La cazzata del giorno. A Napoli ingresso vietato ai leghisti in alcuni locali: non tutto quello che sforna Gino Sorbillo è buono

Pubblicato in: La cazzata del giorno

Gino Sorbillo ha sfornato una pizza sbagliata.
Mai avrei immaginato, appena quindici anni fa, nella società globalizzata e internettiana, di vivere il nuovo Medioevo del sospetto per il colore, il credo e, in sostanza, per la diversità

 

 

 

 

Invece alla mitica cazzata del ristoratore veneto che espose il cartello contro il burqa pur non essendo mai entrata alcuna donna islamica nel suo locale, a Napoli alcuni ristoratori rispondono con una iniziativa altrettanto idiota.

Capiamo che conta fare rumore per ottenere spazio sui media, ma francamente a tutto ci dovrebbe essere un limite.

Una cosa è l’ironia partenopea, altra è la rabbia motivata. Invece di attribuire agli altri la responsabilità del peggioramento della qualità della vita, molti farebbero bene a ripensare autocriticamente alle scelte che hanno fatto.

In fondo in fondo, fu la cenere dei luoghi comuni a scatenare l’Inferno nella vicina Jugoslavia.

Da brivido.
Dall’ironia alla rabbia: così non va.

Allarme esagerato? Forse solo una trovata pubblicitaria? Probabilmente sì e certamente sì. Ma non mi piace.

Non mi piace questa mancanza di curiosità in chi è giovane. Napoli è sempre stata la città più aperta e tollerante d’Europa: non ha bisogno di imitare altri modelli ottusi. Esporre un cartello in pizzeria contro i leghisti significa mettersi al livello di quel ristoratore veneto che ha vietato l’ingresso al burqa non abitando alcun musulmano nel suo paesino.
Parlano male di noi? Benissimo!| Del resto sono secoli che tutti lo fanno, ma noi restiamo gli altri passano. Un motivo ci sarà

Gino, chesta è ‘na strunzata.

Gli insulti lasciali agli altri: è il miglior modo di vincere.

A Bossi manda la bella pizza verde, una risata lo seppellirà.

Ecco l’articolo di oggi sul Mattino (per fortuna non tutti sono d’accordo)
Brandi si dissocia: quando Bossi cantò Maruzzella

 Parte da Napoli l’offensiva contro le invettive padane. «Dopo gli ultimi insulti contro i napoletani non sono più graditi i leghisti in questo locale. Firmato: La Direzione». Con questa «comunicazione discriminatoria» alcune pizzerie e locali napoletani hanno accolto turisti «stupiti» e normali avventori «positivamente meravigliati» per il gesto, in fondo, «molto sentito da chi ama questa città». «Siamo stanchi di subire cori contro i napoletani, come accaduto a Pontida, insulti e volgarità dai leghisti che non ci fanno più ridere», spiegano l’ex assessore provinciale e commissario campano dei Verdi Francesco Emilio Borrelli e il titolare di «Napolimania» Enrico Durazzo, promotori dell’iniziativa. «Ha ragione il presidente della Camera Gianfranco Fini quando dice che la Padania non esiste e che i leghisti minano l’unità nazionale», sottolineano Borrelli e Durazzo i quali evidenziano: «Meno male che almeno lui ci difende. L’unica cosa che possiamo fare noi napoletani è reagire con forza contro i barbari leghisti». «Oggi tanti turisti del nord – dice a tal proposito Gino Sorbillo, titolare della pizzeria Sorbillo ai Tribunali, tra i locali che hanno esposto il cartello – ci hanno abbracciato e fatto i complimenti, addirittura qualcuno ci ha detto che affiggerà il cartellone nel suo comune in Piemonte e in Lombardia». Altri, riferisce ancora Sorbillo, «ci hanno chiesto scusa e poi sottolineato che non tutti gli abitanti del Nord la pensano in quel modo e si esprimono come i leghisti». «Di certo la Padania non esiste – concludono Borrelli e Durazzo – ma Napoli, invece, esiste anche se tentano di farla scomparire dall’agenda politica con tutto il Mezzogiorno».
L’iniziativa scatena però un dibattito tra i ristoratori napoletani che si dividono sull’opportunità o meno di polemizzare con gli esponenti del Carroccio. Paolo Pagnani, titolare della storica pizzeria Brandi, è scettico: «Non abbiamo aderito alla protesta perché siamo convinti che non sia il caso di abbassarsi a un livello tale, simile a quello dei provocatori – spiega – In ogni caso credo che si debba dare un esempio di civiltà, evitando slogan da stadio o creando una competizione che non appartiene alla nostra cultura». «Nel 1999 da noi venne Umberto Bossi – racconta – Si trovava a Napoli insieme con Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini e Rocco Buttiglione in occasione della prima assemblea di Alleanza nazionale in città. Fuori il leader della Lega Nord veniva contestato dai napoletani, ma noi gli abbiamo offerto la margherita. Quindi, in realtà, ha mangiato un tricolore. E cantò anche Maruzzella».

 


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