di Francesco Raguni
Nella provincia di Catania, tendenzialmente durante le festività natalizie, ma occasionalmente anche durante il periodo invernale, vi è un piatto principe della tavola: la scacciata. Si tratta di una “torta” salata realizzata con un impasto d’acqua, farina, sale, lievito di birra e olio extra vergine d’oliva. Nelle case delle nonne e in quelle dei più rispettosi della tradizione, l’impasto viene fatto lievitare in una grande ciotola avvolta da una coperta di lana. Il suo interno può essere condito in diversi modi. Alcuni la riempiono con formaggio pepato, broccoli e salsiccia, altri invece si limitano alle sole verdure; infatti, può esser ripiena pure di spinaci, bieta o patate. Altri ancora la propongono con un formaggio tipico della regione, la “tuma” (termine con cui tecnicamente si indica un determinato grado di stagionatura del pecorino) e le acciughe; se ne possono trovare pure versioni più light, ripiene di prosciutto e mozzarella. La cottura viene eseguita in forno; di solito ha una forma o rettangolare o circolare. Al taglio, la scacciata sprigiona un profumo capace di colmare ogni stanza della casa. Fragrante in una maniera unica, può essere consumata o calda, appena sfornata, o il giorno dopo, leggermente riscaldata. Se dovesse capitarvi di chiedere a qualche catanese come la preferisce, qualcuno potrebbe rispondervi – in dialetto – che il giorno dopo ha un sapore migliore.
La scacciata è un piatto le cui origini documentate risalgono al XVII secolo; tuttavia, si presume che già prima si preparasse un qualcosa di simile. Si tratta di un piatto povero, tipico della tradizione contadina sicula. Inizialmente, infatti, si presentava come una portata a base di pane e verdure (patate, cipolle, biete, broccoli, ecc.). Alcuni (probabilmente più benestanti) vi inserivano anche la carne. Per alcuni ciò potrebbe esser frutto dell’incontro tra la cultura culinaria dell’isola e la tradizione saracena, per cui si era soliti mangiare carne tagliata molto finemente dentro un involucro di pane. Inoltre, la scacciata non nasce come portata tipica del Natale. Infatti, lo diventa nel 1763, quando il principe di Paternò, Giovanni Luigi Moncada, la ordina come pietanza principale per la tavola di quel 25 dicembre.
In dialetto siciliano, comunque, si presenta anche un altro nome: ’mpanata. Si tratta di una parola che ricorda le empanadas, piatto della tradizione spagnola, oggi molto diffuso anche in Sud America. Con questo nome vengono chiamate nella zona del siracusano e del nisseno. Di questa parola si trova traccia persino nel Don Chisciotte di Cervantes. Nella zona del ragusano, invece, presentano una forma più piccola e vengono chiamate “Scacce” e al loro interno si può trovare anche la salsa di pomodoro.
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