di Luciano Pignataro
L’alta cucina per chi vive il disagio sociale, per chi è povero e non ce la fa ad arrivare alla fine del mese. Non è una trovata pubblicitaria, ma un indirizzo preciso, un progetto, che alcuni dei più importanti cuochi del mondo hanno fatto proprio nell’ambito di una riflessione precisa e complessa sul cibo, la gastronomia, l’ambiente, i prodotti e la salute umana. Temi che non possono più essere trattati in ordine sparso e separati fra loro.
Il Refettorio presentato stamane da Massimo Bottura è tutto questo. Tutto questo ma anche qualcosa di molto pratico e concreto: almeno cinquanta chili di cibo invenduto che sarà donato dalla Carrefour all’Associazione Made in Cloister che ha recuperato e custodisce il complesso monumentale di Santa Caterina a Formiello. Qui saranno cucinati i pasti gratuiti a chi ne ha bisogno a partire da domenica sera. Napoli non è la prima tappa di questo progetto pensato dal patròn dell’Osteria Francescana di Modena.
Nasce infatti sull’onda del successo che il Refettorio Ambrosiano voluto dallo chef tristellato Michelin ha riscosso durante l’edizione di Expo 2015. Massimo Bottura e la moglie Laura Gilmore hanno infatti fondato nel marzo del 2016 Food For Soul, un’associazione non-profit che aiuta le comunità a combattere contro l’isolamento sociale ricostruendo un senso di dignità intorno alla tavola e promuovendo i valori di arte e bellezza, solidarietà e recupero di cibo, spazi e persone.
Ad oggi i refettori operativi nel mondo sono l’ Ambrosiano di Milano, il Gastromotiva a Rio de Janeiro, e il Felix a Londra e La Madeleine a Parigi nato grazie al supporto dell’artista JR che insieme a Jean-François Rial dell’agenzia Voyageurs du Monde. In Italia, oltre a Milano, sono operativi a Bologna e Modena.
Altri ancora ne sono in programma, anche all’estero. La partenza ufficiale si avrà domenica sera con una cucinata alla quale prenderanno parte, oltre a Bottura, anche il bistellato Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico equense e Pasquale Torrente del Convento di Cetara che ha accompagnato lo chef di Modena a Parigi.
“Non si può fare il nostro mestiere – dice il numero uno al mondo per la 50Best Restaurant – se non si ha una visione umanistica. Delle cose, dell’uomo, dei prodotti. Il ruolo del cuoco è cresciuto nel corso degli anni e noi abbiamo il dovere di rispondere alle domande che i tanti ci rivolgono, spendere il nostro impegno a favore di chi è meno fortunato. Perché il buon cibo è un diritto di tutti, non solo di chi può permettersi spendere una grande cifra al ristorante”.
La figura del vecchio gourmet che si riempe di foie gras e caviale è ormai al tramonto, un ruolo caricaturale che forse sopravvive solo in provincia ma che è ai margini in questa fase storica mondiale. Oggi il sapere gastronomico non può non interrogarsi sulla provenienza del cibo, sul suo carattere etico, sulla compatibilità ambientale e il tema del recupero, della lotta agli sprechi sono tornati di moda. Un concetto semplice che forse sfugge ad alcuni giovani che si sono avvicinati questa professione attratti da Masterchef. La Tv, cone del resto i social, non possono sostituirsi alla realtà. Ed è proprio l’interscambio planetario che c’è tra i cuochi di tutto il mondo che ha messo nel piatto questi temi, lì dove la pressione della povertà e del disagio sociali sono maggiori.
Oggi, oltre a Mimmo Palladino, c’era anche Sophie Fourchy, Presidente di Fondazione Carrefour che da 2000 svolge la sua missione internazionale come organizzazione di pubblico interesse attraverso la realizzazione di programmi d’aiuto rivolti ai più bisognosi. Grazie alle competenze di Carrefour, la Fondazione lavora su due linee di intervento principali: aiuti umanitari di emergenza e accessibilità al cibo sostenibile. Il nuovo refettorio nasce dalla consolidata collaborazione tra Fondazione Carrefour eFood for Soul, e segue il modello di successo del Refettorio Gastromotiva in Brasile e del Refettorio Paris in Francia, concepiti per combattere gli sprechi alimentari.
Lo spreco alimentare non è solo il cibo che si butta, ma proprio quello che si usa. Ricavare da un animale solo il filetto e non cucinare tutto il resto è una forma di incompetenza gastronomica. “Le nostre mamme – spiega Bottura – sapevano benissimo come cucinare tutto e non sprecavano nulla perché avevano ancora nella memoria gli anni difficili del Dopoguerra”. Poi il boom economico e la potenza dell’industria hanno dopato la realtà facendoci credere di potere avere tutto e sempre. Ma questo atteggiamento non è più sostenibile dall’Umanità e ciascuno di noi è chiamato a cambiare registro. Non parliamo certo di razionamento, ma sicuramente di uso consapevole delle risorse e delle energie necessarie per crearle.
Il tema del Refettorio non si riduce solo ad aiutare chi ha bisogno, ma è uno strumento per condividere una nuova visione della gastronomia. Più moderna e, perchè no, anche meno caricaturale.
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