Il totano

Pubblicato in: Diario di Capri

Il principe della cucina di mare caprese

Il totano è, per la pesca dell’Isola, quello che la quaglia è stata per la caccia
 
Marino Barendson, Addio Cicerchia 1991. Edizioni La Conchiglia

Pescatori e contadini, sfamati da piccoli uccelli e piccoli molluschi. Così i capresi sono riusciti a sopravvivere nel corso dei secoli tra la stagione d’oro di Tiberio e quella non meno ricca iniziata con il Grand Tour. La ricerca del sapore inseguendo i piatti è una delle tracce sui tempi lunghi lasciate dalla storia di un popolo, e spesso una ricetta o un cibo finisce per rappresentare la comunità come poche altre cose: prendiamo il totano, appunto, e subito parliamo di Capri e della Costiera Amalfitana di cui ha fatto a lungo parte sin dai floridi tempi della Repubblica. Lo troviamo come ricetta nazionale sostanzialmente da Conca dei Marini, dove il mitico totani e patate della Tonnarella ha sfamato per decenni tutto il jet set internazionale impegnato a cercare emozioni folk, ai Faraglioni. Intendiamoci, il totano si trova a suo agio in tutto il Mediterraneo, dove passa il suo tempo tra i cento e i secento metri di profondità spostandosi in banchi numerosi per catturare piccoli pesci e crostacei. Durante la notte ha la tendenza a risalire in superfice. Ma nella Terra delle Sirene tra scogli dolomitici a picco sul mare che non lasciano margine a chi non sa nuotare sembra aver trovato il suo genius loci sino a identificarsi quasi completamente con la popolazione selvaggia da cui Douglas fu sedotto in continuazione. Cucinato in umido con le patate o imbottito, è davvero il cibo che più di ogni altro rappresenta l’anima della cucina verace caprese. Questo connubio ha diversi motivi pratici, il principale è che il totano si trova abbastanza regolamermente e in abbondanza durante tutti i mesi dell’anno e dunque per una popolazione da sempre alle prese con la povertà delle risorse alimentari è diventato letteralmente un fattore di sopravvivenza. Certo, il periodo migliore è in estate, tra agosto e settembre, quando è possibile catturarne diverse specie perché la loro dimensione può variare dai 40 centimetri sino in alcuni casi eccezionali al metro di lunghezza e ai quindici chili di peso. C’è ancora un altro vantaggio di non poco conto: a differenza dei pesci, i molluschi si conservano decisamente più a lungo, anzi, per essere precisi, la loro frollatura è assolutamente necessaria per consentire alla carne di raggiungere il giusto rapporto tra consistenza e morbidezza e poterlo mangiare nel migliore dei modi possibili. Ricordate l’immagine dei pescatori che li battono sugli scogli? Rispetto al calamaro, considerato più pregiato, si differenzia perché ha le pinne molto più piccole ed attaccate alla coda: per riconoscere le freschezza bisogna guardare soprattutto alla colorazione perché quanto più è viva e intensa tanto più il totano è stato pescato da poco. Ci sono poi altri due punti, stavolta squisitamente gastronomici, a favore dei totani e dei molluschi in generale. Il primo è che, al contrario dei pesci, da crudi sono inodori mentre acquistano sapore e profumo nel corso della cottura, il secondo è costituito dal fatto che sono molto semplici da fare, si possono anche conservare dopo cotti e riproposti il giorno dopo senza per questo perdere di gusto. Il totaro o totariello, così viene chiamato nel dialetto partenopeo, ha consentito a Capri di restare abitata nei lunghi secoli bui ed è per questo che è l’unico prodotto del mare fresco la cui cucina è così diffusa prima nelle case dei pescatori-contadini poi nelle trattorie aperte con l’arrivo di artisti e avventurieri romantici e ancora adesso in tutti i ristoranti dell’Isola. Così andava la vita a Capri, un po’ di lavoro nell’orto, poi con la barca a pescare totanetti con la rete a strascico o con le lenze usando le lampare per richiamarlo in superfice durante la notte. Il totano ha abitudini consolidate che non ha mai cambiato nel corso dei secoli e le sue migrazioni regolari hanno sempre facilitato il lavoro dei pescatori capresi che, proprio perché impegnati anche a lavorare la terra, non hanno mai amato lasciare le proprie abitazioni per lungo tempo. Per pulirlo è necessario staccare anzitutto la testa dal corpo, eliminare gli occhi e la bocca, estrarre la conchiglia trasparente e le interiora, togliendo infine la pelle. La ricetta più diffusa è il totano imbottito. Anzitutto si tagliuzzano i tentacoli e si passano in padella con un po’ d’olio. Quando sono cotti si mettono in una zuppiera in cui si aggiunge il prezzemolo, l’aglio sminuzzato, una caciottina fresca dei Monti Lattari e il pan grattato. A questo punto si farcisce il totano, si chiude con il cotone e si mette in un tegame con olio e aglio facendolo rosolare. Si aggiunge il pelato e si cuoce per una quarantina di minuti. Ovviamente questa è solo una delle mille versioni che si tramandano nelle famiglie: alcuni per esempio farciscono anche con uova, uva passa e pinoli, pepe e olive nere. Le varianti sono assolutamente infinite, compresa l’aggiunta di vino bianco, che noi non condividiamo quasi mai in cucina, e soprattutto quella di erbe e odori di cui l’Isola è ricchissima. Con il sugo qualcuno ci condisce anche la pasta, linguine o tubettoni a seconda del gusto. L’altra versione molto diffusa è sicuramente con le patate: in questo caso il totano viene tagliato a listarelle come in genere si fa con i calamari e si spadella in olio e aglio aggiungendo dopo un po’ pomodorini. Dopo una decina di minuti si possono mettere le patate precedentemente tagliate a tocchetti e rosolate in olio e sale. Ancora dieci minuti e infine una spruzzata di prezzemolo prima di servire. A piacere si può anche aggiungere il peperoncino. In queste due versioni base e popolari, diciamo pure che l’alta cucina ancora deve scoprirlo, il totano continua così a fare onestamente il suo mestiere di operaio gastronomo a tavola, sfamando i capresi e regalando oggi ai turisti e agli appassionati uno dei sapori più antichi e tipici di Capri e della Costiera, perché con questi molluschi il piatto conserva sempre qualcosa si selvatico, marinaro, assolutamente irripetibile grazie al mare della Terra delle Sirene capace di regalare alla sua popolazione una salinità particolare, tale che non si deve essere assolutamente esperti per riscoprirla immediatamente nel piatto. Un consiglio prima dell’abbinamento: il totano non deve essere grande, anzi, più è piccolo maggiore è il suo gusto, diciamo che una pezzatura da 600, 700 grammi riesce a dare grandi soddisfazioni a chi cucina e a chi mangia. Quanto al bicchiere non abbiamo dubbi: le due versioni classiche che abbiamo descritto sono le classiche ricette pensate per il Piedirosso (o Per ‘e Palummo), il rosso campano di pronta beva e poco corpo che accompagna benissimo tutti i piatti di pesce con il pomodoro, soprattutto quando si tratta di polipi, calamari e totani. Quello che si definisce un abbinamento di territorio obbligato e che non ammette varianti: l’Aglianico invece diventa preponderante con quei tannini sempre esuberanti mentre il rosato è debole. Meglio il bicchiere piantato nella terra dei vulcani spenti, tra i Campi Flegrei e il Vesuvio. A chi non si contenta consigliamo una chicca: Sciascinoso in purezza.

Pubblicato su Capri Review. Giugno 2005,  numero 23


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