Il cibo è memoria, qualcosa ci piace semplicemente perché ci ricorda qualcosa del passato. Era il tempo delle comitive con i motorini, quattordicenni su Ciao, Boxer e Vespa 50 della Piaggio (con collettore della 90), Morini 50 e Gilera, le prime uscite di ragazzi e ragazze. Ci ritirava all’imbrunire, ma spesso era obbligatorio fermarsi da Carminuccio a Mariconda, un quartiere allora periferico di Salerno.
Qui si ordinava la Carminuccio, in pratica una cosacca a cui er astata aggiunta la pancetta e un po’ di peperoncino. Lo scorso anno per ricordare il primo anniversario della scomparsa del pizzaiolo che la inventò, abbiamo organizzato una Carminuccio Week a Salerno perchè molti pizzaioli, in suo onore, la propongono con orgoglio.
Lo stesso orgoglio che due giovani salernitani, compagni di banco a scuola, oggi la tengono in carta nel locale più cult del momento, la Pizzeria Confine.
Il cibo viaggia con chi emigra. Spesso alcuni, pensando di integrarsi, nascondo le loro usanze. Io li schifo. Perchè c’è un modo moderno, non nostalgico di conservarle, esibirle e andare avanti con l’orgoglio di avere qualcosa di proprio da proporre. E’ in questo modo che si integra meglio nelle nuove realtà.
Oggi la Carminuccio non si mangia in piedi più usando le sedie dei motorini come tavoli scottandosi le mani dopo averla piegata a portafoglio come facevamo da ragazzi. Si mangia in tante bellissime pizzerie, compresa la Carminuccio dove il genero sta portando avanti la tradizione alla grande con il sostegno di tutta la famiglia.
E si mangia anche lontano, a Milano, in un locale alla moda con vini di pregio.
Milano vicino l’Europa, la città che accoglie il buono ma dove devi essere all’altezza delle aspettative. Come i due ex compagni di banco riescono a fare.
Ieri sera l’abbiamo mangiata. Il degustazione? No grazie, voglio rivivere gli anni più belli di una vota che scorre maledettamente in fretta.
Anche queste sono storie di cibo, storie di pizza.
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