Bologna
Davide Fiorentini e Matteo Tambini – O’ Fiore mio, Faenza
Massimo Grazioli – Panificio Grazioli Legnano, Milano (Italia)
Enrico Giacosa – Panettiere Alba, Cuneo (Italia)
Davide Longoni – Panificio Davide Longoni Monza (Italia)
Patrick Ricci – Pomodoro & Basilico San Mauro Torinese, Torino (Italia)
Lascio, per ultimi, due giganti della pizza napoletana: Franco Pepe di Pepe in Grani (Caiazzo – CE) e Ciro Salvo di 50 Kalò (Napoli).
Di Franco e Ciro non dirò nulla, perchè sono tra le migliori pizze margherite d’Italia (quindi: del mondo, e non sono io a dirlo, approfondimento qui) e perchè tutti e due sono stati protagonisti di meravigliose serate degustative a Firenze, organizzate da me: leggi di Ciro Salvo e di Franco Pepea Firenze.Ad evitar di esser tacciato di conflitto d’interesse: andate, provateli nella loro pizzeria, fatevi la vostra idea a riguardo.
Affermo, senza tema di smentita, che son fortunato a viver a più di 400 km di distanza, sennò avrei già dilapidato una fortuna in pizze di Franco Pepe e Ciro Salvo. :-D
Voglio solo riportale la riflessione di Ciro Salvo: da ragazzino era un po’ sottovalutato, tra i suoi amici, perchè s’apprestava a far il pizzaiolo, come da tradizione di famiglia, imparando il mestiere di pizzaiolo (che, evidentemente, qualche decina di anni fa non era propriamente un lavoro invidiabile) dal babbo.
Oggi quegli stessi amici che lo consideravano un po’ sfigato vanno a cercarlo per chiedergli aiuto: vogliono diventar pizzaioli!
Merita citare il lavoro silenzioso, attento, professionale, di Davide Finotti: pizzaiolo AVPN stanziale in quel di Bra, alla pizzeria Gennaro Esposito, responsabile tecnico della fucina di pane e pizza.
Come potrete immaginare, la sera non m’andava di restar in albergo e qualcosa mi sono inventato: assistito dalla gastronoma Slow Food Marlena Buscemi, ma anche dal curatore della guida gastronomica I cento di Torino (la primogenita, da cui gemma la “mia” guida i cento di Firenze), qualcosa di divertente s’è mangiato. In particolare, ho trovato curiosa (confesso, era la mia prima volta) la tradizionale mise en place dell’agnolotto servito nel tovagliolo (foto gentilmente concessa dalla commensale Elisa Poli), rigorosamente non condito: siete curiosi, vi va di provarlo? A me l’hanno proposto a cena da Fra Fiusch.
Bel ristorante che propone cucina di tradizione territoriale, dal rapporto qualità/prezzo molto interessante, anche l’estate di san martino.
Tutti e due fuori città, facilmente ed in poco tempo raggiungibili da Torino, da tenere a mente se si è in zona e non si teme di dover andare in escursione fuori porta.
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