di Andrea Petrini
Al confine tra Campania e Lazio, nella zona compresa tra il monte Massico, il fiume Savone e le pendici del vulcano spento di Roccamonfina, c’è una fascia di terra conosciuta con il nome di Ager Falernus.
Questo territorio particolarmente fertile era già noto nell’antichità principalmente per la produzione dell’omonimo vino Falerno che può essere considerato come la prima vera DOC o il primo Grand Cru della storia. Infatti, già 2000 anni fa, esisteva un suo disciplinare di produzione che prevedeva: un rituale codificato di pigiatura al ritmo di musiche sacre; un’etichettatura, “pittacium”, che indicava luogo di origine e annata; un periodo di invecchiamento di numerosi anni, prima che il vino venisse consumato con aggiunta di acqua di mare, spezie e miele.
Nonostante la fama ed il successo, con la caduta dell’Impero romano e con l’arrivo della fillossera verso metà ottocento ed inizi del novecento, del pregiato e costoso Falerno si persero le tracce. fino agli anni ’60, quando l’Avv. Francesco Paolo Avallone, appassionato cultore di vini antichi, incuriosito dai racconti di Plinio e dai versi di Virgilio, Marziale e Orazio, decise si riportare in vita la leggendaria bevanda.
Il fondatore di Villa Matilde, coadiuvato da un gruppo di ricercatori universitari, riuscì ad individuare le varietà di uva con cui si produceva il mitico vino e a rintracciare pochi ceppi di quelle viti, dirette discendenti delle varietà coltivate nell’ Ager Falernum oltre 2.500 anni addietro.
I vitigni del Falerno, sopravvissuti miracolosamente alla devastazione della filossera di fine ottocento, vennero reimpiantati, con l’aiuto di pochi contadini locali, proprio nel territorio del Massico dove erano prosperati in antichità.
Il percorso di recupero del Severus, fortis, ardens continua oggi con Maria Ida e Salvatore Avallone che, con dedizione esclusiva, proseguono il sogno ed il progetto del padre portando avanti, dal 2009, anche interventi di sostenibilità ambientale condotti nella direzione del recupero delle acque e del risparmio energetico attraverso una revisione globale degli impianti e il ricorso ad energie alternative di cui tanto si parla oggi.
Durante un recente pranzo con i fratelli Avallone ho potuto degustare il loro Falerno del Massico DOC Rosso “Vigna Camarato” 2006 (80% aglianico e 20% piedirosso) prodotto esclusivamente nelle migliori annate con uve raccolte nell’omonimo vigneto, uno dei più vecchi e meglio esposti della tenuta collinare di San Castrese.
Il vino, dal colore appena leggermente granato, è ancora assolutamente integro nei suoi profumi che richiamano il terroir di appartenenza dove l’influenza del mare e del vulcano spento di Roccamonfina forniscono a questo rosso nuance aromatiche scure che richiamano il rabarbaro, la china, il mirto, la ciliegia matura, per poi vibrare su sensazioni di ferro e iodio. L’assaggio non manca di personalità, è ancora perfettamente bilanciato, fresco, con tannini “dolci” e ben estratti. Lunghissimo il finale su toni di erbe mediterranee e salgemma. Chapeau!
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