Iovine, il bianco di Gragnano

Pubblicato in: I vini del Mattino

Beviamo meno, beviamo tutti: al quinto Salone del Vino in corso al Lingotto arrivano notizie confortanti che avremo modo di approfondire. Secondo i dati dell’Osservatorio cresce infatti il numero delle famiglie nelle quali c’è un bicchiere a tavola mentre continua leggermente a calare il consumo pro capite, passato dai 104 litri del 1975 ai 49,8 dello scorso anno, ma il dato sembra ormai arrestarsi mentre la base si allarga. Un presupposto indispensabile per la ripresa, rinforzata anche dai buoni dati dell’export negli Stati Uniti forniti dall’Italian Food & Wine Institute: più 16% nei primi otto mesi 2005. Al Salone, che chiude domenica, è protagonista ancora una volta il vitigno autoctono, ormai davvero non si parla d’altro da un paio di vendemmie a questa parte. Il motivo è semplice: essendo cambiato il modo di bere, diventando cioé uno status symbol oltre che abitudine di cultura, sono diminuiti i tempi necessari alla domanda per metabolizzare le novità. I tempi lunghi della campagna non bastano a saziare la curiosità cerebrale di chi si avvicina al vino e allora non c’è nulla di meglio dei vitigni autoctoni per consentire al circo mediatico di sfornare almeno sei, sette, anche dieci novità ogni anno vista la ricchezza italiano. Questo fenomeno modaiolo aiuta l’agricoltura di qualità e per questo, tutto sommato, al di là di certi eccessi da manicomio, sicuramente è positivo. Girando per le campagne si fanno piacevoli scoperte, come questo bianco di Gragnano. Gragnano? Sì, del rosso si è scritto e riscritto, ma il Penisola Sorrentina di Iovine, blend di falanghina e greco di una antica vigna, uve vendute la prima volta dal produttore quasi per liberarsene, è uno schianto. Il terroir campano in genere esprime mineralità e freschezza ma difficilmente si incrocia una bella grassezza rotonda come in questo caso, capace di affrontare gli scialatielli ai funghi dello Scoiattolo a Pimonte come il provolone del Monaco di media stagionatura o i latticini di Agerola. Un bianco terragno, dunque, da spendere anche sui piatti di mare a condizione che siano ben strutturati per l’abbinamento perfetto, cioé quello capace di rimettere il palato nella condizione di partenza prima di mangiare il boccone e bere il sorso. Aniello parla del vino, ma anche del territorio perchè ha capito come si fa, dunque presiede il Consorzio dei Produttori di Gragnano per sostenere la storia e il futuro del vino nato per il ragù e per la pizza. Un bicchiere sotto i cinque euro, come solo nel vicino Sannio è possibile trovare in questo rapporto con la qualità. Questo è il futuro del bere quotidiano.


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