Di Carmen Autuori
Ancora più che a Natale, a Capodanno non ci si può esimere, a tavola, dal rispettare una sorta di registro gastronomico beneaugurante costituito da cibi considerati portatori di fortuna per l’anno che verrà.
Ed ecco quindi che non possono mancare le lenticchie che già in epoca romana erano considerate di buon auspicio perché ricordano, nella forma, le monete. Viaggiano sempre insieme all’altrettanto classico zampone o cotechino (simbolo di abbondanza) di origine romagnola ma ormai presenti su tutte le tavole italiane, per lo più realizzati artigianalmente e spesso “contaminati” dai prodotti del territorio di produzione come nel caso del cotechino di maialino nero casertano. Eccellente quello di Azienda Agricola Cillo di Airola oppure il cotechino di Genito a San Nicola Manfredi nel beneventano.
Imprescindibile la frutta secca che mentre sulla tavola natalizia rappresenta il legame tra il mondo dei vivi e quello dei morti su quella di Capodanno diviene simbolo ed auspicio dell’unità della famiglia. La tradizione vuole che si consumino sette tipi di frutta secca (noci, nocciole, arachidi, mandorle, fichi,uvetta e datteri) perché il numero sette esprime la globalità, l’universalità, l’equilibrio perfetto.
Ad ogni buon conto la tavola di Capodanno si vuole sontuosa, a partire dalla mise en place che, abbandonato il rosso natalizio, si colorerà di argento o oro simbolo di ricchezza.
Per quanto riguarda il menù via libera a paste ripiene, arrosti farciti, dolci ancora più ricchi di quelli natalizi, in genere è la cassata la regina dell’angolo dessert, ma soprattutto a scenografici antipasti.
Chi non ricorda il famoso panettone gastronomico, onnipresente tra gli antipasti e sui buffet delle cene che all’epoca si chiamavano “all’impiedi”, negli anni Ottanta, ma anche Novanta? Ebbene, dopo un lento declino come tutti i piatti che caratterizzarono quegli anni, questo lievitato particolarmente versatile sta vivendo un nuovo momento di gloria, complici sia trasmissioni gastronomiche come Masterchef e Bake Off che l’hanno reso una sfida tra i novelli gourmet, sia la passione per il vintage che, partendo dalle borsette di Gucci, è approdato anche in cucina o meglio a tavola.
Una volta era possibile acquistare il panettone gastronomico – da Roma in giù chiamato Pan Canasta – unicamente nelle gastronomie e nelle pasticcerie più blasonate, oggi è presente pronto da farcire nelle panetterie, nelle rosticcerie e in (quasi) tutti i supermercati.
Ma volete mettere la soddisfazione di realizzarlo a casa per il vostro cenone di San Silvestro o per il pranzo di Capodanno?
A tal proposito abbiamo chiesto ad Antonella Voza, in ‘arte’ La cuoca strapazzata, che dei lievitati ha fatto il suo cavallo di battaglia. Antonella è una cuoca sui generis, completamente autodidatta, ha il pregio di semplificare con ottimi risultati anche le preparazioni più complesse.
<<La sfida tra me ed i panettoni dura da quasi un decennio – ci spiega -, perché la realizzazione di un buon lievitato, dolce o salato che sia, è tra le più difficili. Le mie sperimentazioni sono iniziate nella cucina di casa, avevo solo una planetaria, e nemmeno tanto sofisticata, e tanta voglia d’imparare. Ovviamente bisogna partire da ingredienti di primissima qualità: uova freschissime, farina di ottima marca, burro da latte scelto. Ma non basta, soprattutto per i grandi lievitati occorre la vocazione alla ‘cura’, quasi fosse un bambino. Il panetto va coccolato, accarezzato in fase di pirlatura, tenuto alla giusta temperatura se si vuole ottenere un risultato soddisfacente. Quest’anno mi sono cimentata con il panettone gastronomico che, a dire il vero, ha riscosso un buon successo di pubblico. Si tratta di una preparazione davvero versatile che, oltre a lasciare ampio spazio a svariate farciture, è molto adatto, in monoporzione, ad arricchire la proposta di un ricco buffet>>.
Le farciture proposte da Antonella raccontano una cucina di terra le cui basi sono saldamente ancorate alle sue radici cilentane. Via libera, dunque, a soppressate di Gioi Cilento, caciocavallo podolico, sottoli home made, mozzarella nella mortella tanto per elencarne alcuni.
Voi potete farcirlo a vostro piacimento perché il panettone gastronomico realizzato secondo la ricetta de La cuoca strapazzata è così equilibrato nel gusto da poter fare da ‘spalla’ a qualunque ingrediente. Provare per credere.
Panettone gastronomico
di Antonella Voza
Ingredienti per 2 pezzi
300 g di farina 0
300 g di Manitoba Oro Mulino Caputo
250 ml di latte
100 g di zucchero
2 uova + 1 tuorlo
15 g di lievito di birra
100 g di burro
1 cucchiaino di sale
Preparazione
Lavorare in planetaria, la farina con lo zucchero e il lievito aggiungendo il latte a filo. Quando tutti gli ingredienti si sono amalgamati formando una sorta di palla, unire poco alla volta le uova leggermente battute. Lavorare a velocità media per almeno 5 minuti, trascorso il tempo aggiungere il burro freddo a pezzi, avendo l’accortezza di unirlo alla massa poco per volta, per ultimo il sale. Far incordare molto bene l’impasto, si dovrà ottenere una sorta di velo. Coprire e lasciar lievitare per circa un’ora. Suddividere l’impasto in due porzioni, formare i panetti, pirlare e lasciar lievitare fino a che la massa non raggiunga 1 centimetro dal bordo del pirottino.
Spennellare con il tuorlo d’uovo ed infornare a 170/180 gradi, in forno statico, per circa 40 minuti. Far raffreddare il panettone capovolto, avendo l’accortezza di farcirlo quando è ben freddo.
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