di Lorenzo Colombo
Il termine Nepente – che nel greco antico ha il significato di “che toglie il dolore- fu coniato da Gabriele D’Annunzio, noto astemio, innamoratosi del profumo che quel vino emanava, durante il suo viaggio in Sardegna nel 1882.
Nepente appare però per la prima volta nel 1909, sull’introduzione che D’Annunzio fece per l’edizione italiana del libro “Osteria, guida spirituale delle osterie italiane da Verona a Capri”, di Hans Barth.
Nella sua lunga introduzione, a proposito di un vino che lui unicamente annusò ma del quale i suoi due compagni di viaggio approfittarono copiosamente così scrive: “Non conoscete il Nepente d’Oliena nemmeno per fama? Ahi, lazo!” “Io non lo conosco se non all’odore; e l’odore, indicibile, bastò a inebriarmi”.
Oliena (o Nepente di Oliena) è una delle tre sottozone -le altre due sono Jerzu e Capo Ferrato- nelle quali può essere declinata la Doc Cannonau di Sardegna.
La sottozona Nepente di Oliena è limitata al solo territorio del comune di Oliena e ad una parte di quello di Orgosolo, in provincia di Nuoro.
L’azienda
La Cantina Oliena è stata fondata nel 1950 da un piccolo gruppo di viticoltori con lo scopo di valorizzare il Cannonau.
Attualmente la produzione della cantina è suddivisa su nove etichette di vino, tre delle quali riportano in etichetta il nome Nepente: Nepente di Oliena, Nepente di Oliena Classico e Nepente di Oliena Riserva Corrasi.
Il vino
Il vino degustato è prodotto con uve Cannonau in purezza provenienti da vigneti situati nel comune di Oliena, il principale sistema d’allevamento è ad Alberello e la resa massima per ettaro è di 60 q.li.
Dopo un’accurata selezione delle uve viene svolta la fermentazione in vasche d’acciaio con una macerazione sulle bucce di 10-12 giorni, il vino s’affina quindi in vasche di cemento e d’acciaio.
La degustazione
I presupposti alla degustazione di questo vino non sono stati molto favorevoli, la bottiglia presentava decisi segni di muffa sulla capsula e il livello del vino era sotto la soglia cilindrica del collo della bottiglia, segno di perdita evidente di liquido.
Tolta la parte superiore della capsula si è avuta la conferma di quanto si prevedeva, ovvero la parte superiore del tappo era per quasi la metà incrostata.
Il tappo è però uscito senza sforzo alcuno anche se si presentava completamente intriso di vino e annusandolo dava segni di evidente evoluzione.
Versato però un piccolo quantitativo di vino nel bicchiere non abbiamo riscontrato anomalie particolari, se non un’iniziale chiusura ed un colore decisamente evoluto, tendente al mattonato non molto intenso ed alla prugna cotta, con un’unghia ormai aranciata.
Decantato il vino, temendo notevoli residui, che in realtà non ci sono stati, si è notato all’interno della bottiglia ormai vuota il colore depositato nella parte inferiore della stessa (la bottiglia è rimasta per tutti questi anni in posizione orizzontale).
Ma passiamo all’assaggio
Del colore abbiamo già scritto, per il resto il vino si presentava limpido.
Discreta la sua intensità olfattiva, ovviamente i sentori percepiti sono di natura terziaria, sottobosco con foglie umide, radici, prugna in confettura, spezie dolci, fighi secchi, accenni di polvere di caffè.
Mediamente strutturato, ancora fresco (buona la sua vena acida) e sapido, sentori di radici, china, chiodi di garofano, prugne secche, leggeri accenni piccanti e note di frutta dolce, lunghissima infine la sua persistenza.
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