Prima di scrivere del Noma ho deciso che doveva passare qualche giorno per “somatizzare” e riflettere quella che non è stata solo una cena, ma un vero e proprio approccio ad una cultura del cibo diversa dalla mia.
L’attenzione verso i prodotti di territorio è maniacale, spazio al biologico, biodinamico e ad una cucina quasi senza grassi, insomma tutto quel filone che fino a questo momento, a torto, pensavo cozzasse con la goduria intrinseca del cibo.
Il Noma e la cucina di Rezdepi sono un’esperienza a se stante, cerebrale come poche, sono uscito esausto a dirla tutta, per gli spunti offerti da questa cucina.
Il primo spunto sono sicuramente le temperature di servizio dei piatti. Tranne il Burnt leek ovvero dei porri arrostiti ripieni di porri uova di merluzzo e salsa di mirtilli, il piatto probabilmente più pesante e meno elegante gustativamente della serata e le Pickled and smoked quails egg cioè delle uova di quaglia marinate e affumicate, con una consistenza molto molto soffice, deliziose e lunghissime nella sensazione palatale, serviti ad una temperatura “calda”, per le restanti portate della cena, la linea di confine tra il caldo ed il freddo è annullata, completamente ridisegnata.
Il secondo spunto, l’utilizzo dei vegetali e della frutta. Predominanti in tutti i piatti anche dove c’è la carne i protagonisti sono loro. I ribes neri nel Blackcurrant Berry and Roses avvolti in una foglia di rosa molto profumata, o il Brøndkarse ovvero un crescione di mare caramellato fino all’estremo, i mirtilli nel Fresh Milk Curd and Blueberry Preserves serviti con una cagliata di latte con timo e limone su toni molto acidi, molto buono.
Le barbabietole nel Beets and Aromatic Herbs, il sedano rapa e i cavoli nel Celeriac and Cabbages, anche qui freschezza e acidità spinta. Anche nei piatti di carne la frutta ha un ruolo determinante, in questo caso la pera come nel Wild Duck Pear and Kale. Invece una mela è l’intermezzo, al posto di un classico sorbetto, caramellata ma senza zucchero, fresca e fredda di servizio.
Il terzo spunto, acidità e note amare. L’acidità è probabilmente la grande rivoluzione della cucina moderna, perché se in passato si cercavano gusti rotondi e piacioni, oggi non è più così. In questa cucina le acidità sono sempre cercate, volute, quasi ostentate, ma sempre bilanciate e piacevoli. Anche nell’Æbleskiver and greens una polpettina tradizionale danese con una purea di grillo all’interno, che è stato forse il piatto più “rotondo” come gusto della serata (per i curiosi la purea di grillo aveva una forte nota vegetale, di “verde”), sono cercate le note amare date dalle erbe più che dalle spezie.
Il Moss and Cepp del muschio fritto, asciuttissima la frittura, ricoperto da una polvere di porcini sintetizza l’idea, note amaricanti decise grande aromaticità, acidità data dalla crème fraîche in abbinamento, per una sensazione palatale estremamente lunga e intrigante.
Il quarto spunto leggerezza e salubrità. Le portate erano davvero tante, ma il senso di leggerezza finita la cena era disarmante. I grassi e gli zuccheri quasi non pervenuti. Due i piatti che più degli altri hanno caratterizzato questa riflessione Onion and Fermented Pear, cipolle e pere fermentate estremante leggero, e nel Squid and Fennel, il piatto del viaggio, e a me non piacciono troppo le Saint Jacque, però in questa preparazione trovavano grande freschezza e intensità gustativa, i grassi erano praticamente inesistenti.
L’ultima riflessione sul servizio. I piatti sono portati direttamente dai cuochi, c’è grande informalità, tanti sorrisi, “Hey Guys” era la parola più frequente. Anche se in uno stile informale è stato molto professionale, attento, con tante piccole premure.
Come ha scritto Pignataro nel post del Geranium probabilmente, questa accoglienza è pensata così per trasmettere i valori di un popolo di lunga esperienza commerciale, abituato ai contatti con il mondo, solo nel peggiore dei casi bilingue, cortese, espansivo ma educato, sempre un sorriso cordiale stampato sul viso. Segno distintivo di chi è esercitato dalla disciplina del commercio e dal rapporto con il prossimo.
Conclusioni
Una cucina non estremamente tecnica, fatta di preparazioni che richiedono tempi molto lunghi, cerebrale, che fa della ricerca sulla materia prima la sua ragione di essere, a volte difficile, quasi incomprensibile per chi ha origine latine, i piatti sono quasi tutti freddi e assemblati, a volte divertente, a volte spiazzante, si pone qualche tema etico, senza il vincolo di una tradizione ingombrante, guarda e pensa per quello che potrebbe essere l’alimentazione del futuro in termini di leggerezza, di nuovi cibi da sperimentare come gli insetti, di valorizzazione di una materia prima spesso povera. Probabilmente condizionera’ molti colleghi, ma non potrà diventare mai la mia cucina preferita.
Noma
Strandgade 93
1401 Copenaghen (DK)
Tel: + 45 3296 – 3297
Chiuso: domenica e lunedì
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