di Carmen Autuori
Voglia di autenticità. È questa la frase più ricorrente, negli ultimi tempi, quando si parla di enogastronomia, che lascia trapelare, nemmeno troppo velatamente, il desiderio di piatti leggibili e rassicuranti. In altre parole, una cucina che parte dalla grande tradizione italiana senza per questo restare ingessata in paradigmi obsoleti che appartengono ad un tempo che fu, perché conservare non vuol dire imbalsamare.
Proprio su questo tema è stata incentrata l’ottava edizione di Irpinia Mood, ormai affermata kermesse gastronomica delle aree interne dell’Appennino campano, la cui direzione artistica è stata affidata anche quest’anno allo chef irpino Mirko Balzano. Nella splendida cornice del Carcere Borbonico di Avellino ben sessanta chef provenienti da tutta Italia e addetti al settore si sono confrontati sul concetto di “Tradizionare”, ovvero se e come reinterpretare e rinnovare le nostre radici enogastronomiche senza “tradirne” l’essenza. E così il tristellato Fabrizio Mellino del ristorante Quattro Passi a Nerano si è confrontato sullo stesso piano con nonna Maria, ormai la nonna più celebre della provincia di Salerno, consulente di spicco del rinnovato Vicolo della Neve, tanto per fare un esempio.
Grazie alla collaborazione con la Fondazione Ferrovie dello Stato e all’associazione InLocoMotivi, quest’anno Irpinia Mood si è messa in viaggio attraversando, a bordo del treno storico Irpina Express che percorre la tratta Avellino – Rocchetta Sant’Antonio, le meravigliose vallate dell’entroterra irpino, i vigneti che rientrano nelle tre DOCG, rispettivamente Greco di Tufo, Fiano di Avellino e Taurasi, famosi in tutto il mondo, i rigogliosi castagneti, castelli e santuari che già da soli potrebbero essere meta di un turismo d’eccellenza. Tutto questo per allargare gli orizzonti di una manifestazione che, partendo dall’enogastronomia, ha puntato i riflettori anche sulle bellezze storiche, paesaggistiche ed architettoniche di un territorio di rara bellezza e dalle straordinarie potenzialità. Così, anche noi, grazie al fascinoso Irpinia Express, ci siamo immersi nella cultura più autentica di questi luoghi che conservano immutata l’essenza del territorio.
Lasciata alle spalle la stazione di Avellino, ad accoglierci i vagoni con le sedute in velluto, l’odore polveroso che parla di storia, i finestrini aperti che hanno permesso alla rigogliosa vegetazione e a qualche goccia di rugiada di fare capolino tra i viaggiatori ci siamo diretti verso Montella, la città delle castagne. Colazione a bordo con il croissant di scuola francese di Carmen Vecchione, pastry chef e fiore all’occhiello irpina della prestigiosa Accademia dei Maestri Pasticcieri Italiani e caffè servito dal direttore artistico.
Circa due ore di viaggio per percorrere una distanza di pochi chilometri attraversando ponti di alta ingegneria come il Ponte Principe costruito contemporaneamente alla Torre Eiffel, il fiume Calore che qui è ancora un fiumicello, vigneti sterminati che sembrava di toccare con mano, in altri termini un vero e proprio elogio della lentezza che deve essere alla base di una programmazione tesa alla valorizzazione di una valida proposta di turismo ambientale. E un treno che sembra sospeso nel tempo…
Una volta arrivati a Montella, prima tappa al bioparco Rosabella un’oasi di oltre cinque ettari di biodiversità, di proprietà di Gilberto Soriano. Qui tra castagneti, secolari alberi di noce, piccole spiaggette ricavate dalle anse del fiume Calore – in alcuni punti è possibile anche fare qualche tuffo grazie alla profondità delle acque cristalline -, bellissime cascate, aree picnic attrezzate con materiali totalmente rispettosi dell’ambiente, provviste di barbecue e della piccola forca per arrostire il celeberrimo caciocavallo impiccato irpino, è possibile trascorrere una giornata lontano dal caldo infernale e dalle spiagge affollate.
Vi consigliamo di acquistare allo spaccio aziendale oltre che salsicce, soppressate e pancetta anche una straordinaria ricotta di capra, tanto cremosa che, accompagnata da un filo di miele, diventa un vero e proprio raffinato dessert. Prima di andar via non dimenticate di salutare Dadà, il tenerissimo ciuchino che vi ringrazierà con gli occhi (e con un lungo raglio).
Come dicevamo l’Irpinia è anche terra di bellezze architettoniche sia laiche che religiose. Tra le prime va ricordata la presenza di circa ottanta castelli, tutti di epoca medioevale che di santuari e conventi arroccati sulle alture.
Appena sopra Montella sorge il Complesso Monumentale del Monte costituito dalla chiesa della Madonna della Neve con annesso convento di proprietà dell’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento, il giardino archeologico – risultato di una pregevole opera di recupero – dove sono state piantate le stesse colture in uso in epoca medioevale che costituivano la base dell’alimentazione dei monaci. Accanto al monastero sono ben visibili i ruderi del Castello longobardo del X secolo, in particolare il corpo centrale, le mura di cinta e i resti delle stanze della nobiltà. Di rara bellezza il chiostro del monastero con volte a crociera affrescate nel XVII secolo da Michele Ricciardi.
Di grande interesse anche le cucine, fulcro della vita monastica, con relativo forno a legna perfettamente conservato. Al piano superiore 32 celle, ognuna con i servizi igienici dell’epoca, che una volta restaurate potrebbero essere usate per l’accoglienza di chi ama il turismo religioso, ma non solo. Proprio il magnifico chiostro ha fatto da cornice alla merenda contadina gentilmente preparata dallo storico ristorante Zia Carmela di Montella: pizza di granturco, parmigiane, lasagne di verdura, fior di latte irpino dai persistenti sentori di pascoli incontaminati e di colore tendente al giallo paglierino, ciambotta con le ultime verdure di stagione, caciocavalli, salumi di ogni genere ed un magnifico cannolo.
Prima di ripartire non poteva mancare la visita alla storica azienda Malerba, fondata nel 1875 da Catello Malerba, e leader nella produzione e conservazione delle Castagne di Montella IGP.
<< La castagna di Montella è particolarmente preziosa perché si distingue per la sua varietà detta “palummina”, che viene prodotta solo qui ed è la più adatta per la realizzazione delle castagne del prete – spiega Salvatore Malerba che rappresenta la quinta generazione dell’azienda -. La fase più importante è l’essiccazione, fino a qualche decennio fa ogni abitazione, compresa quella del sacerdote, aveva un locale il “gratale”, destinato a tale scopo. Si tratta di una grata, appunto, che separa due ambienti, quello superiore dove vengono stesi i frutti e quello inferiore dove viene acceso il fuoco alimentato da trucioli di legno di castagno. Le prime castagne raccolte ancora oggi, una volta essiccate, vengono esportate negli Stati Uniti pronte per farcire il tradizionale tacchino nel Giorno del Ringraziamento che si festeggia il quarto giovedì di novembre>>.
Oltre alle castagne essiccate l’azienda Malerba è specializzata per le morbidelle, le castagne del prete, quelle conservate al rhum ed al whisky, la farina di castagne, i marron glaces, il liquore alle castagne e la recente birra alle castagne.
<<Irpinia Mood significa vivere l’Irpinia a 360 gradi – dice soddisfatto Mirko Balzano -, partendo dall’enogastronomia. Quest’anno abbiamo voluto spostare il baricentro della manifestazione anche verso le zone interne, superando tutti i campanilismi e le divisioni che non fanno bene al nostro settore. E per questo ringrazio Alessandro Graziano, presidente di Visit Irpinia. Unico punto fermo la tradizione da cui tutto parte. Abbiamo analizzato con dati alla mano e grazie al confronto tra chef, esperti del settore – sia del food che turistico – e istituzioni, partendo anche dalle difficoltà che ci accomunano, dove sta andando la cucina italiana che è elemento vivo, specchio dei tempi e sempre in divenire>>.
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