Annus horribilis il 2020 per la ristorazione. Dal punto di vista economico, non certo dal punto di vista della creatività e degli stimoli. Se è vero che i continui stop and go della crisi sanitaria, hanno messo a dura prova la ristorazione mondiale a tutti i livelli è anche vero che sono fiducioso sul 2021 e su una luce in fondo al tunnel che si vede. Speriamo che la vaccinazione riesca a partire il prima possibile e che il buon senso prevalga. La ristorazione italiana, che ha avuto pochi aiuti, onestamente mal rappresentata dalle associazioni di categoria, non si è fermata dal punto di vista degli stimoli, nel continuare a fare bene, nell’alzare l’asticella dei pensieri. Come sempre, da dieci anni a questa parte, provo a riassumere quali sono stati i piatti e le esperienze gastronomiche da ricordare e da portare nel 2021.
Antipasto all’italiana – Piazza Duomo, Alba.
Di solito i titolisti esagerano, ma in questo caso non c’è verità più grande, perché nella cucina di Enrico Crippa “comandata” l’orto. Un investimento importante, nell’oramai mitico orto albese lavorano 6 persone, 4 agricoltori e due laureati, oltre a due persone che al ristorante si occupano esclusivamente delle verdure. Se dovessi provare ad usare un solo termine che rappresenta questa cucina oggi, userei “ascetica”, una parola che in origine significava esercizio, allenamento di un atleta per il superamento di una prova (dal greco antico askesis) “ascesi”. Perché ogni giorno può essere diverso da un altro, dipende dall’orto da quello che è pronto da quello che non è pronto, in pratica ogni giorno c’è uno scenario diverso e l’esercizio, la tecnica e l’abnegazione, sono fondamentali per dare forma e gusto alla proposta. Anche i nomi dei piatti del menu diventano essenziali, perché altrimenti diventerebbero una lista di ingredienti infinita, c’è scritto solo l’ingrediente principale da cui si parte. Un fiorellino, un ciuffo d’erba che oramai si trovano oramai quasi ovunque nella ristorazione italiana a tutti i livelli, spesso una moda, nella maggior parte dei casi inutile a mio avviso, perché è giusto usarli quando apportano sensazioni al piatto, non solo per estetica e questo avviene in pochi casi. Nel regno di Enrico Crippa invece tutto questo ragionamento è diverso, il tutto si ribalta, come vedere la stessa foto da un’altra prospettiva o con una luce diversa. I fiori, le erbe, gli ortaggi non sono orpelli decorativi ma protagonisti del piatto, ed in questa nuova versione, dove c’è un piatto centrale ed un piccolo “microcosmo” che ruota intorno. L’inizio che è la personale versione dell’antipasto alla piemontese. Colorato, gustoso, fresco e su tutti le verdure stagionate, piatto storico, ora servito in una porzione più piccola. Abbinamento musicale: Bibo no Aozora, Ryuichi Sakamoto.
Indivia di calamaro e alloro – Uliassi, Senigallia
Quest’anno per colpa della pandemia, la riapertura dopo la consueta pausa invernale, è avvenuta sabato 13 giugno. Le paure iniziali non erano poche – ci racconta Mauro – ma la risposta dei nostri clienti è stata fantastica. Siamo di nuovo in 35, tutti a lavoro, carichi come non mai, in estrema sicurezza, per noi e per i nostri ospiti. C’è il Lab 2020 che è un concept menu che ogni anno il cuoco di Senigallia e il suo gruppo creativo mettono a punto, ma c’è anche il menu alla carta. Si va a ristorante per vivere un’esperienza, qualche volta, ma si va soprattutto per mangiare bene e scegliere cosa mangiare. In un periodo in cui tanti grandi ristoranti vanno solo verso un menu degustazione, chiaramente per ottimizzare le spese, da Uliassi si continua ad avere la possibilità di scegliere anche alla carta e questo è veramente un piccolo lusso, oltre che segno di enorme rispetto per i propri clienti. L’indivia di calamaro e alloro è un trompe-l’œil. Sembra un calamaro, ha un sapore deciso di calamaro, ha la consistenza del calamaro, ma è indivia. Un lavoro incredibile sul brodo di polpo e sull’estrazione del succo del calamaro, con un passaggio nel green star, portano a questo sorprendente risultato. Come si diventa Mauro Uliassi? Un passo alla volta, un giorno alla volta. Studio, amore per il proprio territorio, l’idea del gruppo, la personalità. Non ci sono scorciatoie, duro lavoro, ossessione, maniacalità. I temi gastronomici dell’alta cucina mondiale, vegetali, prodotti poveri (vedi rognone e colombaccio), territorio (quindi unicità), leggerezza, sostenibilità, li ritroverete tutti nei piatti. Al top, non solo in Italia. Abbinamento musicale: Fly me to the moon, Frank Sinatra.
We Are All Connected Under One Roof – Osteria Francescna, Modena
La sensibilità artistica che Massimo riesce a trasmettere nella sua cucina è diversa da tutto quello che conosco. Questa sensibilità unica l’ha spinto a dedicare un menù a
Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, ottavo album del Beatles. Il 1° giugno del 1967 esce il vinile, da quel momento la musica pop rock cambia per sempre. Il rock’n’ roll americano ann ’50 e il beat inglese dei primi ’60, del secolo scorso, trovano la loro evoluzione, rivoluzionaria per testi e accordi. I “Fab Four“ stravolgono come un calzino le convenzioni musicali dell’epoca. E’ il primo concept-album di successo della storia del rock: c’è un filo conduttore, infatti, che rende il lavoro unitario e logico. La creatività diventa anticonformismo, l’arte popolare assume forme e contenuti nuovi, non solo per le canzoni contenute, ma per i significati reconditi, le interpretazioni, la copertina, la registrazione modernissima da studio, per l’epoca. Ma che cos’è Sgt. Pepper? Un concept album? Un’opera rock? E’ un lascito, di una generazione alla prossima, perchè è il disco più variegato e futuribile che abbia mai sentito. (Ravioli, pancia di maiale affumicata, vongole di Goro e New England clam chowder). Questo piatto è il lascito più importante della quarantena. Passiamo dalla Cina all’Emilia, fino al New England. Siamo davvero tutti sotto lo stesso cielo; è una fortuna che le culture si contaminino a vicenda. Abbinamento musicale: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band
Pasta e Patate – Danì Maison, Ischia.
Sei tavoli in sala e altrettanti nel giardino in modo che ogni ospite possa vivere entrambe le esperienze nel corso della serata. Ad accogliere con eleganza è la moglie Marianna. Il menù qui è stampato su carta pregiata da portare a casa come ricordo, impreziosito da belle illustrazioni. Si potrà scegliere à la carte o optare per uno dei tre menù degustazione più quello vegetariano. Carta dei vini imponente con un’ampia selezione di Dom Pérignon di cui Nino di Costanzo è Dèpositaire.Varcare la porta di Danì Maison è come entrare nel Paese delle Meraviglia. Un giardino molto bello, curato in ogni dettaglio, in cui si inseguono citazioni d’arte come il ponte ispirato dai quadri di Monet. Piante perlopiù mediterranee con qualche esotismo come la maracuja che qui è nata spontaneamente. Poi tante piante succulente, tutte armonicamente disposte. Inoltre molte aromatiche, anche poco note, che verranno poi ritrovate nei piatti. Un giardino complesso e armonicamente sorprendente per la cura del dettaglio e la ricchezza delle varietà e della vegetazione. Un luogo bellissimo per il quale varrà la pena arrivare il prima possibile a cena, godendo della luce ancora piena per ammirarlo con un calice alla mano. Un piatto di qualche anno fa, che si mangia sempre con grande piacere. Uno spartiacque nella presentazione della pasta, perchè quando c’è cura, attenzione e maniacalità è anche più buono. Abbinamento musicale: I say I’sto cca’, Pino Daniele.
Astice gratinato alle arachidi, asparagi al sesamo e pesto di basilico – Enoteca Pinchiorri, Firenze.
Le redini della cucina adesso sono affidate a Riccardo Monco con Alessandro della Tommasina. In sala svetta Alessandro Tomberli, eleganza, discrezione e professionalità da vendere. Parto da un monumento della filmografia italiana e al paragone con l’Enoteca Pinchiorri. La sensazione incredibile che mi è venuta uscendo dal palazzo rinascimentale del Settecento (palazzo Jacometti Ciofi), nel cuore del centro storico di Firenze a due passi da piazza della Signoria, è stata quella di essere catapultato per una sera in quello che è un vero e proprio monumento della ristorazione italiana d’autore, icona e fonte d’ispirazione per tanti, proprio come il film culto. Fellini con la sua geniale alchimia è riuscito a lasciare delle immagini tanto nitide, quanto universali, basti pensare alla donna, gaudente, procace e allo stesso tempo misteriosa. Ma anche la meravigliosa caricatura del maschio italiano, godereccio e piacione, una tenera canaglia, battezzato poi con il termine “Vitellone”, che non sai bene se odiare o amare. Così il ristorante di via Ghibellina è entrato nell’immaginario collettivo, dentro e fuori i confini nazionali, come icona di stile, segno distintivo di quel savoir-faire tutto italiano, ammirato e copiato in tutto il mondo. Perfetta la cottura dell’astice, con un gioco sul grasso vegetale davvero notevole. Solidità, tecnica e nessuna voglia di stupire, ma di regalare un piacere goloso ed elegante all’ospite. Abbinamento musicale: La Dolce Vita (finale), Nino Rota.
Piccione in doppio servizi0 (con spremuta di ciliegie e wafer di fegatini, la coscia con il tartufo) – Le Calandre, Sarmeola di Rubano
La risposta dell’alta ristorazione italiana al post lockdown è stata davvero esemplare. La ripresa è stata quasi immediata, infatti il 4 giugno 2020 l’ammiraglia del gruppo Alajmo riapriva i battenti. Non mi sono mai fermato – mi dice Massimiliano Alajmo – abbiamo fatto delivery per tutto il periodo del lockdown, più che altro per restare vicino ai nostri clienti. L’unica cosa che non potevo vedere il pass, perché mi intristiva. I ristoranti sono luoghi di convivialità e gioia e vederlo vuoto per me era un colpo al cuore tutte le mattina. Una cucina profonda nell’esaltare la materia prima. Delicata nelle sfumature, sempre eleganti e mai banali. Essenziale nel gusto, la Legge è che la bontà della materia deve essere il centro di tutto. L’Italia e il Mediterraneo con i suoi giochi unici di mare/orto e prodotti unici è il vero filo conduttore. La golosità è sempre presente ed è un vero e proprio dono. Le Calandre sono una macchina perfetta, il talento di Massimiliano, la lungimiranza imprenditoriale di Raffaele, una squadra rodata completata da Diego Magro, secondo di Max e da un fuoriclasse come Andrea Coppetta Calzavara in sala, fanno de Le Calandre un benchmark, con cui tutti a livello mondiale si devono misurare. Se il piccione per i cuochi è come l’esame di diritto privato per un avvocato, questo di Massimiliano e da 110 e lode con bacio accademico, Godurioso fino a dire basta. Abbinamento musicale: Over the Rainbow Judy Garland
Viaggio nel Cacao – , Lima, Perù.
L’occasione è stata una cena all’AlpiNN, un rifugio a Plan de Corones, nato dalla sinergia tra Norbert Niederkofler e Paolo Ferretti, poprio tra Norbert e Virgilio Martinez agli inizi di gennaio. “Adesso proverete il cacao come non l’avete mai provato! Il cacao è un frutto e noi peruviani così lo trattiamo, uscendo fuori dal paradigma che gli europei hanno imposto”. Aveva ragione. Un vero e proprio viaggio nel mondo del cacao, intenso, profondo, legato indissolubilmente alla propria terra d’origine. Una serie di assaggi onirici che raccontano la lunga storia del popolo peruviano con questa pianta. Un dolce – definirlo dolce forse è riduttivo – non dolce, diviso in più assaggi. Si usa tutto della cabossa: la buccia, i filamenti, i fiori, i semi, finanche la parte gelatinosa. La profondità dei toni acidi e amari è davvero notevole, si raggiungono sfumature davvero inusuali. Uno dei piatti più buoni provati negli anni. Qui l’alta cucina svolge in pieno il suo ruolo, che è quello di stimolare sì il palato, ma soprattutto la mente. La prossimità, il contatto con la materia prima, la tradizione, hanno un ruolo determinante nella cucina d’autore perché, nel futuro, saranno temi sempre più centrali. L’unico vero difetto è che vorrei provare il dolce di Virgilio di nuovo al più presto. Abbinamento musicale: En el muelle de San Blas, Manà.
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