di Enrico Malgi
Non dovrei dirlo per non attirarmi poi gli strali da parte di altrettanti bravi e giovani chef cilentani che pur apprezzo molto, ma devo confessare che ho un debole per Davide Mea e la sua cucina di mare. E’ un ragazzo che seguo quasi dall’inizio del suo percorso e, quindi, conosco bene il suo spiccato talento, confermato a più riprese, ed i suoi esponenziali e tangibili progressi registrati nel corso degli anni.
Penalizzato dal minuscolo locale e dell’angusta cucina in cui è costretto ad operare (una ventina di coperti all’interno ed il doppio fuori nella bella stagione), collocato proprio di fronte all’affollato porto turistico di Marina di Camerota, Davide sorprende sempre con nuove proposte, che conquistano l’approvazione di tutti. Difficilmente, infatti, mi è capitato di avere riscontrato le stesse pietanze assaggiate in precedenza, a parte qualche suo storico caposaldo. Davide è fatto così: ha un bisogno assoluto di inventare sempre cose nuove e lasciare libero spazio alla sua irrefrenabile fantasia, proponendo un menù diverso, ma sempre molto valido, ogni qualvolta vado a trovarlo.
Puntuale come è successo anche nella mia ultima visita in cui mi ha preparato dei piatti di stupefacente bontà, a conferma di un giovane ormai giunto a piena maturazione, ma che si dimostra sempre umile, semplice ed affabile nei modi e che non si scoraggia mai di fronte alle avversità. Un coraggio che dimostra anche quando caparbiamente apre il suo locale ai pochi turisti di passaggio nelle fredde serate d’inverno. Perché Davide è soprattutto un “passionario” innamorato follemente del suo territorio e del lavoro che fa e, senza alcun narcisismo, anche della sua cucina d’autore da fare assaggiare a chiunque abbia la fortuna di incontrarlo. A completare il quadro ecco poi la bella cornice rappresentata dalla moglie Assunta Rispoli, che serve ai tavoli con gentilezza, grande sorriso ed alta professionalità. Una coppia perfetta, quindi, che si completa a vicenda.
Cucina di mare e di territorio, si diceva, è così è veramente perché le acque di Camerota e dintorni sono generosamente pescose, limpide e pure. I pesci, a cominciare dalle alici di menaica, sembrano felici di vivere qui e si prestano docilmente a collaborare. Senza dimenticare, poi, il retroterra delle colline cilentane, che è prodigo di sani prodotti dell’orto, di vino, olio e latticini di qualità.
Stando così le premesse, è facile intuire che anche stavolta sono stato molto fortunato ad assaggiare i piatti di Davide.
Stuzzicante e sfiziosa la prima portata d’entrata: Alici di menaica con burro di montagna spalmato su fettine di pane leggermente tostato. Buona la sapidità e la croccantezza, che contrastano la morbida grassezza del burro.
Da applausi il piatto successivo: Fagioli di Controne, cozze e seppia scottata. Acidità, sostanza, consistenza, sapidità, delicatezza e voluttà si incontrano per la gioia delle papille gustative.
E che dire poi del piatto successivo, che fa salivare soltanto a guardarlo? Alici ripiene come una volta, deliscate e poi confezionate con pomodoro, cacioricotta di capra di Adolfo Valiante Cicco Buono e uova fresche. Un piatto che si potrebbe definire povero, semplice, ma gustoso, acido e coreografico, che le massaie cilentane preparano spesso nelle loro case, con qualche variante.
Da manuale poi lo Spaghettone Gerardo Di Nola con alici di menaica (siamo sempre lì) e stracciata di mozzarella nella mortella. Piatto godurioso, centrato, accattivante e scioglievole in bocca.
Ecco arrivare poi un classico ed intramontabile piatto, vanto della cucina di Davide: Lagane, ceci e totani. Una preparazione di spessore, molto bene assemblata, per un’equilibrata consistenza di sapori.
Da leccarsi i baffi la Zuppetta camerotana con cernia, gamberi e maracucciata. Un piatto che parla del territorio cilentano e che arriva fino al cuore. La maracucciata è il simbolo stesso del territorio di Camerota. E’ fatta con il maracuoccio, un minimale, raro ed arcaico legume simile alla cicerchia che è stato riscoperto e rilanciato a Lentiscosa non molto tempo fa e che poi è diventato Presidio Slow Food.
Si chiude con dolci gradevoli e golosi: il Babà con crema e con amarene ed un cannolo scomposto.
La carta dei vini è abbastanza ricca e da cui ho attinto sei preziose etichette: Champagne Brut Reseve Francis Orban; Sauvignon Villa Parens Ruttars; Grechetto Poggio della Costa 2016 di Sergio Mottura; Costa d’Amalfi Fiorduva 2009 Marisa Cuomo; Pinot nero Villa Parens Ruttars; Passito da Aglianico della Basilicata.
Anche stavolta Davide, che conserva gelosamente nel cassetto una laurea in Economia e Turismo, ha fatto centro e non si è smentito, proponendo una cena esemplare e lineare. La sua cifra stilistica è frutto di un’ottima materia prima tutta territoriale, che riesce a valorizzare appieno. Una cucina di ricerca, sempre estremamente pulita, equilibrata, duttile, leggera, essenziale, bene assemblata e senza rinunciare mai al piacere del gusto, dimostrando ancora una volta creatività, talento e capacità. Posso garantire che andare alla Taverna del Mozzo suscita sempre una forte emozione. Andateci, quindi, e non vene pentirete.
Taverna del Mozzo
Via Lungomare Trieste, 95 – Marina di Camerota (Sa)
Tel. 0974 932774
Aperto a pranzo e cena. Chiuso il martedì
Prezzi convenienti
Per i pochi posti disponibili è preferibile sempre prenotare in anticipo
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