di Marco Milano
E’ torrone tutto l’anno e non solo nel canonico periodo natalizio il must di Caltanissetta dove mettere insieme, con amore e passione, come dice Antonino Cannavacciuolo, miele, mandorle e pistacchi è valso il “titolo” di Presidio Slow Food. E la presenza dei pistacchi non è casuale, visto che si tratta di uno dei tre ingredienti del torrone di Caltanissetta, insieme al miele e alle mandorle, “tutti e tre sono caratteristici del nostro territorio – ha spiegato Stefania Fontanazza, referente Slow Food del neonato Presidio in una nota dell’associazione Slow Food – Il mandorlo e il pistacchio sono due coltivazioni piuttosto diffuse: se il primo, negli ultimi anni, ha vissuto un periodo di crescita in termini di ettari, del secondo non c’è soltanto quello famosissimo di Bronte. Più vicino a noi c’è infatti quello di Raffadali, in provincia di Agrigento”.
Per quanto concerne il miele poi si tratta di “un millefiori – ha spiegato – con una percentuale significativa di sulla e achillea, due essenze della nostra zona”. Il torrone nisseno, dunque, senza zucchero aggiunto, albumi, e men che meno conservanti, solo ed esclusivamente composto dal magico trio miele, mandorle e pistacchi, rigorosamente siciliani, come stabilito dal disciplinare di produzione adottato dai quattro produttori che aderiscono al Presidio Slow Food. E insieme ai tre protagonisti sopracitati, come i tre moschettieri ai quali si aggiunge D’Artagnan, il quarto “pezzo” è rappresentato dalla lavorazione.
“Un procedimento lungo, più che complicato – ha spiegato a Slow Food Claudio Nitro, il referente dei produttori – che abbiamo volutamente mantenuto identico a quello di oltre un secolo fa. Il miele viene fatto cuocere a fuoco bassissimo per almeno otto ore nella cosiddetta quadara, cioè un grande calderone di rame. Poi, quando il miele entra in cottura e l’umidità del miele è evaporata, incorporiamo mandorle e pistacchi in precedenza leggermente tostati. Poi l’impasto, chiamato massa, viene posto in telai di legno e in un secondo momento, prima che si raffreddi completamente, tagliato nelle caratteristiche stecche”. Ma per mantenere intatta la tradizione e garantire un futuro al torrone di Caltanissetta, dopo oltre un secolo e mezzo, messo a rischio dalla diffusione di prodotti ottenuti in modo industriale, come sottolineato da Slow Food “occorre che si sviluppi una filiera che coinvolga apicoltori, coltivatori, artigiani e trasformatori”. Una mission ribadita da Stefania Fontanazza con la “volontà di creare un gruppo di fornitori di materie prime garantito e stimolato – ha detto – a dar seguito a una produzione con determinati standard di qualità. Per farlo, dobbiamo far conoscere il torrone nisseno e la sua autentica ricetta”.
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