di Luciano Pignataro
Forse fra tanti prima e dopo, potremmo dividere il mondo della comunicazione della pizza fra un prima e un dopo Daniel Young. Il giornalistta, trasferitosi a Londra da New York sua città natale, scrive un libro sulle migliori pizzerie del mondo edito da Phaidon. Inizialmente non doveva essere una classifica. Poi improvvisamente cambia idea, a suo dire, su pressione dell’editore ma contro il parere del suo referente locale, Maurizio Cortese, che era stato chiamato per le segnalazioni e che aveva inserito anche dei pizzaioli e degli uffici stampa proprio perchè non si trattava di una competizione. Da quella guida scaturirono un mare di polemiche, Daniel Young disse che Cortese si era rifiutato di fare la classifica perchè non più amico di Franco Pepe, addirittura circolarono voci secondo le quali i pizzaioli napoletani avevano fatto fallire la presentazione della guida a Caserta, qualcuno parlò di camorra, che è un ingrediente che funziona sempre quando si vogliono giustificare proprie incapacità.
La presentazione si fece a Milano da Paolo Marchi a Identità Golose sponsorizzata dal Mulino Quaglia e andarono tutti, quindi non si capisce perchè a Napoli non sarebbe stato possibile.
Gli anni 2016 e 2017 sono cruciali nella narrazione della pizza. La editoria del Nord si trovò improvvisamente di fronte ad un fenomeno che non aveva colto nella sua interezza e tentò di ripetere gli schemi usati per i vini e la ristorazione, relegando il Centro Sud a mera comparsa. Con la pizza era un po’ più difficile, ma ci fu chi teorizzò che la pizza napoletana era solo una articolazione locale della pizza italiana, che i pizzaioli napoletani erano conservatori e che l’innovazione veniva da fuori. Questa narrazione è stata poi smentita dai fatti e dal mercato: ci possono essere Cava, Franciacorta, Trento doc e Sparkling wine più buoni, ma lo Champagne resta Champagne. Il riconoscimento dell’Arte del Pizzaiolo Napoletano come patrimonio immateriale dell’Unesco nel dicembre 2017 fu una mazzata tremenda a livello mediatico per queste narrazioni, purtroppo sposate anche da Slow Food che ha così perso il treno. Napoli ha mostrato un vitalità insospettabile grazie alla generazione dei canotti, al miglioramento generale del prodotto, alla diffusione di questo stile in Campania e nel mondo attraverso lo sviluppo delle catena artigianali. Ma soprattutto grazie alla sua storia che sostiene oltre mille forni accesi anche a pranzo ogni giorno nel solo comune. Certo quello napoletano non è il solo modo di fare la pizza, ma è l’unico ad avere un radicamente identitario profondo oltre due secoli ed è questo che fa la differenza nell’immaginario collettivo mondiale.
Ma come andarono realmente le cose? Abbiamo chiesto Maurizio Cortese, testimone diretto di quegli eventi, la sua versione dei fatti.
Ha un senso parlare di cose ormai morte e sepolte? Sì, perchè la memoria liquida di Facebook fa iniziare la storia della pizza con la memoria di chi se ne occupa da due o tre anni. Allora scripta manent.
Nel 2016 Daniel Young pubblica Where To eat a Pizza, una prima guida mondiale sulle migliori pizzerie del mondo. Il criterio era quello di affidarsi ad un sondaggio di, a suo dire, circa mille ispettori per realizzare una guida di questo genere. Tu fosti designato responsabile della regione più importante. Con quali criteri furono scelti gli ispettori? Fra loro c’era gente che, per esempio faceva uffici stampa per pizzerie o per prodotti? Magari dei pizzaioli che potevano votare se stessi?
“Ovviamente mi sentii molto onorato che Daniel Young e una casa editrice così importante come la Phaidon avessero indicato me per la regione più importante, considerato che la Campania è la patria mondiale della pizza, e quando mi fu detto di scegliere trenta “super esperti” avevo in mente un mio criterio, credo facilmente comprensibile, di coinvolgere il più possibile persone neutrali, giornalisti e semplici appassionati. Su trenta persone, a mia memoria, solo due erano uffici stampa, ma in ogni caso non essendo una guida con classifiche o vincitori non me ne curai più di tanto, ma alla fine lo stesso valeva anche per me, avendo proprio in quel periodo iniziato la mia attività di consulente. Daniel Young in un secondo momento, però, mi disse che avrebbe voluto coinvolgere nei trenta ispettori, che avrei dovuto selezionare, anche dei pizzaioli, come era già accaduto in altre regioni, e onestamente la mia prima reazione fu di stupore, credo anche per un minimo di logica, sembrandomi strano che dei pizzaioli fossero chiamati a selezionare dei loro colleghi, a Napoli poi la cosa mi sembrava ancora più difficile per l’endemico tasso di litigiosità fra pizzaioli. Poi quando mi disse, rassicurandomi, che si trattava di una guida di sole segnalazioni senza classifiche, né premi né vincitori, affermazione decisamente importante per tutto lo sviluppo successivo della storia, non ci sarebbe stata quindi nessuna conseguenza, acconsentii alla sua richiesta, scegliendo in piena autonomia cinque pizzaioli nella lista degli ispettori: Salvatore Salvo, Ciro Salvo, Gino Sorbillo, Enzo Coccia e Franco Pepe, sicuramente fra i più rappresentativi a mio giudizio in quel momento in Campania”.
L’intesa era quella di non fare alcuna classifica. Improvvisamente Daniel Young cambiò idea in corsa. Io ho una chat in cui giustifica questa cosa con la necessità editoriale di rendere vendibile il prodotto. Ci vuoi raccontare nel dettaglio come si svolse la cosa e quale fu la tua posizione?
Proprio così, assolutamente nessuna classifica, come risulta dal mio messaggio iniziale che inviai in una chat comune a tutti gli ispettori, al fine di rendere il tutto assolutamente trasparente e che non ho problemi a rendere pubblico.
“Buongiorno e buona Pasquetta a tutti, il mio amico Daniel Young, che ci legge in copia, è un giornalista freelance americano, di New York e che vive a Londra, per vostra informazione ha un suo magazine on line che si chiama young & foolish. Ha ricevuto un incarico dalla prestigiosa casa editrice Phaidon, la stessa che ha pubblicato i libri di Massimo Bottura e Ferran Adrià, di creare una guida mondiale delle migliori pizzerie. Credo che sarà la prima nel suo genere. Vi premetto che non sarà una classifica, primo, secondo e terzo, ma solo la semplice segnalazione delle migliori pizzerie del mondo. Daniel ha delegato me di formare il gruppo dei votanti per la regione Campania e io ho scelto voi, tutto quello che dovrete fare è indicare le tre migliori pizzerie campane e le tre al di fuori della nostra regione, che siano italiane o nel mondo poco importa. Il vostro nome sarà reso pubblico sulla guida, come giudici della stessa, il voto invece rimarrà segreto e verrà espresso via mail alla redazione. Ho volutamente messo tutti in copia affinché ci sia la maggiore trasparenza possibile su chi voterà in Campania, ovviamente, inutile dirlo, se ci fosse qualcuno che non volesse partecipare che lo scriva, rispondendo a questo messaggio oppure facendolo in privato, ma sempre diretto a me per darmi modo di sostituirlo con un altro giurato. Se invece fosse vostra attenzione aderire, così come io e Daniel ci auguriamo, non dovrete fare altro che rispondere qui indicando la vostra mail, poi sarà Phaidon nel giro di qualche settimana a contattarvi e solo in quel momento, seguendo il loro questionario, potrete indicare le vostre sei preferenze. Spero sia tutto chiaro. Grazie per la collaborazione e ancora buona Pasquetta a tutti.
Che il Buon Cibo sia con noi.
Maurizio Cortese
Poi le cose cambiarono…
A cose fatte, poco prima della pubblicazione della guida, mi disse che Franco Pepe era stato il più votato e che per celebrarlo avrebbe organizzato un evento nella sua pizzeria di Caiazzo. Ora vorrei che qualcuno si mettesse nei miei panni, avendoci messo io la faccia più di tutti in questa storia, come referente da lui scelto per la regione Campania, in pratica la più delicata da gestire, perché con questa sua volontà non solo aveva violato i patti iniziali mettendomi in palese difficoltà, soprattutto con i pizzaioli, in molti casi anche in rapporti compromessi fra loro, che lui stesso mi fece coinvolgere fra gli ispettori, oltre che in forma sicuramente minore, ma sempre con lo stesso problema di principio e di forma, con gli altri che avevano partecipato alla votazione.
Da questo momento in poi, da questo suo repentino e scorretto cambiamento di rotta, è iniziata un’altra storia, altrimenti se lui avesse tenuto semplicemente fede ai patti iniziali ci sarebbe stato il classico “…e vissero tutti felici e contenti”.
Ma tu non hai nulla da rimproverarti?
E infatti, da quel momento, anche io commisi qualche errore, il più evidente che avrei dovuto mollare tutto nello stesso istante quando Daniel Young cambiò le carte in tavola, avrei avuto tutte le ragioni e sarei stato anche capito, invece per difendere un principio, nonché i diritti delle persone che avevo coinvolto, mi sono infilato in un tunnel fatto di polemiche, egoismi, voltate di spalle, litigi fra pizzaioli, che mi hanno anche emotivamente segnato. Infatti, ci furono due pizzaioli in particolare che giustamente se la presero, e non poco, mettendo anche me nella scomodissima condizione di gestire questa improvvisa patata bollente, incluso anche il fatto che non avessi più rapporti con Franco Pepe. Ma in ogni caso vorrei precisare che nonostante questo lo inserii, anche per estrema correttezza nei suoi confronti, oltre perché di fatto fra i più bravi, fra i cinque pizzaioli “ispettori”.
Ci sono persone che possono testimoniare il contrario?
Questo è impossibile, perché al fine di rendere tutto chiaro e trasparente ebbi la felicissima idea, e meno male, di creare una chat in comune che conservo con il messaggio iniziale che tutti gli ispettori coinvolti hanno ricevuto, quindi “carta canta” e nessuno potrà dire mai che le cose sono andate in modo diverso, anche chi strumentalmente ha deciso di dire la sua chissà per quali interessi oppure per il solo gusto di agitare le acque.
Daniel Young, ottenuto il know how, ti propose di fare una presentazione a Napoli?
Credo che quando si rese conto dell’errore, della caduta di stile nei confronti di tutti, perché ovviamente non fui solo io a prendermela, mi diede un’alternativa alla pizzeria di Franco Pepe a Caiazzo che mi fece molto riflettere sulle sue capacità intellettive e organizzative, proponendomi il municipio di Caiazzo. Io pensavo che stesse scherzando, invece si diceva convinto che questa potesse essere una sede neutrale, ma in ogni caso gli consigliai altre sedi, non necessariamente napoletane, ne ricordo una, l’Aquapetra Resort di Telese che ben si sarebbe prestata, ma sempre con l’ineludibile principio di non celebrare nessun pizzaiolo, che fosse Pepe, Sorbillo o Enzo Coccia, poco importava, come mi affannavo a ripetergli, ma poi ricordo che spostò la sua attenzione su Napoli aiutato da Enzo Coccia al Museo di Capodimonte, se non ricordo male, ma comunque si, la sua attenzione si spostò anche su Napoli.
È vero che ti sei opposto ad una presentazione alla Reggia di Caserta?
Ecco, questa è la cosa che più di tutte mi ha fatto arrabbiare, che dopo sei anni faccio ancora fatica a digerire. Perché già da quando l’evento stava per spostarsi a Napoli, iniziai a defilarmi, anche perché, francamente, non solo avevo dato il mio contributo gratuito, ma nel contempo mi stavo anche facendo il cosiddetto sangue amaro per le vicende finora raccontate, poi accadde, proprio in quei giorni, a inizio aprile del 2016, che fui chiamato da Giuseppe Di Martino a dirigere il consorzio della pasta di Gragnano, per cui con le mille cose che subito fui chiamato ad affrontare lasciai proprio perdere il discorso della guida, disinteressandomene totalmente, informando della cosa lo stesso Daniel Young.
Fino a quando incredibilmente, roba dell’altro mondo, ancora oggi stento a crederci, Daniel Young iniziò dopo un po’ di tempo a rilasciare una serie di interviste facendo intuire che sarei stato io ad oppormi alla presentazione della guida alla Reggia di Caserta, cosa della quale non ne sapevo assolutamente nulla. Gli ho chiesto più volte, prima in privato e poi anche pubblicamente, di presentare uno straccio di messaggio, una chat, che dimostrasse quello che diceva, gli ho dato pubblicamente del bugiardo, ho chiesto più volte le sue scuse, ma nulla.
Una delle voci sparse in quel periodo è che la camorra napoletana non voleva la presentazione a Caserta. L’hai sentita anche tu? Secondo te che origine ha questa colossale fake news? Come mai non si fece nessuna presentazione?
Questa cosa, che pure appresi successivamente, mi parve ancora più grave, quanto ovviamente assurda e fantasiosa, perché pure un bambino capirebbe che in assenza di qualsiasi forma di lucro che interesse avrebbe avuto la camorra a occuparsi di questa vicenda.
Io credo semplicemente che Daniel Young non sia stato in grado di organizzare l’evento, a Napoli e a Caserta, d’altronde questo genere di cose richiede necessariamente conoscenze di un territorio, fondi e capacità e quindi a lui mancando queste cose abbia deciso di scaricare le sue lacune su terzi, cosa di uno squallore incredibile. Ma passi, anzi non passi perché è stata una grande vigliaccata, che l’abbia fatto con me, nonostante l’abbia sempre accolto bene, mio ospite ovunque fossimo andati, che l’abbia sempre aiutato senza mai pretendere un solo centesimo. Che ci sia chi ha messo in giro strumentalmente questa storia della camorra, cosa di una gravità inaudita, sputtanando una regione che l’aveva sempre accolto a braccia aperte, addetti ai lavori, produttori e pizzaioli, ti dà proprio la dimensione del personaggio.
Però una cosa devo aggiungerla e ti dico con altrettanto dispiacere, se non di più, perché quando questa storia è venuta fuori pubblicamente, grazie anche a te devo dire che mi hai dato l’opportunità di poterla raccontare e quindi chiarirla dopo gli attacchi a cui sono stato sottoposto, non c’è stato un solo pizzaiolo, anche amici, che per primi si erano lamentati e anche pesantemente in privato del comportamento di Daniel Young, che fosse intervenuto in mia difesa pubblicamente, forse per paura di inimicarsi qualcuno, solo Francesco Salvo scrisse un commento a mio favore che effettivamente c’era stata una palese scorrettezza, e quindi, beffa finale, mi hanno anche lasciato da solo con il cosiddetto “cerino in mano”.
Ecco, questa è una cosa che tuttora faccio fatica a dimenticare.
Daniel Young fece intuire che tu ti sia ribellato all’evento a Caiazzo alla pizzeria di Franco Pepe perché non eri in buoni rapporti con lui.
Anche questa è una emerita cavolata smentita dai fatti. Io fino a quando lui non cambiò le carte in tavola non gli avevo detto nulla dei miei rapporti con Franco Pepe, tanto che ebbi la correttezza, ci tengo a precisarlo di nuovo, che lo inserii per mia decisione fra gli ispettori votanti.Però, se mi permetti, questa storia va raccontata un po’ dall’inizio. Franco mi fu segnalato da Enzo Coccia, il quale mi parlò di un pizzaiolo molto bravo che faceva l’impasto a mano a Caiazzo e così io approfittando anche del fatto di avere la mia casa di campagna, a Melizzano dove poi avrei organizzato il famoso “pizza fest” con lui, Gino Sorbillo ed Enzo Coccia, andai subito a trovarlo nella sua storica pizzeria di famiglia. Ti dico la verità, mi resi subito conto che mi trovai al cospetto di un bravo pizzaiolo, sebbene in quel momento fosse un perfetto sconosciuto, perché al di là dell’impasto che poi è stato il suo tratto distintivo, gli riconobbi una capacità di condire le pizze in un modo assolutamente equilibrato, già con ottimi ingredienti, prerogativa in quel momento, credo fosse il 2008 o il 2009, che solo lui ed Enzo Coccia, che già da anni si era distinto in tal senso, avevano in Campania.
Questo il pizzaiolo.
Riguardo l’uomo ci sono state delle incomprensioni, frutto di suoi comportamenti, che tuttora faccio fatica a capire, ma che ovviamente preferisco rimangano nel nostro privato, ma che in ogni caso credo che il tutto abbia origine dal fatto che in tanti sostengono che sia stato io a scoprire il suo talento, soprattutto con la sua partecipazione all’evento che organizzai per Dissapore nella mia casa di Melizzano, che per molti è stato uno degli spartiacque nel percorso virtuoso della pizza napoletana degli ultimi anni, e che a lui questa cosa alla lunga sia pesata e che quindi abbia voluto liberarsi di questa “zavorra”, ma poi per dirla tutta da parte mia non è che questa presunta “primogenitura” fosse una cosa così importante, tanto che non mi invitò più agli eventi che organizzava, interrompendo qualsiasi rapporto con me, contrariamente al passato, prima di raggiungere il successo, quando veniva spessissimo a trovarmi, a Napoli e a Melizzano, il più delle volte con il compianto amico comune, una grandissima perso na, Luciano Di Meo. Perché sta di fatto che fra me e Franco Pepe non c’è stato mai un alterco, una discussione, un litigio, magari avrò fatto anche io qualche errore, ma seppure così fosse stato non ho avuto mai il piacere di esserne informato.
Sta di fatto, però, vicende personali a parte, che per me resta un bravo pizzaiolo e merita il successo che sta avendo.
Il vizio della memoria-1
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