Di Carmen Autuori
Il caffè è la prima forma di ospitalità, racconta lo stile italiano, è sinonimo di accoglienza: un vero e proprio rituale dalle mille sfaccettature.
Intorno a questa profumata bevanda sono sorti salotti letterari, i “Caffè” di ottocentesca memoria e pure movimenti politici che hanno caratterizzato epoche storiche neanche troppo lontane da noi.
È vero, l’espresso (quello buono) preso al bar è un’apoteosi del gusto, ma il caffè servito a casa ha tutto un altro fascino: è arte del ricevere.
La perfetta padrona di casa servirà sempre il caffè in salotto, anche a conclusione di un pranzo o di una cena: l’unico caso in cui sarà consentito servirlo a tavola è al ristorante.
Sul tavolino, davanti alle sedute, un vassoio adeguato nelle dimensioni accoglierà le tazzine che, a loro volta, saranno corredate di piattino e di cucchiaino, di zuccheriera con relativo cucchiaino di servizio o con la pinza da zucchero, qualora si preferissero le zollette. Il tutto sarà completato da piccoli bricchi con il latte o con la panna.
Sarà la padrona di casa che, dopo essersi informata di quanto zucchero desiderino gli ospiti, a porgere la tazzina dove avrà versato la bevanda direttamente dalla moka, da una caffettiera di porcellana preventivamente riscaldata oppure, perché no, dalla cuccumella napoletana che resta il vero simbolo della pausa, l’essenza del rito del caffè.
Se si usa la macchina da espresso non verranno mai serviti più di quattro caffè per volta per evitare che si raffreddino.
Così come la padrona di casa è tenuta a rispettare delle regole, anche gli ospiti dovranno attenersi ad una gestualità ben precisa.
Innanzitutto, la bevanda va mescolata sempre, anche quando la si preferisce amara, per far sì che gli aromi possano sprigionarsi al meglio. Il cucchiaino non dovrà produrre alcun rumore all’ interno della tazzina, non andrà mai usato per raccogliere lo zucchero rimasto all’ interno della tazza, né tanto meno per gustare l’eventuale schiuma di latte.
L’ospite avrà innanzitutto cura di non fare rumore, e poi di non rovesciare la testa all’indietro per far scendere anche l’ultima goccia: il caffè non è uno sciroppo per la tosse.
Un’ ultima raccomandazione soprattutto alle signore: i mignoli rivolti in alto mentre si degusta il caffè, non sono segno di grazia o leziosità, bensì denotano una grande maleducazione.
È sempre bene accompagnare il caffè con della piccola pasticceria, una fetta di torta, qualche cioccolatino oppure dei biscotti.
Di seguito vi suggerisco la ricetta di un biscotto classico cilentano, i morzelletti. Si tratta di biscotti di pasta frolla arricchiti da mandorle, noci nocciole il cui nome deriva dal fatto che vengono tagliati (mozzati) prima di essere rimessi nel forno a biscottare. La mia versione prevede anche l’aggiunta dei fichi secchi cilentani ed un pizzico di polvere di lavanda.
Morzelletti cilentani alla lavanda
Di Luciano Pignataro
Tempo di preparazione: 10 minuti
Tempo di cottura: 30 minuti
Ingredienti per 10 persone
- 500 g di farina
- 200 g di strutto o burro
- 100 g di nocciole
- 100 g di mandorle
- 100 g di fichi secchi cilentani
- 200 g di zucchero di canna
- 3 uova intere
- 2 cucchiaini colmi di fiori di lavanda essiccati
- 1 buccia d’arancia grattugiata
- 1 buccia di limone grattugiata
- 100 ml di latte
- 1 cucchiaino di ammoniaca per dolci
Preparazione
Mescolare in una capace ciotola la farina, lo zucchero, lo strutto morbido, l’ammoniaca sciolta nel latte, la buccia di agrumi, i fiori di lavanda essiccati.
Aggiungere le uova una alla volta e per ultimo la frutta secca.
Versare tutto sulla spianatoia ed impastare fino ad ottenere un panetto compatto.
Qualora fosse necessario aggiungere altra farina.
Tagliare in 6 pezzi e formare dei filoncini.
Adagiarli sulla placca del forno rivestita da carta forno e lasciar cuocere a 180 gradi per 25 minuti.
Togliere dal forno e, ancora tiepidi, tagliarli a pezzi disponendo longitudinalmente il coltello.
Rimettere in forno per ancora 5 minuti.
Una volta freddi, conservarli in una scatola di latta.
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