Ci sono quelle giornate dove vai volentieri a rovistare nei cassetti della memoria, anche senza sapere quali ricordi stai cercando. Un misto di curiosità malinconica che diventa felicità quando ti passano tra le dita gli episodi che a suo tempo ti erano apparsi di scarso significato ma che finalmente recuperano il loro vero valore nel momento in cui li rivedi.
Sfogliando un libro, riguardando vecchie foto o mettendo in ordine un intero scaffale di bottiglie vuote, feticcio storico intoccabile !
Oggi volevo scrivere di un piccolo grande vino scoperto perché avevo sbagliato strada. Anche in questo caso stavo cercando una cosa che pensavo importante ed invece la mente ha fatto la sua strada e mi ha portato in una direzione inaspettata. Piacevole quanto inaspettata, come tutte le sorprese quando sono belle.
Irancy è un piccolo comune de la Yonne, voce geografica surclassata a sua volta dalla fama di Chablis, comune facente parte di questa regione collocata a latitudine critica dove vengono coltivati non senza difficoltà diversi vitigni oltre al classico chardonnay . Oltre al re dei bianchi di Borgogna, nella Yonne si trovano anche l’aligotè, il sauvignon, il pinot noir, il gamay e il césar a completamento della gamma di cépage.
Proprio il Cèsar è l’attore non protagonista ma caratterizzante dei vini rossi di Irancy. Attore non protagonista che come è facilmente intuibile ha radici molto italiane, al punto che la denominazione alternativa è … Romain . La sua storia parte chiaramente dal tempo dell’invasione romana in Gallia ma non ha avuto diffusione in Francia tranne che in questa zona.
L’ impatto con il villaggio di Irancy è particolarmente stimolante alla vista, che viene guidata dall’alto verso il basso scendendo quello che appare gradatamente conformato come un anfiteatro di vigne (315 ettari) protetto dai venti gelidi del nord e collocato ad esposizione ovest sud-ovest .
Il miracoloso anfiteatro naturale consente forse la maturazione più nordica di uva da vino rosso, insieme a qualche fortunata parcella in Champagne e forse qualche altra di cabernet in Loira.
Qui l’altra peculiarità assoluta per un territorio nordico ( siamo ad un ora da Parigi ), è la produzione esclusiva di vini rossi, dove , per via delle condizioni climatiche facilmente immaginabili, sarebbe più semplice far dei vini bianchi .
I vini rossi di Irancy sono stati spesso sottovalutati in passato, tanto che la denominazione d’origine è arrivata da pochi anni a premiare gli sforzi di questi ospitali contadini che vi accolgono in casa come una benedizione venuta dal cielo.
Attraversando il villaggio in estate sarà evidente la grande apertura mentale e l’ospitalità di queste persone che scendono in strada a mostrare con coloriti cartelli o lavagne in ardesia quali siano i loro vini in vendita e i relativi prezzi, piuttosto bassi.
Ma prezzo basso qui non fa rima con vino scarso, almeno nel caso del Domaine famigliare di Anita, Stéphanie e Jean-Pierre Colinot . Un verre a la main e via che si parte per un viaggio sensoriale attraverso aromi di ciliegia matura che si infilano in una trama rarefatta fatta di freschissime sensazioni nordiche e dove l’inevitabile leggerezza viene supportata da una forza tannica inaspettata quanto gradita, e nelle annate dove il capriccioso césar sarà maturato al meglio, anche un plus di color rubino brillante e una concentrazione di materia superiore anche a diversi pinot noir de la Cote de Nuits.
Questo fa si che questi vini siano adatti anche un medio o prolungato invecchiamento, mentre in gioventù si apriranno con gioia in una corbeille di frutti rossi maturi e freschi. La bevibilità del vino è pericolosa. Il 2005 sotto questo aspetto è stato all’inizio incomparabile con le annate precedenti, ma ora, come spesso capita con i vini Borgogna, il periodo di chiusura si annuncia prolungato.
E allora saranno il fine e gourmand 2006, oppure il setoso e soave 2007 a mantenere alto il profilo tradizionale che vuole questi vini di facile consumo giornaliero, mentre sarebbe interessante scovare qualche vecchio millesimo e verificare se veramente paragonabile con qualche perla de la Cote de Nuits.
I cru proposti dal piccolo Domaine sono diversi, Mazelots, Cailles e Calotte ecc.. e sono tra i più ricercati dai saggi intenditori della zona. La produzione totale del Domaine è di circa 60/70 mila bottiglie annue ricavate dalla vendemmia dei 12 ettari vitati.
Di queste bottiglie, che io sappia purtroppo in Italia non ne arrivano regolarmente perché non l’ho mai visto su nessun catalogo di nessun importatore.
Ecco, se a qualcuno di questi succedesse di perdere la strada per Chablis e finire improvvisamente nell’anfiteatro naturale di Irancy, questo qualcuno potrebbe avere delle belle soddisfazioni che andranno ben oltre il gusto di bersi qualche buona bottiglia di pinot nordico.
Questo è un vino adattissimo alla ristorazione, perché coniuga il fattore primario ( il prezzo) con una piacevolezza immediata e con una capacità di invecchiamento tranquillizzante per chi abbia deciso di investirci sopra qualche euro.
Irancy, il gusto di sbagliare strada.
Dai un'occhiata anche a:
- La Maison di Champagne Bruno Paillard sceglie Napoli per l’anteprima nazionale dell’Extra Brut Millésime Assemblage 2015
- Dom Perignon 2002 Plenitude 2
- Inside Krug’s Kitchen: dieci anni di “Krug X” a Parigi. Noi ci siamo stati
- Pouilly-Fumé Appellation Pouilly Fumé Contròlée 2020 Tradition Cullus Vieillies Vignes – Domaine Masson- Blondelet
- Prendersi il tempo con lo champagne Abele’ 1757
- Chablis Valmur 2001 Grand Cru Albert Pic
- 14° anniversario della Dieta Mediterranea patrimonio Unesco
- Nuits-Saint-Georges 2014 Premier Cru – Domaine Chevillon