JOAQUIN
Uva: fiano di Avellino
Fascia di prezzo: dai 15 ai 20 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Chisto è pazzo! Inutile nasconderlo, è stato il primo pensiero che mi ha assalito quando l’ho conosciuto, a Capri, un mattinata estiva di giugno quando mi è venuto a trovare al Capri Palace per lasciarmi un saluto.
Era sull’isola azzurra con il suo enologo Sergio Romano per “visionare” alcuni vigneti dai quali trarre spunto per un nuovo progetto, molto ambizioso (di prossima uscita, del quale però ne parlerò tra qualche settimana) per dare nuova linfa ad una viticoltura isolana un tantino assopita negli ultimi decenni.
In effetti a guardar bene le idee messe in campo negli ultimi quattro anni da Raffaele nel suo personalissimo arcipelago Joaquin, l’ambizione, e in taluni casi la sfrontatezza, sembrano essere l’essenza vitale che riesce a tenere ancora labile la sottile linea che passa velocemente tra l’estrema ratio costruttiva del Pagano vigneron alla totale impulsività, ecco la pazzia, dell’artista creativo che rincorre l’opera perfetta e non esita a cercarla.
Raffaele è un vulcano in piena eruzione, e come un vulcano difficilmente accetta ostacoli insormontabili, le sue sono intuizioni folgoranti e idee talvolta estreme ma pur sempre espressioni di un ideale proprio, vero, autentico; Prendete ad esempio la vinificazione in bianco dell’aglianico, qualcuno ha fatto proclami, anche fuori regione, del proprio azzardo, ma in effetti di aglianico in certi vini vi era una bassissima percentuale, giusto quella per far gridare alla geniale primogenitura. “L’unico bianco con base 100% aglianico (di Taurasi!) è I Viaggi 2006 di Joaquin, perché io non credo alle mezze misure, ma, se vi sono, alle reali opportunità”.
Non vi basta? Pensate allora all’utilizzo dei legni per la fermentazione e/o l’affinamento dei vini bianchi: in genere cavalcando l’onda di “tutti pazzi per il rovere” ne abbiamo visti di tutti i colori, a volte scempi inauditi, il Pagano s’impone di usare l’acacia, perché? “Perché è più prezioso, cede poco o niente al vino e pertanto il mosto che ci finisce dentro deve averne di carattere per uscirne glorificato”. Non ha tutti i torti, il legno, come spesso ripete anche Luigi Moio, è un mezzo, non il fine, ma da questo malinteso di fondo in molti per troppo tempo hanno pensato alla barrique non come strumento di valorizzazione ma come artefice di caratterizzazione, un errore tra i tanti, che hanno fatto passare per buoni certi concetti stereotipati e vecchi già prima di nascere.
Il Vino della Stella 2009 è un Fiano di Avellino ( in questi giorni in commissione d’esame della docg in attesa di approvazione), nasce dalle vigne in Montefalcione, sul versante che affaccia su Lapio (nello specifico, in linea d’aria, proprio di fronte alle vigne giardino di Clelia Romano), vendemmiato il 27 di ottobre 2009 da un appezzamento di circa un ettaro e mezzo che ha dato solo 6620 chilogrammi di uve fresche, vinificate esclusivamente in acciaio (in serbatoi costruiti su richiesta in formato 1 a 1, vale a dire con superficie di contatto delle bucce quanta più ampia possibile) e dalle quali si sono ottenuti circa 4700 litri di vino, più o meno 6200 bottiglie circa.
E’ un vino intrigante, veste giallo paglierino tenue ma di ottima vivacità, il naso ha bisogno di tempo, per cui lo lasciamo scorrere nel bicchiere e ad ogni sniffata ci accorgiamo della leggera virata, dall’erbaceo iniziale al floreale e fruttato conseguente, spiccate le note verdi che ricordano l’erba falciata, ma appena dopo un po’ ancora più affascinanti i profumi di melone bianco e fiore di tiglio che richiamano l’idea di un vino in continuo divenire. In bocca è secco, l’ingresso è fresco ed abbastanza caldo, cerco conferma della sua struttura alcolica e ne ho certezza, sopra i tredici e mezzo, eppure gradevolissimo. Adesso la temperatura è più alta e le note olfattive entrano in una orbita più fragrante rimarcandone piacevoli sensazioni dolci e morbide. E’ certamente un azzardo delinearne adesso un profilo organolettico ineccepibile, lungi da me, ma credo sia un vino di buona stoffa, e tra qualche tempo sarà capace di esprimere un equilibrio ed una piacevolezza da vero campione, e senza dover aspettare due-tre anni dalla vendemia: ecco, ci sono!
Forse questo Fiano non possiederà una prospettiva verticale assoluta ma dona certamente di sé già una immagine diversa dalle rincorse alle mineralità alsaziane o dalle sfaccettature tropicali di certi fiano cotti dal sole: ma certo, la terza via, possibile che esista una terza via che si divincoli dalle acidità marcate o svolti drasticamente dalle morbide curve dell’obesità californiana?
Questa scheda è di Angelo Di Costanzo
Sede a Montefalcione, località Carratri – Proprietà: Raffaele Pagano – Tel. 081.5189684 – Sito: http://www.joaquinwines.com – Enologo: Sergio Romano – Bottiglie prodotte: 15.000 – Vitigni: Fiano, Greco, Falanghina, Aglianico
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