I numeri parlano chiaro: le donne rappresentano la maggioranza degli addetti e dei manager nell’ambito marketing e comunicazione (80%), commerciale (51%) e turismo (76%).
Quali sono le figure femminili impegnate nei diversi rami del settore vitivinicolo?
Dopo il successo della serie di interviste alle critiche di vino e parallelamente a quella dedicata alle donne produttrici, scopriamo impostazione, visione e prospettive con le dirette interessate.
Oggi lo chiediamo a Francesca Romana Gigli
Francesca Romana Gigli, giornalista professionista, si è laureata in Scienze della Comunicazione all’Università “Sapienza” di Roma. Ha frequentato un master di secondo livello in Comunicazione Pubblica e Giornalismo presso l’Università di Tor Vergata. Ha lavorato come assistente per la cattedra di Diritto Pubblico dell’Economia con il Prof. Michele Pallottino tenendo corsi di Diritto dell’Informazione. È Docente nei corsi di comunicazione per addetti stampa nel settore ambientale GREEN PRESS OFFICE – GREEN PRESS OFFICE SCHOOL – GREEN PRESS OFFICE PARCKS. È stata Tutor e docente per il corso di giornalismo finanziato dai fondi PON europei: “LiberaMente LILLA, giornalisti in campo”. È docente presso la scuola “Scrittura Punto e a Capo” e presso la 24ORE Business School nonchè presso il Centro di Documentazione Giornalistica. Ha collaborato con alcuni quotidiani locali e nazionali nel settore cultura. Ha lavorato presso l’AdnKronos nel settore audiovisivi; presso Telereporter Roma (emittente regionale di Odeon Tv) e la video agenzia del gruppo Odeon, Ltn Italia, in qualità di conduttrice e video giornalista; presso la Rai, per il programma “UnoMattina”, per Rai Storia e per Rai Utile in qualità di giornalista. Ha pubblicato, insieme a Ignazio M. Guerrieri, il volume: “Mammì, Maccanico, Gasparri: l’appuntamento con il digitale terrestre” casa editrice Kappa nella collana I Galaxini, (2006). Attualmente è responsabile della società di Informazione e Comunicazione Leeloo srl specializzata nella promozione e diffusione di contenuti. È direttore responsabile della web tv Quinto Elemento tv e della testata Taste of Thailand, il Paese del Sorriso.
Quando e come ti sei avvicinata al settore vino?
La storia che c’è dietro ad un bicchiere di vino, devo ammettere, mi ha sempre affascinata sin da quando ero molto giovane. Si è trasformato, poi, in una passione e ancor dopo in un lavoro quando ho incontrato la mia socia e collega Patrizia Notarnicola, con la quale ci riunivamo spesso davanti ad una bella bottiglia di Bolgheri per pianificare il futuro della nostra società.
Perché il vino non è solo quello che si trova, si vede o si degusta dentro un calice, ma è soprattutto il racconto di un territorio e di come i produttori riescano a riproporlo sulle tavole non trascurando nessun passaggio durante la trasformazione.
Come hai impostato il tuo percorso formativo ed esperienziale?
Io ho un’agenzia di comunicazione e quando ci siamo avvicinate al mondo del vino, lo abbiamo fatto in punta di piedi. Ho un grande rispetto per questo settore molto complesso e ricco di numerose sfumature. Non mi piace improvvisare, così abbiamo deciso con Patrizia di permettere a tutta la nostra squadra di lavoro di seguire tutti e tre i livelli del corso da sommelier AIS qui a Roma. Sembravamo dei bambini alle prime esperienze con la scuola, pronti ad accogliere questa splendida sfida. Ci siamo appassionati e abbiamo gettato le basi per quella continua ricerca che contraddistingue il nostro approccio lavorativo quotidiano.
Qual è il tuo modello di ispirazione in termini umani, geografici, attitudinali?
Sto apprezzando molto il lavoro che due Regioni come Lazio e Umbria stanno portando avanti da anni per abbandonare quel preconcetto sui loro vini di punta. Con l’Orvieto Classico e il Trebbiano Spoletino sono stati fatti passi da gigante e stesso discorso vale per il nostro Frascati Superiore e per il Cesanese del Piglio. I produttori hanno lavorato sodo sia in vigna, sia in cantina per arrivare a produrre bottiglie di grandissima qualità che non hanno nulla da invidiare ai grandi bianchi e ai grandi rossi italiani.
Credi che l’approccio alla tua professione possa cambiare tra uomo e donna?
Nel mondo della comunicazione del vino vedo ancora delle differenze, ma niente di paragonabile a 15/20 anni fa quando si vedevano solo uomini a raccontare e degustare. Oggi noi donne stiamo mettendo nel nostro lavoro l’aspetto pratico che ci contraddistingue, coadiuvato da una grande preparazione tecnica. Lo studio costante e continuativo ci porta ad una sfida con noi stesse tesa alla conoscenza. È un approccio molto serio e molto metodico che riscontro in tantissime colleghe giornaliste.
Quali sono i punti di forza e di debolezza del sistema Italia nella tua professione?
La sfida è complessa. Ci sono ragazzi giovani che si accostano a questo mondo per costruirsi una professione e per loro vedo grandi opportunità e tanta offerta formativa.
Nel mondo dei produttori, ad esempio, c’è tanta voglia di crescere e di sperimentare anche attraverso il recupero delle antiche tradizioni. Con OnlyWine, il Salone dei Giovani Produttori e delle Piccole Cantine che da più di 10 anni si tiene in primavera a Città di Castello, ho avuto l’opportunità di conoscere tanti ragazzi e ragazze giovani che si sono dedicati al recupero di vitigni impiantati dai loro nonni, dai loro genitori. E non si sono fermati al recupero, ma lo hanno reinterpretato in chiave innovativa aggiungendo tantissima sperimentazione sia in vigna che in cantina.
Nel mondo dei sommelier i corsi sono pieni, ma la cosa importante secondo me è far capire che il diploma da sommelier è il punto di partenza per conoscere il vino, dopo bisogna provare, conoscere, studiare, viaggiare, “sporcarsi le mani”, fare domande, non fermarsi mai … insomma approcciarsi con quel Socratico sapere di non sapere che rende le persone dei grandi professionisti del settore.
Poi c’è un target che pensa al vino come un semplice accompagnamento durante un pasto, o un modo per fare festa con gli amici. Forse dovremmo raggiungere anche quel pubblico per aiutarlo a percepire, invece, come il vino sia parte integrante delle nostre radici e della nostra storia. Con loro va fatto uno sforzo in più per semplificare il nostro linguaggio che, a mio avviso, alcune volte rischia di essere troppo tecnico e poco divulgativo, di difficile comprensione per un pubblico non specializzato.
Come pensi la tua professione evolverà nei prossimi 20 anni?
Vedo la ricerca come grande punto di forza e la conoscenza come suo braccio destro. Il vino sarà al centro delle nostre tavole come ospite d’onore e i commensali saranno pronti ad intavolare costruttive discussioni sulle evoluzioni, sulla persistenza e sul processo di vinificazione … Una volta un grande politico italiano mi disse durante un’intervista: i grandi trattati internazionali sono stati “siglati” a tavola davanti ad un buon bicchiere di vino. Noi siamo figli di quei trattati e questa è oggi la nostra storia.
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