MASSERIA FRATTASI
Uva: aglianico amaro appassito
Fascia di prezzo: oltre 50 euro in enoteca
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
VISTA 5/5 – NASO 24/30 – PALATO 25/30 – NON OMOLOGAZIONE 29/35
Dunque, facciamo un po’ il punto della situazione. Se mi ricordo bene in Italia abbiamo l’Amarone della Valpolicella nel Veneto, lo Sforzato o Sfursat valtellinese e il Sagrantino umbro. Questi sono i soli tre vini rossi secchi che si producevano in Italia fino a pochi anni fa, derivanti da uve appassite parzialmente sulla pianta e, soprattutto, in fruttaio. A dire il vero, l’Amarone ha un omologo dolce che si chiama Recioto e pure il Sagrantino ha una versione dolciastra. Adesso, comunque, a questi vini bisogna aggiungere anche il Kapnios beneventano, prodotto dall’azienda Masseria Frattasi di Montesarchio con uve Aglianico Amaro del Taburno prefillossera appassite. Un vino raro, introvabile e speciale, prodotto soltanto in alcune annate molto favorevoli.
Questa azienda, oggi retta dai fratelli Pasquale e Mauro Clemente, ha alle spalle una storia antica e ricca di avvenimenti. A cominciare dalla sede aziendale ubicata in una vecchia masseria ristrutturata del 1179 nel comune di Montesarchio. I Clemente discendono dalla famiglia Cecere, la quale già dal lontano 1576 coltivava le uve in questa zona, così com’è attestato dai registri conservati nel Palazzo d’Avalos a Napoli. Intorno al 1950 l’allora titolare della Masseria, don Antonio Cecere (nonno materno dei due fratelli Clemente),
ha avuto il merito di salvare dall’oblìo la Falanghina in questo territorio, dove sopravvisse soltanto ai piedi del Taburno, tra Montesarchio e Bonea.
Tanto è vero che questa cultivar è chiamata proprio “Falanghina di Bonea”, per distinguerla da altri tipi territoriali. E’ allevata ancora a piedefranco ed in più le primitive marze sono emigrate proprio da qui, per essere utilizzate in tutta la Campania. Emblemi di questa produzione sono le due bottiglie denominate “Bonea”, con uve raccolte progressivamente fino ad ottobre inoltrato e, soprattutto, “Donnalaura Riserva” con le uve botritizzate raccolte nel mese di dicembre. In più, qui si pratica una coltivazione tutta con metodo biologico certificato.
Il Kapnios, che in lingua greca vuol dire affumicato e nell’antichità era già un vino citato da Platone e Plinio il Vecchio, viene vinificato soltanto in poche e fortunate annate, in cui l’Aglianico Amaro, dopo aver passato tutti gli esami, è ritenuto idoneo. Il millesimo 2003 è stato prodotto con appena 4.500 bottiglie. La forma di allevamento del vitigno è a raggiera, con storiche e vecchie piante che crescono su un terreno ricco di rocce sedimentate di dolomie, calcare e marne. Le uve vengono vendemmiate a mano già surmature a fine novembre e poi lasciate appassire per tre mesi in fruttaio all’aperto (per evitare le sgradevoli muffe dei locali ad aria condizionata), appese su fili di nylon. Dopo esse vengono pigiate e fermentate in parte in acciaio, con macerazione pellicolare per trenta giorni a temperatura controllata. L’affinamento avviene in barriques nuove di rovere francese di Allier, Nevers e Vosges a tostatura forte e media per oltre tre anni. Poi il vino riposa ancora altri dodici mesi in bottiglia nella nuova cantina interrata di oltre 1.000 metri quadrati, con umidità e temperatura costanti durante tutto l’arco dell’anno. La gradazione alcolica tocca i 14°.
Il colore di questo vino è un impenetrabile rosso cupo, con lampeggianti riflessi granata. Appena aperta la bottiglia bisogna aspettare alcuni minuti prima che si sveli al naso un bouquet ampio e avvolgente, con sentori inebrianti di frutta rossa matura e di sottobosco, come la prugna, le more e i lamponi, accompagnati da note balsamiche, eteree e di fiori rossi appassiti, marasche e ciliegie sotto spirito. E poi aromi terziari che evidenziano, boisé, tabacco, goudron e spezie. In bocca la notevole nota calda, data dall’alcol, e l’intensa struttura tannica sono bilanciate da un’ottima acidità, che rinfresca il palato. E’ potente, vellutato, succoso, persistente ed elegante. Il finale è appagante e richiama le primitive sensazioni fruttate. Un vino, quindi, tipo Amarone di Dal Forno o Quintarelli, completo, armonico e strutturato, perfetto da abbinare ad una cucina ricca e sostanziosa, come la cacciagione da pelo, stinco di maiale, grigliate di carni e formaggi stagionati. Pur essendo un vino già fondu, se si riesce a resistere al desiderio di berlo subito, conviene comprarlo adesso (vista la poca disponibilità di bottiglie in commercio) e lasciarlo beatamente riposare in cantina ancora per altri cinque o sei anni, perché è ancora charpenté. Ne vale veramente la pena, credetemi.
Enrico Malgi
Sede a Montesarchio (BN) – Via Torre di Varoni, 15 – Tel. 0824/834392 – www.masseriafrattasi.it – Enologo: Renato Ciaramella – Ettari di proprietà: 6, più 4 in gestione. Bottiglie prodotte: 50.000 – Vitigni: aglianico, falanghina e moscato.
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