I numeri parlano chiaro: le donne rappresentano la maggioranza degli addetti e dei manager nell’ambito marketing e comunicazione (80%), commerciale (51%) e turismo (76%).
Quali sono le figure femminili impegnate nei diversi rami del settore vitivinicolo?
Dopo il successo della serie di interviste alle critiche di vino e parallelamente a quella dedicata alle donne produttrici, scopriamo impostazione, visione e prospettive con le dirette interessate.
Oggi lo chiediamo a Gea Calì
Gea Calì, classe ’72, creativa fin dagli inizi della sua carriera professionale nell’ambito turistico-alberghiero con specializzazione nel settore MICE e Business Travel, approda nel mondo dell’enogastronomia nei primi anni 2000, grazie ai frequenti viaggi durante i quali si è confrontata con culture diverse. Sempre più curiosa ed appassionata winelover, si dedica negli anni ad approfondire le proprie conoscenze in campo enogastronomico, partecipando a numerosi master e seminari su tematiche specifiche e di approfondimento sulle principali zone vitivinicole, conseguendo il diploma FIS e WSET level 2. In particolar modo, da donna nata alle pendici del Vulcano Etna, diventa esperta e profonda conoscitrice del proprio territorio. La sintesi della sua passione per il vino è la rassegna annuale “Drink Pink in Sicily” un elogio ai vini rosa siciliani, di cui è ideatrice, ed altri piccoli eventi dove vini e produttori sono sempre gli ospiti d’onore. Da due anni lavora a tempo pieno a fianco della Famiglia Maugeri nella gestione dell’azienda vinicola, occupandosi principalmente di ospitalità ed export.
Quando e come ti sei avvicinata al settore vino?
Per cultura e tradizione familiare il vino è sempre stato presente nella mia vita, ma professionalmente tutto iniziò durante il mio percorso universitario, quando ebbi l’opportunità di collaborare per qualche anno con una struttura alberghiera occupandomi della regia degli eventi e coordinamento del banqueting. Esperienza che mi permise di imparare e curare l’aspetto del wine e food pairing, gestendo una piccola selezione di etichette. Seguirono anni in cui il vino fu solo occasione di momenti di convivialità e condivisione, per poi iniziare il cammino di approfondimento in modo esponenziale nel 2002, inizialmente da autodidatta e successivamente con i corsi di formazione professionali.
Come hai impostato il tuo percorso formativo ed esperienziale?
Nel 2014 iniziai diversi percorsi didattici che integrai con le visite nei più importanti distretti del vino. Fu vitale trovare il tempo per coltivare la mia curiosità e costruirmi una personalità, in realtà non ho mai smesso, sono sempre stata consapevole che per poter comprendere un vino fino in fondo sia fondamentale conoscerne i luoghi, le persone e le storie che lo rappresentano e interpretano; poter godere dei racconti dei produttori, pieni di passione e dedizione, resta di fatto il dono più prezioso per chi ha sete di conoscenza.
Qual è il tuo modello di ispirazione in termini umani, geografici, attitudinali?
Onestamente in termini umani non ho un modello in particolare. Durante questi anni ho avuto il piacere di conoscere e condividere momenti straordinari con tantissime donne impegnate nel mondo del vino, incontri dai quali sono uscita più arricchita, sia professionalmente che umanamente. Geograficamente non avrei potuto desiderare di nascere e crescere in un territorio diverso, l’Etna è un territorio unico al mondo, da un lato dona paesaggi di incommensurabile bellezza, dall’altro fa provare un senso di profonda vulnerabilità per la straordinaria potenza e maestosità che trasmette. In termini attitudinali invece, ho imparato a coltivare la capacità di ascolto, attitudine necessaria a ogni percorso di crescita.
Il ruolo della donna è adeguatamente riconosciuto nel nostro settore a tuo parere?
Nonostante ancora viviamo un importante gender gap, sia sociale che professionale, in questo settore sono stati fatti molti passi avanti e sempre più donne ricoprono ruoli di rilievo all’interno delle aziende vinicole e lo fanno con successo. Sono fortemente convinta che il nostro savoir-faire, tradotto in capacità relazionali, sensibilità e creatività, sia quel quid in più che ci vedrà sempre più coinvolte nelle attività del commerciale, comunicazione, marketing e accoglienza.
Quali sono i punti di forza e di debolezza del sistema Italia nella tua professione?
Basti pensare al territorio in cui ognuno di noi ha la fortuna di operare, alla ricchezza e diversità ampelografica che abbiamo in Italia e che il mondo ci invidia.
Una potenzialità sorprendente, che insieme alla sua storia millenaria e al suo patrimonio artistico e culturale, alla varietà culinaria regionale e alle tradizioni popolari, ha fatto sì che il Made in Italy sia divenuto un punto di forza sul quale puntare per migliorare lo sviluppo del paese. Oggi è proprio questa complessità ad essere tra i principali driver per la crescita del turismo enogastronomico e di conseguenza per l’export del vino e di tanti altri prodotti agroalimentari conosciuti e ricercati in tutto il mondo.
Altro punto di forza è la crescita delle imprese agricole under 35 che negli ultimi anni ha registrato una vera impennata. Un chiaro richiamo della terra ma con uno sguardo attento all’innovazione, alla tutela del territorio e della biodiversità, e l’Etna è un esempio virtuoso di questa green revolution che purtroppo deve fare i conti con le lentezze burocratiche e le amministrazioni che non sempre riescono ad aiutare e sostenere i piccoli imprenditori. Un altro tema debole è quello della formazione, bisognerebbe fare orientamento a partire dai banchi di scuola, rendere consapevoli gli adolescenti delle proprie potenzialità, del loro talento e delle loro aspirazioni, motivarli e prepararli al mondo del lavoro, senza perdere di vista le risorse territoriali.
Come pensi la tua professione evolverà nei prossimi 20 anni? Avrà un ruolo l’AI?
Questa domanda mi fa ricordare uno spot comparso sui social di recente, raccontava un modo tutto nuovo di vivere la degustazione in un wine bar, il sommelier era sostituito da un robot, mi ha fatto paura! Non riesco proprio a immaginare come possa evolvere così il profilo professionale di chi (a diverso titolo) comunica il vino. Questo è un mondo fatto di relazioni, confronti e scambi di emozioni che si vivono nel ricordare e raccontare le storie intorno ogni vino. Le mie degustazioni in cantina non durano mai meno di due ore e mezza, sono piccoli laboratori. Insomma, nel settore vino il fattore umano è fondamentale.
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