CORTECORBO
Uva: coda di volpe
Fascia di prezzo: da 1 a 5 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Sono i piccoli gesti a rivelare passione autentica per il territorio, cultura, eleganza. Come quello di servire in un ristorante irpino, parliamo della Maschera di Avellino, un Coda di Volpe come aperitivo di benvenuto: così si fa quando si vogliono tenere i toni giusti senza strafare, mostrando in tal modo di essere ben integrati nella realtà in cui si opera. Che tristezza quei Prosecchi usati all’inizio come l’Alcaselzer che ci riportano agli anni ’80, quando nei ristoranti campani era difficile trovare vino campano, luogo comune invece di una scelta consapevole del ristoratore e del cliente. Io credo che oggi i Nas dovrebbero chiudere quei locali che servono vino senza avere un sommelier professionista in organico, un po’ come andare in uno studio medico senza un laureato in medicina, e via di questo passo: ma se non lo fanno i Nas, allora evitate voi di andare là dove il cliente non è rispettato, a tal punto da servire vino, farselo pagare, incidere sul conto per almeno un terzo, senza capire quello che si mette nel bicchiere. Non è il caso, appunto, della Maschera, il più bel locale della città vicino il Duomo la cui piazza, caso raro in Italia, è ancora usata purtroppo per parcheggiare l’auto: Luigi Oliviero ci ha servito questo bianco di Cortecorbo, una finezza snob perché avrebbe potuto proporre subito un Fiano o un Greco facendo lo stesso bella figura, ma il Coda di Volpe segna lo scatto in più verso il territorio, il desiderio di far conoscere le pieghe più nascoste della bella Irpinia attraverso un vino ancora poco conosciuto ma molto buono, tipico della zona di Montefredane e dell’areale docg del Taurasi. Cortecorbo, si sa, è la mia passione, due vitigni, l’aglianico per il rosso base e il Taurasi e la coda di volpe come bianco, così come faceva all’inizio Molettieri prima di lanciarsi con il Greco e il Fiano. Il 2005 ha buona struttura olfattiva, deliziosi profumi floreali con alcune punte acerbe, al palato è fresco, minerale, ben strutturato, abbastanza intenso, persistente: davvero un buon inizio prima di passare a vini più complessi. Angelo Pizzi, l’enologo, ha una lunga consuetudine con questa uva, fu lui a lanciarla nelle bottiglie renane della Cantina del Taburno all’inizio degli anni ’90 insieme a Vadiaperti e Ocone. Era il bianco su cui ripiegare quando Fiano e Greco stavano per prendere il volo superando spesso e volentieri le 10.000 lire a bottiglia: ed è, in fondo, ancora così, sebbene la qualità media del prodotto sia diventata eccelsa, anche con qualche passaggio in barrique come nel caso della stessa Cantina del Taburno. Brava Antonietta, così si produce. Bravo Gino, così si serve il vino.
Sede a Montemarano, via Torre 2. Tel e fax 0827.66055. www.cortecorbo.it Enologo: Angelo Pizzi. Ettari: 2 di proprietà. Bottiglie prodotte: 12.000. Vitigni: aglianico, coda di volpe.
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