Se di tempismo si può parlare è evidentemente solo in senso negativo visto che il lancio del “Mozzarillo” è arrivato giusto sul finire dell’estate più “colorata” per le mozzarelle italiane. Scelta tutt’altro che felice – quindi – quella della data, di cui però non sembrano curarsi tanto in McDonald’s. Così come non pare destare grosse preoccupazioni l’eco delle vicende riguardanti la società partner per la produzione di mozzarella (la monzese Bri Lat), riaperta qualche giorno fa dopo la settimana di stop imposta dal Ministero della Salute a seguito di presunte irregolarità ravvisate dalla Procura di Torino e dall’Asl di Monza .
Che poi il nome dell’ultimo panino “italico” del colosso americano sia più che scontato (indovinate qual è l’ingrediente principale?!) e che la “notte bianca” indetta per la presentazione al pubblico non rappresenti certo una grossa prova di creatività pubblicitaria, bé, quello è un altro discorso (leggi qui il bel pezzo di Stefano Caffarri).
Fatto è che il “Mozzarillo” – panino dalle dichiarate velleità di «tipicità italiana e mediterranea» pronto a raccogliere la (pesante) eredità di McItaly – è stato presentato in anteprima nel centralissimo McDonald’s di piazza Duomo con una conferenza stampa in grande stile per lanciare un prodotto «che è la perfetta incarnazione dei valori enogastronomici nostrani, tutt’altra roba rispetto alle orride e unte cose propinate sui treni». Insomma, un gran bel panino. O almeno, così sembrerebbero pensarla al Corriere (leggi l’articolo sulla pagina milanese del 6 agosto).
Di qui al “pecorillo” il passo sarà breve. Raccogliendo il perfetto assist del moderatore, Roberto Masi, amministratore delegato di McDonald’s, ha annunciato per la fine di quest’anno un nuovo panino a base di pecorino («non si sa ancora se sardo, siciliano o toscano») e il (gradito) ritorno di quello con il Parmigiano Reggiano DOP.
“Mozzarillo”, infatti, è un’operazione “a tempo”: il panino – sfornato dal team Italia dopo un lavoro di circa un anno e mezzo – sarà in vendità per i prossimi tre mesi. Il volume di vendite stimato è di circa 3 milioni e per ora, a meno di un clamoroso successo, non ci sarebbero all’orizzonte impegni di esportazione – purtroppo o per fortuna – verso altri lidi europei (leggi Francia e Spagna). Una vera e propria «operazione salvifica» – secondo McDonald’s – che consentirà un ulteriore accorciamento della filiera con l’ingresso sul mercato del latte di un un grosso committente capace di «assicurare origine e qualità del prodotto».
Non solo: Massimo Forini, direttore di Assolatte, si dice certo che “Mozzarillo” «segnerà il rilancio dell’immagine della mozzarella italiana»; Mauro Rosati, segretario generale della fondazione Qualivita, parla – invece – di «un’iniziativa non solo economica ma anche culturale».
Questa è la ricetta: un panfocaccia con origano, tostato appena prima della farcitura con una salsa a base d’uovo e olio con aggiunta di pomodoro e basilico ligure, un hamburger di carne bovina italiana, due foglie di lattuga “Batavia” e una mozzarella: non una fetta, una mozzarella “intera” (che poi somiglia nè più nè meno a una fetta). Il prezzo? Due euro e 40 centesimi, quattro e 20 se inserita in un menù con bevanda e patatine fritte.
Com’era? Sarei tentato di non dirvi nulla e così faccio, lasciando al vostro e ad altri palati il giudizio. Mi chiedo, piuttosto, se sia questo il made in Italy che vogliamo esportare nel mondo. O se sia sufficiente affermare “fatto in Italia” per fregiarsi dell’etichetta made in italy. Oppure ancora se il “Mozzarillo” sarà davvero il salvatore della patria come auspicato da Massimo Forini.
Per quanto mi riguarda – e questo è naturalmente il mio opinabile pensiero – la risposta è una per tutti e tre gli interrogativi: non credo. Ho un’altra idea di made in Italy, io. E forse forse qualcun’altro come me.
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