di Ugo Marchionne
Premessa
Gli ultimi mesi per il Jap-One, uno dei ristoranti giapponesi più noti, se non il più noto a Napoli, sono stati alquanto movimentati. L’uscita dal progetto del maestro Ignacio Hidemasa Ito seguita dall’annuncio della nuova sede a Via Calabritto. L’interrogativo ovemai ve ne fosse stato qualcuno riguardava la delicata gestione di un momento quantomeno di transizione.
Difficoltà affrontate in questo periodo Post-Rivoluzionario ve ne sono state, questo è innegabile, ma il Jap-One è riuscito a trasformarle in occasioni di crescita e di evoluzione. Una squadra di sala e cucina finalmente libera di esprimersi attraverso la gioia gastronomica e del servizio, corroborata dalla gioventù, finalmente priva di barriere imposte. Il riscontro di pubblico rimane sempre costante ed innegabile così come appare notevolmente in crescita il livello delle materie prime e dei piatti proposti. Il mio è stato sicuramente un banco di prova rispetto alle novità che saranno in carta in quel di Via Calabritto 7, la nuova casa del Jap-One.
La forza di questo momento per il Jap-One è stata la volontà del patron Roberto Goretti di voler dar fiducia ai ragazzi che ha cresciuto per anni dietro le quinte. Gaetano Mosca al Sushi e Aurelio Santoro ai caldi. Un’iniezione di fiducia che sa di adrenalina. E il cerchio si chiude. Tanta Napoli ora alla regia del Jap-One che continua a macinare consenso, piatto dopo piatto. L’esuberanza di Aurelio dietro le stufe è tanta e i suoi piatti lasciano trasparire un’incontrollata voglia di fare. Gaetano Mosca invece regala grandi prestazioni dietro una timidezza che nasconde una mano già saputa. La linea dei crudi grazie a lui adesso è più trattenuta, meno stucchevole, sempre caratterizzata dal Barocco in stile Jap-One, ma che adesso evoca più concretezza. Le singole componenti vivono massimo di due o tre aromi per materia prima selezionata.
Il riso del Post-Ignacio Ito è sicuramente meno aromatico, meno profondo, la consistenza plastica però è quella giusta, cosi come il punto di cottura.
La prima sequenza è assolutamente degna di nota. Involtino di Otoro scottato e Caviale Beluga su Aioli allo Zafferano & King Crab, Ricciola & Riccio di Mare dell’Hokkaido e per finire chela d’Astice in Oleocottura. Tre piccoli morsi, un saliscendi di sapori. Rotondità e morbidezza sono la costante innegabile di una sequela di assaggio che a mio avviso trova il suo apice proprio nella Ricciola. Segni di crescita anche nel coraggio di proporre un assaggio di alga giapponese marinata, polpo scottato e Ikura. Consistenza peculiare e sapore marino. Raramente ho potuto assaggiare qualcosa di simile.
Eccolo infine il barocco. Così vivido e potente. Si manifesta nel misto di tartare. Esteticamente è un quadro. Le sue componenti sono molteplici e vanno minuziosamente descritte. Partendo dal centro. Sashimi di Astice & Caviale Volzenka. Involtino di cetriolo, King Crab & Gambero Furai. Involtino di Calamaro Scottato. E poi…Sgombro & Limone; Tonno 6 Cipollotto; Salmone marinato & Pistacchio di Bronte; Crudo di Capasanta & Jalapeno; Ricciola & Riccio di Mare; Crudo di Gambero Rosso di Mazara del Vallo. Una primavera di colori e sapori che al Jap-One non si vedeva da tempo. La presentazione nel cappello di prete forse fa perdere qualcosa ma una volta trovato l’ordine di degustazione, partendo dai crostacei…èun viaggio imperdibile.
Complemento a uno enologico della portata, uno dei miei champagne preferiti. Pol Roger, Sir Winston Churchill 2004. Sempre potente, sempre maestoso. Coefficiente di pulizia ottimale per una bolla da una media bocca pungente ed espressiva. Impagabile sul crudo.
Si passa per una cucina calda finalmente compiuta. Complice l’intervento del giovane oriundo Aurelio Santoro che in due piatti è riuscito a ribaltare la concezione di cucina calda del Jap-One che avevo. Gazpacho di cipolla rossa & Gambero Furai in crosta di Pistacchio. Capasanta in Tempura, Alga Nori su brodo giapponese agrodolce. Piatto mai stucchevole quest’ultimo. Piccante, acido, dolce, sapido. La cartina di tornasole di un progetto evolutivo che convince.
Essenziale e complesso al medesimo tempo il nuovo Black Cod. In doppia cottura. Miso e fritto in Tempura. Ad accompagnare una barchetta anni 80 con crema di avocado, King Crab e Tobiko al Wasabi. Il gioco di temperature, cotture e consistenze è lodevole, finalmente un Black Cod degno di questo nome, in un mare di clichè. I Cirashi rimangono sempre un must. I sapori vengono confusi dallo stile Barocco andante tipico del ristorante, ma si perdona.
Notevoli i Noodles di mare. Lo spaghettone di grano tipo Udon si adatta bene sia in versione mantecata che in brodo, nel lodevole Ramen. Lo spaghettone di mare è forse vicino a quella che era l’idea del Jap-One, la tradizione del Sud che incontra il Giappone, poi successivamente persa per strada. Un grande recupero, ovviamente attraverso l’interpretazione di una materia prima sempre di primissimo piano. Il Ramen ha perso la sua dimensione Sukiyaki per acquistarne una più vegetale con broccolo, Pak Choi e funghi Shiitake. Il brodo è complesso nella direzione di un Miso rosso a note di sottobosco e tuberi.
Lodi anche alla sala, gestita benissimo e pronta alla guerra dei grandi numeri di una clientela da sempre selezionata ed esigente. Rap Sagara il maitre del Jap-One da ormai dieci anni, napoletano di adozione e di cuore, con i suoi due splendidi bambini, gestisce i tempi di sala con familiarità e precisione.
Capitolo a parte meritano i Nigiri. Non sono quelli del maestro Ignacio Ito in quanto a compattezza, cedevolezza e temperatura del riso, questa è una certezza, ma i margini di miglioramento per i giovani al bancone sono elevatissimi e la voglia di fare è davvero tanta.
Conclusioni
C’è voluto tanto, tantissimo coraggio da parte di Roberto Goretti nell’affrontare una simile rivoluzione ed uscirne rafforzato nel progetto e nelle idee, sospinte da un vento di cambiamento e rinnovamento. Il Jap-One compiutamente campano adesso nella provenienza dei cuochi di prima linea riesce ad esprimere la summa di quelli che sono stati oltre quindici anni, nel segno di grandi chef ma non solo. Il Jap-One rimane immutato lì nell’Olimpo dei ristoranti giapponesi a Napoli sia perchè la gente gli rimane fedele, ma anche e soprattutto perchè il Jap-One avrà sempre qualcosa da dire e da mostrare.
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