Barano d’Ischia
Via Cretajo al Crocifisso, 3
Tel./ fax 081 902944
www.trattoriailfocolare.it
Aperto la sera, a pranzo il sabato e la domenica. Chiusura settimanale il mercoledì solo in inverno.
Ferie variabili in inverno e a Natale
Ischia, l’Isola verde, è un’Isola di terra. L’espressione quasi retorica è della famiglia D’Ambra che con il suo “Il Focolare”, dal 1991, rivendica le storiche radici agricole e l’anima fondamentalmente terragna della cucina isolana. La Trattoria “a difesa della cucina tipica non solo isolana senza frontiere”, come si definisce, vede l’intera “ciurma” di Riccardo e Loretta al lavoro: Francesco e Agostino in cucina con la mamma; Cristiana e, soprattutto, Antonella al vino; Mariateresa e Luciana ai dolci; e Silvia con papà Riccardo in sala.
Ce n’è di tufo da calpestare, e macchia e boschi di castagno da attraversare per raggiungere questo locale a 300 metri sul livello del mare, al Cretajo, nel Comune di Barano d’Ischia. Qui, la cucina, è più che espressione dei prodotti di stagione, è cucina dei prodotti in estinzione. La tanto auspicabile saldatura tra territorio e ristorazione, tra valorizzazione di una materia prima locale di altissima qualità e chef, sono realtà.
Prodotti come il Presidio Slow Food Coniglio da fossa, frutto del progetto Green Ground degli agricoltori zootecnici, tra i quali Riccardo e Silvia, non percorrono neanche un chilometro per arrivare in tavola. I fagioli zampognari, che si seminano a metà marzo con la luna calante e si raccolgono in estate inoltrata, prodotti da sei agricoltori in tutto, ne sono un altro esempio. Ma ci sono anche i fagiolini tabacchini, quelli fascisti, le mele annurche del Piano e alcuni fichi dalla buccia spessa e poco dolci, ottimi da mangiare con i prosciutti.
Il menù del locale punta a rappresentare tutto ciò: cambia ogni stagione, e anche ogni settimana. In autunno non mancano i fagioli e le castagne a zuppa abbinati con le verdure; seguiti da zucca e funghi. Quando il freddo, poi, si fa rigido, subentra il maiale in ogni sua declinazione. Tra le altre: lo stinco arrosto e il capocollo. Ad aprile, è il turno della lasagna alle fave e dei carciofi freschi conditi con un battuto di aglietto selvatico e olio extravergine; d’estate, c’è la lasagna al melone e lo gnocco di melanzane. La proposta che caratterizza il locale, a beneficio dell’ospite abituale che ama ritrovare i suoi piatti del cuore, è come una partitura di base sulla quale si innestano gli elementi stagionali.
C’è tutto l’anno, la “Minestra Salvagioia” fatta con erbe selvatiche come U’ Papagn’, A Borrace, A’ Cinagulare, Tunz e Paparastriell; il Coniglio all’ischitana cucinato e servito sfrigolante a tavola nel tegame di coccio, i Mezzanelli verdi impastati di farina, acqua e Tunz e Paparastriell (erbe appartenenti alla stessa famiglia del Tarassaco); e la Terrina di formaggio con le pere o con i funghi. D’inverno si mangia all’interno accanto al camino, in un ambiente di gusto e rustico che conta poco più di cento coperti, e, d’estate, in terrazza con la vista sulla campagna e sul mare. Sulla carne, particolarmente cara al ristorante, si compie la mission D’Ambra di raccontare la cucina di territorio “non solo isolana”.
Abbiamo detto, allora, coniglio e maiale; ma ci sono anche carni di Podolica, Piemontese e Aberdeen Angus. I vini sono, principalmente, quelli di Ischia e della regione, come è giusto sia per un locale familiare opera di una “ciurma” che discende da una famiglia di viticoltori storici dell’isola. E’ il bernoccolo dell’imprenditore innamorato perso della sua isola, tipico dei D’Ambra, discendenti di quel Francesco (Don Ciccio) che negli anni Trenta con il suo vino dissetava Napoli e conquistava l’Europa, ad animare Riccardo. Chiamatelo per prenotare, ma non chiedetegli mai al telefono di Ischia o dei conigli se avete fretta: ve ne parlerà senza prender fiato per due ore. Ma vi farà venire voglia di vederli.
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