di Roberto Giuliani
In quel periodo a cavallo fra la fine degli anni ’80 a l’inizio dei ’90, in Toscana prendevano vigore e notorietà i cosiddetti Supertuscans; una delle varietà che sicuramente ha rappresentato un modello di riferimento è stata il merlot, che ha dato vita a vini come il Masseto dell’Ornellaia, il Redigaffi di Tua Rita, L’Apparita di Castello di Ama, il Messorio di Le Macchiole, La Ricolma di San Giusto a Rentennano, il Palazzi di Tenuta di Trinoro, il Galatrona di Petrolo, per citarne alcuni.
Il Galatrona nasce nel 1994 dall’omonimo vigneto piantato tra la fine degli anni ottanta e la metà degli anni novanta con cloni bordolesi di bassa vigoria su terreno di medio impasto, costituito da argilla, galestro, alberese e arenaria in località Feriale di Mercatale Valdarno a un’altitudine di circa 300 metri, esposto a Sud-Est. Siamo nel cuore della Doc Val d’Arno di Sopra, ma la storia ci ricorda che in quegli anni alcune aziende preferirono l’IGT Toscana, che gli consentiva di lavora con maggiore libertà sia in vigna che in cantina.
L’annata 1998 ha dato più problemi al sangiovese che al merlot: primavera molto piovosa che ha richiesto frequenti interventi sulla parte verde, mentre ha favorito le piante più giovani non ancora in produzione; l’estate è stata calda ma equilibrata, l’uva è maturata con un leggero ritardo. Il merlot è stato raccolto prima dell’arrivo delle piogge, il 9 settembre. Allora il vigneto era ancora giovane e aveva una resa regolare.
Il vino è maturato in barriques nuove per 18 mesi.
Sono passati 20 anni da quando è stato imbottigliato, ho estratto il tappo senza difficoltà, integro e segnato dal vino solo nei primi 2-3 millimetri, senza alcun “canali di fuga” lungo i suoi 5 cm. di lunghezza. Niente TCA ma solo odore di vino. E da un vino che oggi costa oltre 100 euro è già una buona cosa…
Il colore nel calice è sorprendente, ancora rubino, non concentrato ma senza cedimenti, è luminoso, vivo.
Il ventaglio odoroso non rivela neanche lontanamente gli anni trascorsi, si parla di prugna, ciliegia e cacao, addirittura di rosa canina, menta, cenni di tabacco, pochissimo cuoio, il sottobosco è appena accennato, niente funghi, balsamico, eccellente.
Al palato ha un perfetto equilibrio fra acidità, alcol e tannino, qui le note fungine affiorano ma delicatamente, si sente il goudron, l’allungo è convincente, fresco, senza cedimenti, a testimonianza di un lavoro certosino sulla scelta delle uve, dovevano essere davvero perfette per dimostrare una così buona tenuta. Insomma, non siamo affatto alla fine del suo percorso, anche perché più prende aria e più si ringiovanisce, segno che la materia è ancora tutta lì, viva e vegeta, del resto il colore era un chiaro segnale…
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