di Serena De Vita e Lello Tornatore
E’ molto bello che in una situazione di arretramento dei consumi enogastronomici, quale è quella che stiamo vivendo nella nostra provincia di più, ma anche nella regione, ci sia un gruppo di giovani chef emergenti dalle idee fresche, nuove, ma nello stesso tempo rivolte al territorio ed alla tradizione, che non ci sta a subire passivamente questi momenti difficili della ristorazione di qualità. E’ lo spirito giusto, per dirlo alla Crozza-Montezemolo, con il quale creare nuovo interesse intorno ai prodotti, al territorio e all’economia di donne e uomini che in questo momento vivono una condizione particolarmente difficile.
Ci sarebbe da rispolverare il vecchio slogan di Obama, “yes we can”, ma anche lui in questo momento ha le sue gatte da pelare,e allora lo diciamo alla nostra maniera: “c’ha putimm’ fà”…Convintissimi di ciò, questi “ragazzi”(più anagraficamente che in termini di esperienza), sfidando anche la collocazione della serata a cavallo tra Natale e Capodanno, hanno realizzato il sold-out in poco più di una decina di giorni di preparazione dell’evento. Ma chi sono questi temerari che osano sfidare la crisi, l’atavico isolamento delle zone interne della Campania, ed infine una serata nella quale per trovare gente disposta a sedersi a tavola e mangiare ancora… non ci si riesce nemmeno a pagarla? Allora, cominciamo da Rocco De Santis, diplomato all’istituto alberghiero di Salerno nel ’99.
Attualmente chef dell “Osteria al Paese” a Nocera Inferiore, piccolo ristorante (40 coperti) con cantina e bella carta dei vini. Dopo anni trascorsi tra “stelle” intraprende questa nuova avventura puntando alla riscoperta della vera cucina tradizionale del territorio. La prima esperienza significativa è stata alla ” Torre del Saracino” con lo chef Gennaro Esposito, un grande maestro che gli apre le porte e la mente a questo nuovo mondo; successivamente all” hotel “Eden” di Roma, all’ estero in Francia da “Georges Blanc” e in Svizzera presso “Le Domaine De Chateauviux” con lo chef Philippe Chevrier; al Rossellinis (Palazzo Sasso), al Comandante ( Romeo Hotel) e al “Faro di Capod’orso” come Sous Chef. Il piatto presentato da Rocco De Santis è il “Cannolo di pane al rosmarino ripieno di baccalà mantecato su zuppetta di ceci”. Una preparazione equilibrata già di suo, con la tendenza dolce dei ceci che va a contrastare la sapidità del baccalà associata all’aromaticità del cannolo al rosmarino.
L’abbinamento cibo-vino, seppure non abbia seguito le canoniche regole di contrapposizione e concordanza, ha permesso agli chef ed al sommelier Domenico Sarno di scegliere con consapevolezza gli “accoppiamenti” con i vini irpini al fine di valorizzare le materie prime utilizzate per le preparazione.
Per l’entrée è stata scelta la Coda di volpe 2011 Vadiaperti. Vino sapido e con note minerali riconducibili allo zolfo che, per tali caratteristiche, ha permesso di sottolineare la gustosità del baccalà ed la delicatezza la zuppetta di ceci.
A seguire c’è Gionata Rossi, ” il toscanaccio più campano dei campani”. Appena diplomato alla scuola alberghiera di Massa Carrara va a fare uno stage nel famoso Hotel Byron a Londra e lì viene premiato come ” Più giovane chef del Regno Unito”. Di lì parte per gli U.S.A. E si ferma al Miami Beach Ocean Resort. Ma non riesce a stare fermo e allora rientra in Italia per fare esperienza in alcuni locali della Versilia come ” Il punto Giusto” ed “il Mocambo”. Ma la voglia di migliorarsi è tanta e allora riparte, questa volta imbarcandosi su lussuose barche come “Personal Chef “. Finalmente per lui, meno per Lisa :-)), si sposa ed essendo più traquillo rimane sulla terraferma al ristorante Il Pescatore a Torre del Lago e di qui al Quinto Elemento di Viareggio. Nel 2006 la svolta, apre a Viareggio il suo attuale ristorante “Il Meglio di Jò “.
Il piatto che Gionata presenta è “Maritata di alici e noci”, un’idea che gioca su due versanti concettuali : l’aggettivo maritata, si riferisce non solo all’unione della carne (del brodo) alla verdura (broccoloni di Latina e cime di rape campane), ma anche all’unione di più preparazioni in una. Infatti anche il gioco delle temperature, tra il brodo caldo servito direttamente al tavolo, ed il gelato di alici e noci rendono bene l’idea di fondere più preparazioni contrastanti insieme. Superba è poi l’aggiunta dell’affumicato delle castagne del prete, insieme alla colatura di alici, nel condire le cime di rape.
Attenti giovani chef campani, il toscanaccio ci fotte il territorio!!! ;-))
Ad accompagnare a braccetto il secondo piatto ci ha pensato il Fiano di Avellino 2011 di Ciro Picariello. E’ bastato attendere pochi minuti dalla mescita per apprezzarne appieno l’articolazione di sentori: albicocca, nocciola, fiori bianchi appassiti e polvere da sparo. Un vino rotondo e persistente che bene si contrappone alla sapidità e all’aromaticità del piatto.
In progressione Mirko Balzano, chef “di casa” a Villa Assunta. Diplomatosi alla scuola alberghiera di Avellino nel 2005, subito chiamato a fare diverse esperienze con il prof. Luigi Vitiello, approda poi “alla corte” di Gioì Della Bruna, prima allo Sporting Club di Candida e poi alla Locanda Carafilia di Capriglia. Con lui ha appreso la centralità della materia prima. Poi al ristorante “Sud” di Quarto con Marianna Vitale e Pino Esposito, con i quali ha intessuto un bellissimo rapporto ancora oggi vivo più che mai, ed infine si stabilisce a Villa Assunta come chef responsabile della cucina, collaborando con Laura Guarino, titolare nonchè responsabile di sala. Ultima esperienza, durante l’impegno a Villa Assunta, lo stage a “Locanda Margon”, il ristorante della famiglia Lunelli, si quelli del Ferrari, con lo chef Alfio Ghezzi.
Da questa seppur brevissima collaborazione, Mirko ne è uscito profondamente segnato, descrivendone così le doti del maestro: “Una persona ed un professionista eccezionale, il primo ad arrivare in cucina, l’ultimo a lasciarla, sempre attento a tutto, da come si pela una carota al più impegnativo dei lavori, porta avanti ogni servizio sempre con l’entusiasmo di un bambino nell’atto di ricevere il suo giocattolo preferito, ti spiega gli errori e te li corregge con amore, sempre giocoso e goliardico, insomma il formatore che qualsiasi giovane auspicherebbe avere!!! ” Il piatto che ci presenta l’estroso Mirko è la “Matematica del gusto”, cioè un risotto al Carmasciano, mandarino e caffè.
Come sempre, quello che non difetta a questo giovane chef è certamente l’audacia del gusto, in questo risotto ritroviamo la “grande battaglia” tra il gusto forte del pecorino di Carmasciano accostato all’acidità del mandarino e al tostato del caffè. Persino il Maffi, non ne potrebbe parlare male di questo risotto, eseguito alla perfezione nella cottura (si si, sfatiamo questo luogo comune secondo il quale a sud del Po il riso si mangia scotto), magari un’amalgama più omogenea tra il carmasciano ed il mandarino avrebbe giovato di più al piatto.
In abbinamento lo spumante metodo classico Ripa Bassa di Villa Raiano, che con la sua intensità e particolare freschezza, forse fin troppa, sfidava il piatto di Mirko mettendo il luce il gioco di equilibri del piatto. Da sottolineare la finezza del perlage, anche se non molto persistente.
Ed è la volta Amelio Petrucciani, chef e titolare del ristorante “Apollo” di San Michele di Serino (Av). Amelio, non ha fatto stages, ma è “nipote d’arte”. L’attività ha origini nei primi anni ’70, grazie a nonno Angelo Renzulli, che insieme a nonna Lucia, che poi rappresentava l’anima della Trattoria Apollo 13, chiamata così in omaggio alle allora popolarissime missioni spaziali, pratica una ristorazione indirizzata più verso le famose “taverne” di una volta, dove il cibo rappresentava solo l’accompagnamento al vino. La svolta nel 2001, anno in cui Amelio Petrucciani, attuale chef e titolare insieme alla sorella Mara, architetto, non decidono di dedicarsi anima e corpo all’attività familiare. Nessuno stravolgimento della “filosofia della semplicità” portata avanti dal nonno Angelo, anzi maggiore attenzione alla valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti, che nel serinese significa prodotti del bosco, o ad esso correlati. Il piatto presentato in questa occasione è “Scialatielli, broccoli, salsiccia e funghi porcini. Forse il piatto più semplice della serata, ma molto gustoso.
Qui si percepisce un bel gioco di contrapposizioni : l’estrema “dolcezza” della pasta fatta a mano viene stemperata dall’amarognolo dei broccoli e dalla sapidità della salsiccia, esalta il tutto l’aromaticità dei porcini aiutata dal sapore forte della ricotta di pecora salata.
All’irpinia aglianico Campi Taurasini Jumara 2006 de I Capitani il compito di accompagnare questo gustosissimo primo. L’amarena ed i sentori di legno (liquirizia su tutti), il gusto morbido e non irruente del vino bene si contrappongono ai sapori del piatto, anche se tra i due è quest’ultimo ad averne la meglio in fatto di persistenza gustativa.
Segue Lo chef Giovanni Arvonio prossimo all’apertura del ristorante “Taberna del Principe” a Sirignano(Av). La sua formazione si inizia con il diploma presso la scuola alberghiera di Avellino, poi tante piccole esperienze in ristoranti dell’agro nolano per approdare nel 2008 all’Hosteria Le Gourmet di Sperone (Av). Nel 2010 segue lo stage della scuola di cucina “Alma”da Enrico Crippa e poi all’Oasis della famiglia Fischetti.
Il piatto di Giovanni “Baccalà…zucca, zenzero, capperi e broccoli”, punta all’esaltazione di alcuni elementi del territorio attraverso le diverse sensazioni presenti nella preparazione. L’uso dello zenzero dona un tocco di pulizia al palato che rende più elegante la preparazione. Se il baccalà fosse stato un filino meno sapido…
Nel gioco di abbinamenti ricercati, non a caso (per stessa ammissione del “general manager” Balzano) ad un rosso segue un bianco, il Greco di Tufo crù Picoli 2011 delle Cantine Bambinuto, che in quanto a struttura e corpo gareggia a testa alta con il cugino venuto prima. Un vino solido, nel senso figurato e letterale, che al naso riporta nettamente alla tipica mineralità del Greco di Tufo, alla quale si accompagnano note di fiori gialli e frutta secca; in bocca vivace fresco e persistente. L’abbinamento cibo-vino più riuscito a mio avviso, dove i pesi di contrapposizione si sono perfettamente equilibrati.
Il dolce lo abbiamo ricevuto…per procura!!! Da un’idea di Lisa Conti, ottima chef pasticciera, moglie di Gionata Rossi, per motivi familiari (così si scriveva sulle giustifiche di assenza a scuola) purtroppo non è potuta scendere ( o salire?) in Campania e ha firmato la procura al marito a preparare la “Brioches con doppia crema”. La crema è doppia perchè la ricetta prevede un impiego doppio di uova rispetto alla preparazione della crema “normale”, e cioè le galline di Laura Guarino hanno dovuto produrre venti uova per ogni litro di latte!!! Il risultato, Lisa? Buono, ma sono convinto che se ci fossi stata tu…;-))
Sul dolce, si è concluso con un passito ottenuto da uve Fiano (70%) e Greco di Tufo (30%). Frutta secca, agrumi e note dolci di miele che probabilmente sopravanzavano di una “ ‘nticchia” la delicatezza del dolce di chiusura. Una dolcezza supportata da una bella acidità, piacevole, di certo non stucchevole.
Lo so, l’ho fatta lunga, chiudo subito, giusto il tempo per specificarvi che al nostro tavolo erano presenti Alessandro facciadipasqua Barletta, l’anima di Slow Food Taurasi, Michele D’Argenio, giovane enologo emergente (ma qui emergono proprio tutti !!!), e Serena De Vita, pendolare professionista (detta anche “Mille Miglia”) nonchè sommelier A.I.S. che qui cura la descrizione dell’abbinamento cibo-vino.
Avevamo anche riservato un posto vuoto al tavolo, nell’ipotesi che il Pigna si fosse liberato anzitempo al giornale, tutto preso com’era dalle imminenti “parlamentarie”, ma… c’ha dato buca. Speriamo che almeno abbiano risolto i problemi delle candidature
;-))
Gli abbinamenti cibo-vino sono a cura di Serena De Vita, l’illustazione dei piatti è del “talebano dell’irpinia”.
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