di Giustino Catalano
E’ di questi giorni il riecheggiare della notizia che la carne rossa, ed in particolar modo la carne (rossa e non) trattata (ossia trasformata) sia cancerogena. Il particolar modo sarebbero esposti a tale rischio tutti coloro i quali consumano 50 gr. di carne al giorno (ossia 350 gr. a settimana, kg.1,400 al mese, 18 kg. Annui).
Al di sotto di tale limite non ci è dato di sapere se il rischio sia ridotto o inestistente.
Presa tal quale la notizia non ha nulla di particolarmente nuovo visto che non esiste in natura un alimento del quale se se ne abusa non ne derivino conseguenze, siano esse di scarso rilievo (es. un abuso di prugne e il consequenziale effetto noto a tutti) o nefaste.
Si pensi che nel secolo scorso, nelle regioni del nord est si moriva di “pellagra” a causa di un alimentazione basata esclusivamente sul consumo dell’innocua farina di mais (leggasi polenta).
A dare particolare credito alla notizia la sua autorevolissima fonte. Lo IARC (International Agency of Research on Cancer) attraverso l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha infatti pubblicato il resoconto dei risultati di 800 studi condotti da numerosissimi centri studi oncologici riconosciuti del pianeta dai quali sono emersi i dati che hanno generato il documento che per utilità riporto qui.
Da questo spunto nessun giornalista si è esonerato dal dare spazio alla notizia conferendole la maggior enfasi possibile. Così quella che era l’essenza del documento è divenuta una certezza assoluta. La carne rossa provoca il cancro e se è trasformata lo provoca magari ancora di più!
Personalmente, però, non cadrò nella trappola della carne cancerogena tout court, e ciò per vari motivi.
Lo studio quando parla delle carni lavorate non ci dice di che lavorati si tratta (parrebbe dalla vaghezza della dicitura che vi dovrebbero rientrare anche altre tipologie di carni che subiscono il processo di trasformazione e quindi anche le carni bianche. Si pensi ai wurstel di pollo).
A leggerlo così come è, una salsiccia artigianale (ingredienti: carne, sale, pepe e aria) sarebbe uguale ad una industriale (elenco spaventoso di ingredienti con aggiunta di caseine, destrosio, antiossidanti, ecc).
Lo studio inserisce la carne trasformata all’interno del 1° gruppo (della quale fanno parte 117 agenti classificati cancerogeni), mentre la carne rossa tal quale nel gruppo 2A.
Nel secondo gruppo (diviso in 2A e 2B a seconda della graduazione di pericolosità) composto dalle sostanze che non si è certi siano cancerogene per mancanza di riscontri compare nel gruppo 2A il DDT, mentre nel 2B altri prodotti come il caffè, il ginko biloba, l’estratto di aloe vera o addirittura fare il pompiere!
Ma come sono divisi questi gruppi? E soprattutto in base a quale logica esprimono i propri risultati?
Cominciamo con il dire che ogni gruppo ha una sua classificazione e prego tutti di prestare attenzione all’uso delle parole adoperate (tra parentesi il numero di agenti inseriti):
- Cancergogeno per gli umani (117)
- Probabilmente cancerogeno per gli umani (74) – diviso in 2A e 2B
- Con possibilità di essere cancerogeno per gli umani (287)
- Non classificabile cancerogeno per gli umani (503)
- Probabilmente non cancerogeno per gli umani (1)
Ora se analizziamo cosa c’è nei singoli gruppi e le parole adoperate comprenderemo di certo che si parla in maniera relativa e non assoluta.
Porterò un esempio per spiegarmi meglio.
Se paragoniamo due popolazioni tra loro (esempio tedeschi e marocchini) e verifichiamo i risultati dello studio in merito ai consumi ne trarremo un dato percentuale relativo all’insorgenza di alcuni tumori legati al consumo di carni trasformate.
Ma questo dato sarà relativo e non assoluto, ossia sarà in relazione ai campioni presi in esame. Per farla più semplice un po’ come il famoso criterio statistico per il quale io e Pinco Pallo mangiamo statisticamente mezzo pollo a testa. Poco importa poi se io non ne mangio proprio e Pinco Pallo ne mangia uno!
La relatività è, quindi, un criterio che non ha assolutezza nella sua veridicità ma solo un’approssimazione, peraltro nemmeno molto affidabile.
E che sia così è dimostrato anche dallo stesso documento esplicativo dello IARC costituito da una sorta di “domande e risposte esplicative” nel quale a pagina 3 si legge che “il consumo di carne sarebbe responsabile di 50.000 decessi annui certi legati al consumo di carne come alimento principale della dieta”.
Al rigo successivo lo stesso IARC soggiunge: “questo numero contrasta con 1 milione di morti annui per cancro a causa del tabacco, 600.000 per il consumo di alcolici e 200.000 per l’inquinamento dell’aria.
Ricordo a tutti che siamo 8 miliardi di individui e che le morti mondiali per incidente stradale sono mediamente 120.000 ossia più del doppio di quelle legate al dato RELATIVO (quello degli incidenti è assoluto!) sul consumo di carne!
In più mi permetto di far notare due altri aspetti proprio di questi ultimi due anni, uno dei quali tornato alla ribalta pochi giorni orsono.
Non esiste uno studio di nessuna di queste organizzazioni e centri ricerca sugli effetti sulla salute legati al consumo degli additivi alimentari sommati tra loro (in alcune preparazioni se ne usano numerosissimi, anche se nei limiti imposti dalla Legge) e, che, in Commissione Europea giorni fa è ripassata la normativa che prevede l’introduzione nella Comunità dei cosiddetti nuovi cibi (insetti) e delle nanotecnologie alimentari (tra le quali la carne riprodotta in laboratorio, nuovi additivi, ecc.).
Saranno coincidenze ma ricordo a molti che se si dovranno consumare insetti, giusto per fare un esempio, ci saranno delle società che dovranno provvedere in base a determinate normative al loro allevamento, trattamento, lavorazione, ecc.. Pari discorso per i cibi nanotecnologici, carne in testa. Un nuovo business di certo e di proporzioni planetarie.
Detto ciò, siccome non credo che la carne sia più dannosa del DDT o dannosa quanto questo (e sfido chiunque a dimostrarmi il contrario), valuto lo studio solo per l’indicazione sui consumi e solo ed esclusivamente per carni e lavorati di allevamento intensivo o manifattura industriale precisando però che anche nel settore industriale esistono delle differenze macroscopiche che determinano una scarsa attendibilità in maniera assoluta dello studio.
In Europa in 1 mq di allevamento ci possono stare massimo 9 galline (troppe!), negli Usa 23. In Europa è fatto divieto di dare ormoni ai maiali, negli USA è consentito dalla Legge. Negli USA si possono lavare i polli con il cloro in Europa no. Nel mentre aleggia nell’aria lo spettro del Ttip, il Trattato Unione – USA in base al quale tante scelte logiche e apprezzabili dell’Unione potrebbero definitivamente soccombere.
Insomma, per farla breve, io credo che la carne cancerogena sia l’ultimo dei problemi reali e non è un problema nei termini in cui ne avete letto.
E non ho detto che la carne fa bene…ma nemmeno ha mai ammazzato nessuno. E’ la dose che fa il veleno. Per il resto tirate voi le somme.
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