In alcune contrade nelle immediate vicinanze di Avellino questo piatto si chiama cioffritto, in altre zuffritto, in alta Irpinia, invece, viene definito soffritto quello che nella bassa Irpinia è la tortiera di carne di maiale con patate e pepaccelle ed in provincia di Benevento la “sfrionzola”. Come al solito basta spostarsi di pochi chilometri che gli usi e costumi , nel nostro caso enogastronomici , cambiano e non di poco. Nei comuni circostanti il capoluogo, così come nella maggior parte della Campania ,il soffritto è una zuppa piccante a base di interiora di maiale. In pratica, si utilizza tutto quello che compone la cosiddetta coratella , con la sola eccezione del fegato, che si prepara a parte nella rete o zeppa, con qualche foglia di alloro, arrostito sulla brace e a mezza cottura.
Ricapitolando, per questa preparazione si utilizzano i polmoni, il cuore, la milza, la trachea, il diaframma (dintorno), i reni , e qualcuno ci mette anche lo stomaco, ma dopo averlo leggermente sbollentato in precedenza, così come si fa per i polmoni ed i reni. Nella tradizione irpina, altre interiora degne di nota che fanno parte del “rito” dell’uccisione del maiale, e che però si cucinano in modo diverso, sono il “tredici morsi”(pancreas) , la “pariata”, che si trova subito dopo lo stomaco, e la “figliarola ” se il maiale è di sesso femminile.
Il tredici morsi è il boccone più prelibato del maiale e tradizionalmente spetta a chi ha svolto il lavoro più difficile e faticoso e cioè l’atto specifico…Quindi è prassi che appena aperto il maiale, ancora caldo, si preleva questa parte e si cuoce arrostita sulla brace già predisposta per l’acqua bollente servita alla depilazione del suino. Si chiama “tririci muorzi”perchè si riesce a farne appena tredici bocconcini, magari da dispensare tra i presenti. La “pariata”, invece, è simile alla pajata romana, è lo stesso pezzo, ma mentre la romana è di vitellino da latte e si cucina con tutto il “ripieno” di latte cagliato, la pariata è di maiale e si svuota pulendola e lavandola più volte. Si cuoce al forno e si usa per condire i crostini di pane tostato. La figliarola si fa, sempre dopo averla spaccata , pulita e lavata, bollita e poi all’insalata con sale olio e limone. Naturalmente altro must della tradizione della “festa del maiale” è il sangue cotto che si può mangiare solo bollito, anche con sale pepe e limone, oppure ripassato in padella a tocchettini con cipolle, patate e pupacchie.
Ingredienti per il soffitto (8/10 persone) :
1 coratella di maiale pesante ( min. Da 180/200 kg)
1 stomaco
2 rognoni (reni)
2 cipolle
6 pupacchie (pepaccelle)
kg 2 passata di pomodoro
gr. 200 concentrato di pomodoro (“salzino” )
10/15 foglie di alloro
2 peperoncini piccanti
acqua, sale e sugna q.b.
Preparazione :
Tagliare a pezzettini piccoli la coratella, lo stomaco e i reni, e soffriggerli in una pentola capiente dove in precedenza si era unto il fondo con la sugna, insieme alla cipolla, all’alloro e al peperoncino.
Rimestare frequentemente e quando i pezzi di carne saranno ben rosolati, aggiungere le pupacchie spezzettate, far andare a fuoco vivo per altri 5/6 minuti, quindi aggiungere passata e concentrato di pomodoro e acqua sufficiente alla prolungata cottura.
Far cuocere per circa un’ora a fuoco medio, e per circa un’altra ora a fuoco basso.
Disporre delle fette di pane tostato sul fondo dei piatti , impiattare e servire, magari con un peperoncino piccante al centro a mo’ di decorazione.
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Lello Tornatore – Tenuta Montelaura