di Marina Betto
Così come descritto in Chocolat il romanzo della britannica Joanne Harris simile è arrivare a Vallo di Nera nel cuore di dicembre per assaporare un prodotto unico come il tartufo nero, carico di suggestione per tutte le storie che si raccontano su di esso. Il comune di Vallo di Nera si trova nella parte sud- orientale dell’ Umbria dove scorre il fiume Nera che da il nome alla valle; qui tra boschi di querce, lecci, carpini e faggi, pini d’Aleppo e roverelle sorge questo paese castello di origine medievale ( anno di fondazione 1217).
I recenti eventi sismici avvenuti nel centro Italia non hanno fortunatamente interessato Vallo di Nera che già precedentemente è stata restaurata con adeguamento antisismico dopo i terremoti del 1997 e del 1979. Molto ben conservata questa rocca è cinta da una cerchia muraria, all’interno tre chiese decorate e affrescate, per visitarle basterà chiedere la chiave a qualcuno dei cento abitanti che si possono incontrare. La Casa dei Racconti Ecomuseo della Valnerina dedicato alla letteratura orale si trova subito dopo la Portella una delle due porte di accesso al paese e vuole essere un luogo simbolo di aggregazione che tramanda le storie e gli aneddoti degli abitanti della valle. Questo luogo fiabesco, siamo nel circuito dei Borghi più belli d’Italia, ha una storica tradizione legata alla raccolta del tartufo.
Qui troviamo il Tuber Melanosporum Vittadini o tartufo nero pregiato, il Tuber Brumale o tartufo nero invernale, Il Tuber Uncinatum o scorzone invernale, il Tuber Aestivum o scorzone estivo e il Tuber Borchii o marzuolo sia nelle tartufaie spontanee che in quelle impiantate con essenze micorizzate.
La ricerca del tartufo nero è da sempre stata avvolta dal mistero in quanto nessuno dei tartufari ( cercatori di tartufo) è disposto a raccontare i luoghi preferiti dove cerca il tartufo o la metodologia di questa ricerca fatta con il cane o solo con dei bastoncini come farebbe un rabdomante, solo di notte o solo di giorno. L’equilibrio di una tartufaia è precario, non si può rischiare di lasciarlo rovinare da chi si improvvisa cercatore di queste pepite. Da sempre la raccolta del tartufo ha rappresentato una buona fonte di reddito per le genti di queste valli; oggi le tartufaie esistenti sono numerose sia private sia di proprietà collettiva dell’ASBUC di Vallo di Nera e dell’università agraria di Meggiano-Piedipaterno che le concede in affitto mentre le tartufaie spontanee sono in netto calo. Il tartufo nero si può coltivare con un certo successo sebbene la tartuficoltura abbia dei costi notevoli ma è il prezzo che bisogna pagare per assicurarsi nel piatto un prodotto di elevata qualità come è quello italiano. In Italia la raccolta del tartufo ha radici antichissime ma siamo il fanalino di coda in Europa con 10.000 kg. di tartufo raccolti l’anno dopo Spagna e Francia. Invasi dalle tonnellate di tartufo istriano e albanese, rumeno e iraniano spesse volte di pessima qualità dobbiamo imparare a distinguere le differenze di aroma con quello nostrano.
Il tartufo proveniente dalla Cina ( Tuber indicum) somiglia al nero pregiato ma è molto più aggressivo e può dare bruciore di stomaco. Bastano poche gocce di olio al bismetiltiometano per trasformare una patata in tartufo frodando il consumatore. La grande tradizione gastronomica italiana ci viene incontro e lì dove da sempre si consuma e si cerca il tartufo dobbiamo assaggiarli rivalutando la nostra cultura che diviene anche valorizzazione di un territorio. Presente nei piatti della festa a Vallo di Nera il tartufo non può mancare alla cena della Vigilia di Natale , è come un diamante prezioso che si mette a disposizione dei commensali ma il suo valore intrinseco è dato dalla storia nascosta che racconta. Per l’ abbinamento con il vino bisogna tenere ben presente la carica aromatica di questo fungo che è gassosa mentre molto meno incisivo è il sapore. Tra i vini rossi perfetto è il Pinot Nero e il Nebbiolo con qualche anno sulle spalle che abbia ben stemperato il tannino; con il tartufo nero pregiato umbro un abbinamento è doveroso con un grande vino rosso del territorio come il Sagrantino di Montefalco. Tra i bianchi non prediligere l’acidità ma la morbidezza che stempera la forza del tartufo, ottimo risulta il Verdicchio, il Carricante dell’Etna e con il Riesling farete sicuramente centro.
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