La Cucina di San Pietro a Pettine a Trevi
Località San Pietro a Pettine
Telefono 334 536 3028
Aperto a cena, la domenica anche a pranzo.
Chiuso martedì e mercoledì
di Carmen Autuori
“Prima di uscire guardati allo specchio e togli qualcosa”, una delle più famose citazioni di Mademoiselle Chanel, richiamo all’essenzialità della vera eleganza, calza a pennello con l’idea di cucina di Alice Caporicci, classe 1988, chef de La Cucina di San Pietro a Pettine, splendida tenuta con annessa tartufaia di famiglia da quattro generazioni, che prende il nome dalla piccolissima frazione di Trevi, incastonata tra le colline di Assisi e Spoleto.
Una cucina, la sua, che ha la capacità di auto raccontarsi, scevra da qualsiasi virtuosismo a supporto del proprio ego.
“San Pietro a Pettine è il luogo dove sono nata, da cui sono fuggita e a cui sono tornata. Questa è una terra che parla dal profondo al profondo; è difficile parlare di lei, per questo lascio ai miei piatti il racconto della sua essenza”, si presenta così Alice. Io aggiungerei che i suoi piatti parlano oltre che della terra anche di lei, senza stucchevoli storytelling.
Tra i tartufi dell’azienda agricola di famiglia ci è nata e, grazie ai rapporti di papà Carlo, è cresciuta tra grandi ristoratori e chef di tutto rispetto che si sono sempre riforniti a San Pietro a Pettine del prezioso fungo ipogeo, ritenuto tra i più pregiati dell’Umbria. Ma prima che arrivasse “la chiamata”, Alice ha percorso altre strade.
L’Accademia d’Arte, con un particolare interesse per la pittura e la fotografia, gli studi letterari e un corso in letteratura creativa, tanta lettura, in altre parole, come tanti giovani anche la chef ha cercato cosa voleva fare “da grande”. Ma la risposta era lì, sotto i suoi occhi, a San Pietro a Pettine.
<<Rispetto a tanti colleghi, sono stata fortunata – racconta -, perché ho avuto modo di sviluppare i miei interessi, tanto è vero che sono entrata in cucina tardi secondo i canoni che appartengono a questo mestiere che dà tanto ma toglie anche tanto: avevo 25 anni. Eppure, dentro di me sentivo che proprio la cucina era il giusto contenitore di tutto ciò che amavo: arte, creatività, estrosità, ricerca e anche praticità. E questo l’ho capito quando mio padre ha iniziato a ristrutturare parte della tenuta per farne un ristorante>>.
Così, Alice decide di partire per frequentare degli stage con Marco Gubbiotti presso Cucinaa a Foligno, Fulvio Pierangelini al Le Jardin de Russie a Roma e con Jamie Oliver a Londra, quest’ ultima esperienza è stata quella che l’ha segnata nel profondo. Una cucina che definisce “marziale”, pervasa da un forte spirito cameratesco che le ha insegnato cosa significa fare squadra per raggiungere un unico obiettivo, costi quel che costi.
<<Quando sono tornata non avevo ancora un’idea precisa di cosa volessi che fosse la mia cucina – non amo programmare perché dentro resto sempre un’artista – però sapevo esattamente una cosa: non doveva essere una cucina estremizzata. Quando si perde di vista il fine ultimo, cioè il nutrimento inteso anche come accoglienza e calore per mettere al centro l’ego dello chef, la cucina va contro sé stessa e diventa teatro. La cucina che nutre, invece, vale a prescindere da chi la fa. Inoltre, in un momento storico come il nostro dove la sostenibilità deve essere messa al centro di qualunque attività, non ci si può permettere lo spreco. Penso ad esempio allo spreco di tempo del personale impegnato in una sala ingessata da riti che lasciano il tempo che trovano, oppure a quello della materia prima per ottenere certi risultati nel piatto. La sala deve essere innanzitutto accogliente, fermo restando l’educazione del personale, non deve trasmettere una sensazione di freddo molto simile all’imbarazzo, quella per intenderci che provavo io quando con mio padre giravamo per alcuni ristoranti blasonati, la prima sensazione che mi viene in mente è quella della chiusura di stomaco. La cucina, come nell’arte deve parlare di sé, la nostra è ispirata alla tradizione nel senso più vero, concreto e leggibile>>.
A San Pietro a Pettine si mangia in tartufaia – il ristorante è nato con questo scopo-, ciò non significa che il tartufo sia l’unico protagonista, anzi.
Alice lo propone nelle sue mille sfaccettature: alcuni piatti, come i primi, sono costruiti in suo onore, in altri è trattato come un valore aggiunto che serve ad esaltare il gusto dell’ingrediente principale. Protagonista e antagonista, dunque.
La tenuta offre anche la possibilità di partecipare alla caccia al tartufo, guidati da Bruno, esperto cavatore e memoria storica dell’azienda, insieme ai suoi amati cani, sia nella tartufaia privata che in montagna. Qui è possibile trovare tutte le varietà del prezioso fungo: bianco, scorzone, nero pregiato, uncinato e questo è il periodo migliore, spiega la chef, perché è il tempo del bianco e del nero pregiato. L’esperienza si conclude sempre con un brunch sull’aia che prevede la degustazione del bottino.
All’interno della tenuta è custodita, dopo attento restauro a cura della famiglia Caporicci, una delle chiese rurali più suggestive e architettonicamente affascinanti della Valle dell’Umbria Sud. Novecento anni di storia come testimoniato da antichi documenti con la dicitura San Pietro a Pettine, appunto, dallo schema essenziale nel rispetto dei prototipi della Porziuncola di Assisi, non è un caso che qui era solito sostare San Francesco in occasione dei suoi viaggia Roma.
La struttura prevede anche la possibilità di soggiorno: tre camere e un appartamento, recentemente ristrutturate, offrono agli ospiti la possibilità di vivere un’esperienza immersiva in una terra dalla bellezza ancestrale.
Dal menù di Alice Caporicci
Partiamo da Le Luje, il menù degustazione che è un po’ il manifesto del pensiero di Alice. “Luje” è un termine antichissimo che significa scintille, quelle che produce la legna leggera e che riporta immediatamente al concetto di casa, inteso come guscio caldo nel quale rifugiarsi per immergersi in sensazioni che appartengono all’io più profondo. Si parte con il coniglio erbe di campo, funghi e more e con l’anguilla, latticello e tartufo uncinato, e questo è un caso in cui il tartufo fa da spalla al pesce di fiume.
Discorso diverso per i primi.
<<La pasta è il piatto più esplicativo della nostra cucina precisa Alice-, è quello con cui mi esprimo più facilmente, è il “caldo” che segue il “freddo” degli antipasti. In genere i miei menù sono incentrati proprio su questo elemento, il più appagante della cucina italiana. E in questo caso è il tartufo ad essere protagonista. Ad esempio, i frascarelli, un’antichissima ricetta umbra che si ottiene spruzzando l’uovo sulla farina distesa sulla spianatoia con dei sottili rametti che da noi si chiamano “frasche”. I nodini di pasta e uovo che si ottengono vengono lessati e conditi con burro acido e tartufo bianco. Il piatto nasce con l’intento di offrire una versione originale di pasta con il tartufo che non sia il solito tagliolino>>.
Sontuosi i Princisgrass, cannelloni al forno ripieni di fegatini di pollo, tartufo nero, topinambur e serviti con una delicata salsa Mornay.
E a proposito di frattaglie non manca mai il mazzafegato, una salsiccia ripiena di fegato di maiale ingentilita da fiori eduli secchi, compresi quelli del finocchio selvatico e il paté di fegatini aromatizzati con la buccia di limone.
La carne, come in tutta la cucina umbra, riveste un ruolo importantissimo.
L’immancabile Grigliata di maiale prevede la costina con cacomela mostardato, il mazzafegato con l’uva, la porcaccia (bistecca di collo) in oleocottura, grigliata, affumicata e servita con cavolfiore e kiwi.
Il piccione, altro protagonista della cucina umbra, viene intrepretato con arancia e vaniglia: un abbinamento geniale. La coscetta è cotta in padella, mentre il petto è servito con la straordinaria cipolla di Cannara, fiore all’occhiello delle eccellenze del territorio.
Non solo carne: Alice da due anni a questa parte ha riscoperto ed investe sul vegetale.
<<È un alimento buono e divertente – spiega -. Mi piace definirlo “pieno”, con profondità davvero notevoli che si ottengono dalle estrazioni, dai fondi, dalle tostature che tirano fuori sapori e profumi straordinari. Credo che anche in Umbria un secondo vegetariano può valere tanto quanto un secondo di carne>>.
E lo dimostra con il suo Sedano rapa alla Wellington al tartufo bianco.
Ovviamente la norcineria è tra le migliori della regione, mentre i formaggi quasi esclusivamente di pecora, come la caciotta ed il pecorino, sono affinati in azienda.
Anche i dessert sono fortemente legati alla tradizione, perlopiù dolci da forno dove sono immancabili l’uvetta, la frutta secca, le mele e l’alchermes. Alice si augura che proprio questo tipo di pasticceria che parte dal cuore delle zone interne venga sempre valorizzata.
Sempre presente l’antichissima Rocciata umbra e il Lingotto di nocciola, gianduia e tartufo nero, quest’ultimo “antagonista”, ma in perfetto equilibrio con il resto degli ingredienti.
Un racconto, quello di Alice, affidato ai piatti che parlano della grande sensibilità della giovane chef, che cucina in perfetta armonia con la natura, tenendo ben presenti i valori trasmessi da Carlo Caporicci, che è stato e resta il suo supereroe.
Bisogna solo essere liberi e disponibili per ascoltare il suo racconto, lei è sicuramente brava a permetterlo.
La Cucina di San Pietro a Pettine
Località San Pietro a Pettine
Trevi
Telefono 334 536 3028
Aperto a cena, la domenica anche a pranzo.
Chiuso martedì e mercoledì
1-Catia Corbelli,l’ostessa di Mormanno
2-Alessandra Civilla, la prima donna di Lecce
3-Angela Mazzaccaro, la regina dei fusilli di Felitto
4-Angelina Ceriello, I Curti di Sant’Anastasia
5-Stefania Di Pasquo, Locanda Mammi ad Agnone
6-Giovanna Voria, Corbella a Cicerale
7-Caterina Ursino dell’Officina del Gusto a Messina
8-Maria Rina, Il Ghiottone di Policastro
9-Mamma Rita della Pizzeria Elite ad Alivignano
10-Valeria Piccini, Da Caino a Montemerano
11-Mamma Filomena: l’anima de Lo Stuzzichino a Sant’Agata sui Due Golfi
12-L’uomo cucina, la donna nutre – a Paternopoli Valentina Martone, la signora dell’orto del Megaron
13- La vera storia di Assunta Pacifico del ristorante ‘A Figlia d’ ‘o Marenaro
14 -Veronica Schiera: la paladina de Le Angeliche a Palermo
15 – Laila Gramaglia, la lady di ferro del ristorante President a Pompei
16- L’uomo cucina, la donna nutre – 16 Michelina Fischetti: il ponte tra passato e futuro di Oasis Sapori- Antichi a Vallesaccarda
17 Bianca Mucciolo de La Rosa Bianca ad Aquara
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