di Giancarlo Maffi
Baffi a questo punto iniziò a prendersi paura. Il giochino della merda al ristorante era facile da organizzare. Affitti un ragazzino a pochi euro, lo istruisci a dovere ed è fatta. Qui ci voleva già una testa, una organizzazione, un po’ di pelo sulla stomaco tenendo pure conto che almeno in paio di reati dovevi commetterli. Comunque la faccenda richiedeva riflessione veloce e qualche movimento. Spedì Alessia a farsi un giro con Aston. Aveva bisogno di stare solo a riflettere. Chiamare la polizia neanche a parlarne. Figurati se gli davano retta, impelagati ad arrestare vecchietti che rubavano al supermercato per fame e a scansare condanne delle corti europee per sevizie e torture nelle caserme del regno. Chiamò un simpatico ispettore francese in pensione che aveva conosciuto in un bistellato francese qualche anno prima, Fabrice Gros Soulier, di lontane origini spezzine.
Il Gros Soulier era stato a capo del Nucleo Antisofisticazione Spiriti della regione Provence-Cote d’Azur e in tempi più lontani a Parigi a capo dell’ufficio Sicurezza Cibi e Bevande dell’Eliseo. In sostanza passavano da lui tutti gli approvvigionamenti necessari alle cene d’onore del Presidente della Repubblica. Era diventato talmente paranoico che tutti i pasti venivano cucinati solo da grandi chef a rotazione ingaggiati dall’ispettore.
Controlli chimici costosissimi e rimborsi spese spaziali agli chef, solo di altissimo livello: Bocuse, Veyrat, Vergé e il grande di Cancale, Rollinger. In due anni fece fuori il budget di dieci. Lo spedirono a Nizza per disperazione ma tutto quel tourbillon gli permise di riempire la cantina di profondissime annate dei migliori chateaux e di sbafare gratis in ogni grande ristorante. Epico fu uno scontro a chi ce l’aveva più profonda, la cantina, s’intende, fra Gros Soulier e Azzarì, una volta a casa di quest’ultimo ad Alassiò, ridente località di mare corsa. Arbitro Tauzzi di Talebani Gourmet. Rischiò di finire a duello intorno al vecchio convento delle carmelitane perché nessuno voleva ammettere di aver perso e Tauzzi non voleva inimicarsi Azzarì. Il tutto fu accompagnato da quintali di purea fatta da Robuchon in persona, lepri alla royale di Ducasse e panisse vercellesi di uno sconosciuto enfant prodige biellese, Paolo Vizzari, con agganci parentali calabresi con l’Azzarì medesimo.
Comunque, l’ex ispettore francese si precipitò a casa di Baffi piuttosto preoccupato. Si misero a tavolino, il critico tirò fuori tutta la monumentale biblioteca di scritti e recensioni e buttarono giù una prima lista di possibili chef rancorosi. Era un bel casino. Se si consideravano anche le battute feroci e non solo le recensioni severe e dure ma del tutto legittime, sarebbe andato via un intero arsenale di munizioni, tanti erano coloro che avrebbero avuto motivo di risentimento. Ma si poteva ammazzare per una battuta? Per esempio quella che fece il giro del mondo: “Carlo Fracco ha fatto un fracco di soldi con la patata e non ha usato nemmeno la sua”, c’era stato un po’ di bailamme sul triplo senso, ma poi lo chef aveva ammesso che, per esempio, in Francia sarebbe rimasto un perfetto sconosciuto se non fosse che anche per i transalpini la “patate” aveva lo stesso doppio significato che da noi.
E comunque tutta la querelle sembrava essere terminata con una comparsata di Baffi alla nuova trasmissione di Fracco “Grande Fratello Chef” dove in una cucina dotata di divani e letti buttavano dentro una chef capace ma soprattutto molto bella, fu il casting più difficile della storia e rischiarono di annullare la trasmissione, insieme a dodici giovani emergenti selezionati da Tortona e si stava a vedere come andava a finire…… Comunque, lavorandoci sopra parecchio Baffi e Fabrice alla fin fine ridussero i fatti più gravi a tre.
1) quando nel 2007 il famoso chef Gissani, quello dalle mutande perennemente rosse, fu scalzato dal primo posto in classifica nella guida di Baffi e se la legò al dito, cercando di avvelenare qualunque critico della medesima ogni volta che sedeva al ristorante. Minutolo Feldson subì la prima rappresaglia: lo chef televisivo rifilò un foie gras fatto con i fegati delle pantegane romane e il povero critico si fece due mesi di dialisi e si prese tutte e tre le tipologie di epatite. Tra l’altro altri farmaci che fu costretto a prendere per sei mesi contenevano ossido nitrico in dosi massicce e costrinsero il Minutolo a ginnastica (!!!) continua.
2) Fracco, sempre lui ma questa volta era roba seria perse i tre testicoli (il simbolo della casata del grande Bartolomeo Colleoni ma anche il non plus ultra della classifica della guida) a causa dellle eccessive presenze sui set televisivi piuttosto che in cucina e con l’aggravante che il suo grande sous chef Matteo Marchesetto se ne era andato a Torino a rimettere in piedi lo storico Cambio.
3) ultimo ma certo più importante, Massimo Cultura, nomen omen, che, rimasto solo in testa alla classifica per diversi anni, fu raggiunto nell’ultima edizione della guida da Ersilio Trippa, elegantissimo chef del Cattedrale di Alba Adriatica, soprattutto a causa di qualche scadimento di tono nel servizio di sala, il che coinvolgeva nella polemica anche il maître di sala, Giuseppe Impallomieri, un altro tipo piuttosto permalosetto. Certo, che dire, fatti di una certa rilevanza, ma a parere di Baffi non così gravi da causare volontà omicide. Ma Gros Soulier si dimostrò ugualmente preoccupato, mentre scolava il mega Riedle con mezzo litro di Dom Pérignon ’85. Nel frattempo Alessia e Aston erano rientrati. Lei sembrava scocciata e disse che tutto questo casino l’aveva sconvolta e voleva anticipare le vacanze di giugno, portandosi avanti e aprendo casa a Saint-Trop, aspettando che Jean Charles la raggiungesse una volta risolto il caso. Aston li guardò perplesso e indeciso sul da farsi. Il nome della località marina gli suonava casalingo e il suo istinto lo portava a pensare che due formaggini di capra della mitica fromagerie du port sulla Place de Marchè e un po’ di terrine e di foie gras dell’ Auberge de la Mole, magari addirittura insieme a qualche ecrevisses, appena atterrati dal piccolo Cessna che si prendeva a Cannes, non è che gli dispiacessero. Ma capiva che il capo era nervoso e stava nella peste, qualcosa non andava e il molosso d’istinto decise che sarebbe rimasto a Pietra, anche perché la pigrizia incombeva e poi passeggiare sul porto di Saint Trophez con Alessia gli piaceva poco.
Guardavano solo lei e non riusciva a fare amicizia con nessuna cagnetta. La mattina dopo Gros Soulier partì con tutti gli incartamenti e molte, anche troppe, idee in testa per Milano dove aveva un piccolo appartamento ed alcuni vecchi amici investigatori, fra cui il collega Stephane Touffarrì, un personaggio altamente professionale nei suoi compiti ma che pretendeva di insegnare agli chef a cucinare, ai fotografi a fotografare, agli scrittori a scrivere e…andate avanti voi all’infinito, con i quali affrontare il problema. Ma tutto sottotraccia, senza destare scandalo. Era già il 29 maggio, la data ultima si avvicinava e occorreva muoversi con delicatezza e decisione.
Alessia preparò il solito baule d’ordinanza, concesse le sue grazie per un ultimo giro a Jean Charles e parti per la Francia. Aston si mise a guardia del suo amato compagno di vita e andarono a farsi un giretto al mare. Al critico vennero in mente screzi vecchi di secoli e non cavò un ragno dal buco. Poi gli montò un sospetto atroce e una illuminazione totale gli aprì gli occhi: cazzo, cazzo e stracazzo stai a vedere che la colpa era di un risotto allo zafferano. Nemesi!!! Aveva condotto tutta la vita una guerra contro il resto del mondo per il risotto perfetto. Aveva litigato con Gualtiero che lo faceva con l’acqua, con Perdiguerra che lo faceva con l’olio, con Azzarì che sosteneva che la sua panissa era il “risotto” migliore del mondo, con l’irpino conte Lallo Tore Nullafacenti, antica casata avellinese ormai praticamente estinta, che lo faceva con l’arborio. Certo, quello stronzo di chef gliela aveva giurata. Baffi gli aveva fatto fare una figura di palta di fronte al mondo intero e quello era il classico tipo livoroso che covava l’odio per anni. Tornò a casa, preparò il pranzo, bevve due dita di Montrachet, scrisse una recensione e andò a fare un pisolino, perche al risveglio, se ancora ne avesse avuto tempo, temeva che la data del 17 giugno fosse fittizia, doveva sparire inmediatamente. Alle 17 arrivò una fisioterapista per il solito massaggio alla schiena. Trovò la porta della villa accostata e quella di casa spalancata. Entrò chiamando Baffi e Aston che di solito le scodinzolava intorno felice. Nessuna risposta. In camera da letto un disordine mostruoso e una striscia di sangue per terra. Non c’era nessuno, i due erano spariti. La donna chiamò le forze dell’ordine. Il giorno dopo il quotidiano locale Il Tirreno, a firma Corrado Lenzio, titolò: “sparito da casa il grande critico gastronomico Baffi, trovate tracce di sangue, la polizia già brancola nel buio”…..Le domande che si poserò gli investigatori, dopo aver sentito i due investigatori francesi amici di Baffi, furono: Baffi aveva fatto sparire le proprie traccia, partendo per non si sa dove e portando con sé l’ingombrante Dogue de Bordeaux; oppure era stato ammazzato in anticipo sulla data minacciata oppure ancora era stato rapito, insieme al suo molosso? Fabrice Gros Soulier cercava di capirci qualcosa mentre Touffarì innervosiva gli agenti della Scientifica che a suo dire stavano completamente sbagliando la prospettiva delle foto della striscia di sangue….
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